Nel 2001, l’anno del terzo scudetto della Roma, Paolo Sorrentino esce nelle sale cinematografiche con “L’uomo in più”, la sua opera prima sotto forma di pellicola. Un lungometraggio di 100 minuti che narra l’ascesa e la discesa di due uomini radicalmente distanti – un calciatore e un cantante – accomunati da un rapporto d’amicizia e da un caso di omonimia. Entrambi, infatti, fanno Antonio di nome e Pisapia di cognome. “Ma cosa c’entra tutto ciò con la Roma?”, ci si potrebbe chiedere.
Ebbene, per tratteggiare il Pisapia giocatore, personaggio profondo e riflessivo, il regista napoletano si ispira ad Agostino Di Bartolomei, l’indimenticato capitano giallorosso del tricolore 1983, morto suicida il 30 maggio 1994 all’età di 39 anni.
“Come tanti altri appassionati di calcio – scrive Sorrentino in un omaggio del 2014 dedicato ad “Ago” a vent’anni esatti dalla scomparsa, pubblicato sul sito ufficiale della Salernitana – ho seguito Di Bartolomei nel corso della sua lunga carriera sui campi di pallone. Un esempio di rettitudine e lealtà, un uomo di sport. La bandiera e il capitano che ogni tifoso sogna. Un uomo che giocava per la sua squadra e con la sua squadra”.
E ancora: ““L’uomo in più” non ha la pretesa di descrivere la sua storia, ma in qualche misura si ispira alla sua figura. È infatti alla sua serietà e intelligenza, alla sua caratura morale, alla sua passione e dedizione alla professione che ho pensato nel presentare la vita di uno dei protagonisti. Lo sport ci regala ricordi infiniti e infinito è il ricordo di Agostino”.
La similitudine più forte che emerge è soprattutto nell’epilogo della vicenda: Pisapia decide di togliersi la vita in seguito a una serie di delusioni nel calcio. Andrea Renzi, l’attore che impersona il Pisapia calciatore, racconta la sua esperienza in un’intervista di un annetto fa rilasciata a calcionews24.com: “Di Bartolomei era una mosca bianca come tipo di personalità. Abbiamo preso spunto da alcuni tratti dell’ex capitano della Roma, ma credo che il personaggio se ne distanzi. Quando vediamo una persona inadatta e triste e la allontaniamo. È quello che è successo ad Antonio Pisapia ed in parte ad Agostino: la serietà li ha allontanati dal loro mondo”.
Uno dei passaggi chiave del film è un monologo interpretato alla perfezione da un magistrale Toni Servillo, il Pisapia cantante: “Io mi ricordo un amico, si chiamava Antonio Pisapia, era un grande calciatore, voleva fare l’allenatore e non gliel’hanno fatto fare. E si è suicidato…”. Come Pisapia, anche Di Bartolomei avrebbe voluto lavorare nel calcio ad alto livello, senza riuscirci. Nel 1992 gli affidarono la presidenza di una società romana, il Prati Quarto Miglio, ma non fu abbastanza per farlo sentire importante. Ci restò un anno, eppure chi lo ha vissuto ne conserva ancora un ricordo nitido: “Non veniva spesso al campo, ma quando lo faceva diceva ai bambini più piccoli di comportarsi sempre in modo educato, di salutare le persone più grandi e di portare rispetto. Essere uomini prima ancora che calciatori”, è la testimonianza anonima di uno dei ragazzi che, all’epoca giocava nella categoria dei Pulcini e oggi ha 33 anni.
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