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Piserchia, ex Young Boys: "Il campo sintetico è un'insidia, sarà dura"


Italiano di passaporto e appartenenza, ma svizzero per il percorso professionale sviluppato nel corso degli anni.

È stato calciatore professionista e poi allenatore/manager. Lui è Erminio Piserchia, classe 1964, originario di Laviano, paesino nel salernitano. Non ha mai rinnegato le radici campane, anzi. “In Italia ci torno ogni vacanza, ogni momento che posso. E vorrei venirci anche a lavorare”, dice in un italiano intelligibile, ma che – inevitabilmente – ha subito influenze elvetiche in alcune espressioni. In Svizzera si è formato da giocatore negli Anni 80 tra Grasshoppers, San Gallo e Lugano. Giocando pure al fianco di Marco Tardelli, nel San Gallo.

Ma gran parte della sua carriera, soprattutto una volta appesi gli scarpini al chiodo, l’ha sviluppata nello Young Boys. In diversi momenti ha assunto anche il ruolo di allenatore della prima squadra. Per 17 anni ha fatto parte del club di Berna, fino a giugno scorso quando il rapporto di lavoro si è esaurito per alcune divergenze, ma senza polemiche.

Che esperienza è stata quella maturata allo Young Boys?

“Sicuramente bella e appagante dal punto di vista professionale. Dal 2003 ho ricoperto vari incarichi, sempre con risultati soddisfacenti. Per otto anni ho fatto parte dello staff della prima squadra, arrivando anche a essere l’allenatore principale, sempre a interim. In un’occasione di queste subentrando a Petkovic, ex tecnico della Lazio”.

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Poi, settore giovanile.

“Esatto. Sono stato direttore sportivo delle giovanili. Allenatore dell’Under 18, poi gli ultimi tre anni ho guidato l’Under 16. Abbiamo vinto campionati svizzeri, togliendoci parecchie soddisfazioni”.

Le è dispiaciuto lasciare?

“I rapporti di lavoro possono finire, ma mi è stato sempre riconosciuto il lavoro svolto in tanti anni. Tanto che nell’ultima assemblea generale della società sono stato premiato con un riconoscimento particolare per l’attività prestata allo Young Boys in tutto questo tempo”.

Come ci arrivò nel club?

“A ottobre 2003. Io ero vice allenatore dell’Aarau. Un mio collega mi chiese di seguirlo in questa avventura e da lì iniziò tutto”.

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Meglio lavorare con la prima squadra o nelle giovanili?

“Difficile scegliere. In prima squadra ho avuto modo di rapportarmi con calciatori affermati, di allenare a livello nazionale. Non è mai facile, però è affascinante. Ma anche con i ragazzi mi sono trovato molto bene. Ho portato diversi giocatori in prima squadra. E ho potuto esprimere più facilmente la mia filosofia di calcio”.

Che società è oggi lo Young Boys?

“Una squadra che è cresciuta tanto negli ultimi quindici anni, a vari livelli. Non solo sul campo, avendo conquistato gli ultimi tre campionati di Svizzera, ma pure come struttura di società. In particolare, dal 2005 da quando ha il suo stadio di proprietà, le cose sono migliorate sensibilmente”

Non è nemmeno un campo facile quello del Wankdorf, dato che Napoli, Udinese e Juventus hanno perso in casa degli svizzeri nei precedenti europei con le italiane.

“Lo Young Boys si allena quotidianamente in quell’impianto. Il manto erboso è in sintetico e una squadra che non è abituata a quel tipo di terreno, in uno o due giorni non riesce ad adattarsi al cento per cento. Trova sempre qualche difficoltà. Juventus e Napoli facevano fatica, non riuscivano a dosare i passaggi e la velocità del pallone”.

Un altro segreto dei gialloneri?

“Ha un nome e un cognome: Christoph Spycher, il direttore sportivo. Ex giocatore, ha militato anche in Bundesliga. Oggi ha 42 anni, è ancora giovane, ma è una figura fondamentale in quel contesto. È lì da tre anni e mezzo, ha apportato quel 5-10% in più per vincere il campionato e togliere al Basilea lo scettro di miglior squadra di Svizzera. È una persona con i piedi per terra, che ha dato tranquillità a tutto l’ambiente e al suo tecnico non mettendolo mai in discussione. Un uomo di calcio preparato e razionale. Grazie anche al suo lavoro sono arrivati i risultati”.

Della squadra allenata da Seoane chi c'è da temere?

“L’attaccante di riferimento, Jean-Pierre Nsame. Punta centrale forte fisicamente, è molto bravo in area di rigore, ogni palla che transita dalle sue parti difficilmente se la lascia scappare. Fa gol con facilità. Nella stagione scorsa ha segnato complessivamente 41 reti in 46 partite. 32 realizzazioni solo in campionato”.

Che partita prevede per la Roma di Fonseca?

“Non sarà semplice battere lo Young Boys, soprattutto all’andata in Svizzera. La squadra è equilibrata, ha valori, anche se in questa stagione non ha iniziato proprio alla grande. Ma la Roma è forte. Sarà un grande evento. Come affrontare Juventus o Liverpool. La Roma, per blasone, è a livello dei grandissimi club. Ed è vista così da quelle parti”.

Nel suo futuro che vede?

“Mi piacerebbe venire a lavorare in Italia, magari in Serie B o in C. Sono italiano. Mi attrae tanto il calcio italiano. In estate ho avuto contatti con il Benevento per gli Allievi, proponendo un progetto per le giovanili, ma poi non se ne è fatto più nulla. Anche per via della pandemia. Vedremo”.

"La Roma è considerata un top club, come Juventus e Liverpool"

- Erminio Piserchia