
Quello che si giocherà venerdì 15 sarà il primo Derby capitolino della Storia a porte chiuse. Abbiamo chiesto a cinque tifosi della Roma come e con chi lo vivranno. E qual è stata la stracittadina che conservano di più nel cuore.
Ecco quali sono state le loro risposte.
"Un derby senza tifo è un incontro di calcio tra due club, così come lo è con il tifo sugli spalti. Questa dovrebbe essere la risposta formale. Ma per me, che questa partita la sento a partire da un mese prima, non è così. Per niente. Mancherà il cuore vero della partita. Mancheranno i sentimenti, i volti tesi, il tremore della tensione. Mancheranno le migliaia di occhi speranzosi che non si staccano nemmeno per un secondo dal campo".
"Il Derby lo vedrò con mia nonna. Solo io e lei. Davanti alla televisione rispettando i nostri posti che ormai dall'inizio della pandemia a oggi abbiamo deciso ci spettino. Non sono una persona superstiziosa né scaramantica... ma, pur non credendo a queste cose, devo vestirmi in un certo modo, la mattina devo andare in un certo posto e parlare con una determinata persona, fare la chiamata al mio amico tre ore prima della partita, mettere le gambe in un certo modo davanti alla tv, che devo accendere in un preciso momento, mettendo il telecomando in un punto stabilito del tavolo".
"Il mio Derby è quello del novembre 2017. Finì 2-1 per noi ed ebbe per me un sapore particolare. Esultanze ravvicinate, abbracci col vicino di posto... stupendo. Al fischio finale, la gioia superava ogni cosa. La Roma non tradisce mai. La Roma è tutto nella vita".
"Vedrò il match da solo. Mi sintonizzerò su Sky Calcio, ma togliendo l'audio e tenendo la radio accesa per fare zapping tra le emittenti romane".
"Un Derby senza spettatori non vale di meno, vista anche l'importanza della partita per la classifica. Certo, viene meno quell'atmosfera da Derby che soltanto la nostra stracittadina può creare ed è paragonabile solo a River-Boca o Celtic-Rangers".
"Il primo Derby allo stadio fu davvero emozionante. Si giocava l'ultimo turno del girone eliminatorio di Coppa Italia (settembre 1984). La Roma vinse per 2-0 e fu meraviglioso il raddoppio di Di Carlo. La goduria maggiore arrivò quando eravamo a Piazza Mancini, in attesa del tram per tornare a casa: si sparse infatti la notizia che il Genoa aveva vinto 5-0 contro la Pistoiese, segnando tre gol negli ultimi 10 minuti senza che il tabellone dell'Olimpico aggiornasse il punteggio della gara di Marassi, per il quale il match era terminato sul 2-0, eliminando così la Lazio per differenza gol di una sola marcatura".
"Cosa significa una stracittadina a porte chiuse? Un Derby senza tifo è come un grido soffocato in gola".
"Il prossimo Derby lo ascolterò alla radio: non sono in possesso di alcun contratto pay-tv pertanto lo seguirò come ne ho seguiti tanti durante la mia infanzia. Scaramanzie particolare non ne ho, ma non nego di farmi il segno della croce al fischio iniziale di gioco".
"Il mio primo Derby - avevo 12 anni - è quello indimenticabile del 27 novembre 1994. Per la Roma è già la partita del dentro o fuori. La coreografia organizzata dal Cucs è compatta, accompagnata da un sostegno corale che fa venire la pelle d’oca. Al triplice fischio l’esplosione di gioia si mischia a lacrime di smisurata felicità".
"Il tifo in un Derby è la vera forza motrice che spinge a dare ancora di più. Nel corso degli anni, di avvenimenti legati allo svolgimento del derby ne troviamo in abbondanza, sfogliando l'almanacco dei ricordi. I tifosi si sono adattati a tutto, a quelli di lunedì, a quelli con lo sciopero, ma credo che quello senza pubblico sia l'ipotesi peggiore che potesse verificarsi. Contano il risultato, la prestazione e l'orgoglio cittadino, quindi non vale di meno, ma è una situazione a cui noi tutti dobbiamo adattarci".
"Ho visto tutti i Derby dal 1988 allo Stadio e molti di quelli giocati in casa Lazio confinato nel mio settore di Curva, lato Monte Mario. Vedrò questo Derby da solo, a casa, magari battendo i pugni o gridando all'unisono con il mio vicino di casa che divide con me la parete del salone. Sarà questo e soltanto questo l'unico motivo di condivisione che la situazione ci consentirà, ma sarà bello, emozionante e ancora più colmo di sofferenza come tutte le partite non viste allo Stadio".
"Scaramanzie? Sono diversi anni che ho impostato il volume della televisione a 12, quando guardo la Roma in tv. Di certo, sono 36 anni che non vado più al bagno nell'intervallo di una partita, da quel lontano infausto 30 maggio 1984, quando malauguratamente ci sono andato tra la fine dei tempi regolamentari e i rigori".
"Il mio Derby? Quello del 28 maggio 1989, quando le partite iniziavano tutte alle 16.30 e tu, non ancora maggiorenne ma già al tuo secondo abbonamento in tasca, rinnovato nella storica sede di Via del Circo Massimo, già alle 10:30 eri sugli spalti della Curva Sud. Il Commando espone uno striscione con scritto "IGNORATELI": è un invito a non sprecare la voce, quella che dovrà servire a sostenere la squadra per tutta la durata della partita. Un fiacco zero a zero non potrà mai cancellare il mio primo Derby in Curva Sud".
"Senza il calore, senza le coreografie, questo Derby avrà tanto in meno: i tifosi sono molto importanti per la squadra. Tra l’altro, io sono uno di quei romanisti che realizzò il TI AMO. Da brividi".
"Il Derby lo vedrò con mia moglie, ma tutti sanno che quando si gioca Il Derby non mi devono chiamare, perché porta sfortuna. In ogni caso, io non rispondo a nessuno: non bisogna alzarsi o cambiare posto sul divano, per carità. Sciarpa al collo e si comincia: l'AS Roma è la mia vita".
"Il mio primo Derby risale al 1978-79: fu un Lazio-Roma non entusiasmante, finì 0-0. Creammo diverse occasioni con tiri da fuori area di Ugolotti e Pruzzo, appena arrivato dal Genoa. Ero un ragazzo ma fin da bambino ero innamorato pazzo della Roma: siamo una famiglia di romanisti accaniti. Andavamo sempre in Curva Sud, tra i Fedayn: ci conosciamo tutti. Seguo la Roma anche in Europa".