Vediamo i motivi per i quali la Roma appare ancora più cresciuta e sicura in vista della partita contro i portoghesi.
La partenza sprint vista contro il Porto non c’è stata con l’Udinese all’Olimpico. La Roma ha aspettato il secondo tempo per chiudere la partita con ben quattro gol. Il fatto che la formazione giallorossa abbia giocato quarantacinque minuti ad alti livelli può rappresentare un problema? Probabilmente no. È anzi da considerare un punto di forza. La capacità di dominare una partita e gestirla nel modo che si vuole è una grande abilità, indice di maturità e intelligenza della squadra. Anche a Oporto la Roma aveva iniziato con un obiettivo chiaro, andare in gol il prima possibile, e ha preso in mano le redini del gioco nel corso di tutto il primo tempo. Chiaramente giocare la ripresa con un uomo in meno, con il Porto che cercava la rete del pareggio con insistenza, non ha permesso ai giallorossi di poter continuare la gestione della gara così come aveva iniziato. Ma con l’Udinese la sensazione di controllo assoluto è stata confermata. La Roma accelera quando vuole, modula forze e intenzioni, sceglie dove e quando colpire. Questa lucidità e maturità dovrà essere ribadita nella sfida conclusiva con il Porto, che riparte con un punteggio che vede un leggero vantaggio per la Roma. Vantaggio che certo non può far adagiare, ma che potrà permettere di nuovo un atteggiamento di padronanza del gioco, con la stessa sicurezza e destrezza vista sabato.
Molto del gioco della Roma passa per le fasce. È lì che la squadra trova velocità e fantasia. Spesso la manovra offensiva parte dagli esterni di difesa: Florenzi o Bruno Peres, Juan Jesus o Emerson Palmieri hanno innestato gran parte delle azioni d’attacco della Roma, sia contro il Porto sia contro l’Udinese. Il gioco viene poi impostato dal centrocampo, da Strootman, Nainggoln, De Rossi, che cercano immediatamente El Shaarawy, Salah o Perotti. Nelle ultime due gare soprattutto l’egiziano e l’argentino si sono resi protagonisti e non solo per le reti realizzate. La squadra affida loro la palla con la consapevolezza di poter inventare qualcosa di pericoloso per l’avversario. Velocità e dribbling, capacità di saltare l’uomo e di prendersi il campo fino al fondo, per poi entrare nell’area nemica a cercare la rete. L’andata con il Porto aveva già evidenziato la facilità con cui entrambi bucavano la retroguardia dei dragões, andando a trovare le sponde dei terzini o l’aiuto dei centrocampisti avanzati o il piede di Dzeko. È riuscito ancora meglio con l’Udinese, con i bianconeri che, più scoperti nella ripresa, non riuscivano a stare al passo delle ali giallorosse. Imprevedibili e intelligenti, altruisti e finalizzatori, Salah e Perotti sono ormai una certezza, dal punto di vista tattico e della personalità, e Spalletti si affida alla loro classe.
La difesa era stata a lungo oggetto di critiche nel corso del campionato passato, così come messa in discussione durante la preparazione estiva. Quello che però possiamo dire, alla luce delle due partite disputate sino ad ora, è che la retroguardia giallorossa ha trovato una propria stabilità. I portoghesi hanno superato Alisson solo su calcio di rigore e, malgrado il forcing del secondo tempo, mai sono riusciti a segnare su azione. L’Udinese non si è resa quasi mai pericolosa, ma quando si è affacciata nell’area giallorossa è stata ostacolata al punto da impegnare praticamente affatto Szczesny. Manolas si riafferma perno fondamentale del reparto difensivo e sembra trovare sempre maggiore intesa con Vermaelen; Juan Jesus si è confermato nella sua capacità di essere sia centrale sia esterno di sinistra. E proprio quando Florenzi o Bruno Peres salgono ad aiutare la manovra d’attacco, la difesa si dispone a tre, interpretando quella duttilità così fondamentale per Spalletti in ogni reparto. Vermaelen non ci sarà all’Olimpico con il Porto, ma le direttive tattiche di difesa sembrano assimilate e questo dà fiducia e sicurezza a tutta la squadra.
Da Pinzolo all’amichevole con l’Unicusano Fondi, che Dzeko interpretasse le proprie prestazioni con un piglio diverso era evidente a tutti. Questo nuovo atteggiamento di ritrovata serenità si è reso ancora più palese nelle due uscite ufficiali della formazione giallorossa. Col Porto ha una delle migliori occasioni della gara sui piedi, non finalizzata ma conquistata con caparbietà. Quando la Roma ha un uomo in meno lì davanti, dopo l’uscita forzata di Perotti, rimane avanzato a combattere da solo contro la difesa portoghese e a garantire quel poco di profondità che serviva alla squadra per non essere eccessivamente schiacciata all’indietro. Con l’Udinese segna e questo per un attaccante è il rimedio ad ogni male, fisico o mentale. Ma il bosniaco non ha solo partecipato al poker giallorosso, nella sua prestazione c’è di più. Sacrificio, assistenza al compagno, la giusta grinta con l’avversario, le palle giocate da sponda, le marcature in difesa, il recupero di palloni a centrocampo. È uomo a tutto campo e porta sempre con sé almeno due avversari che lo marcano stretto. Dzeko e la sua voglia di partecipare alla manovra in ogni momento della gara sono lo specchio di una squadra che a livello mentale sembra aver trovato la propria dimensione. Tutti corrono e soccorrono, nessuno si sente escluso. La coralità di ogni avanzata incarna quel desiderio palese di raggiungere qualsiasi obiettivo. Primo fra tutti il passaggio del preliminare. La carica di Dzeko è proprio quella di tutti gli altri giocatori e se così sarà contro il Porto non c’è nulla da temere.
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