Il suo 28 maggio 2017 è iniziato alle 7.30 di mattina, suonando al campanello di casa Totti. Di mestiere non fa il postino e non è nemmeno un testimone di Geova. Fabio Rossi è un fotografo professionista, insieme al padre Luciano è il reporter ufficiale dell’AS Roma. Fabio ha 37 anni, è marito e padre di due bambini. È romanista, tanto da avere tatuato sulla pelle un momento di quella giornata di quasi estate. L’ultima da calciatore della leggenda giallorossa. Lui ha avuto il privilegio di seguire il numero 10 dalle prime ore della mattina fino a tarda sera.
Ma non solo. Il giorno del derby dei “Figli di Roma capitani e bandiere”, Fabio uscì nel selfie di Totti e tutto il pianeta vide questo ragazzo mentre immortalava il dieci dopo la straordinaria doppietta: “Peccato, gli ho rovinato la foto…”. Momenti storici. Come quelli del 28 maggio, giorno di Roma-Genoa 3-2. Con la sua macchina fotografica ha catturato momenti, sguardi, attimi, lacrime. Tutto. “È stato unico vivere al suo fianco per tante ore, poter condividere con lui quegli attimi. E meno male che lavoravo, altrimenti avrei solo pianto…”, racconta.
Quanti scatti avete in archivio di quella giornata?
“Circa diecimila, di cui oltre un migliaio selezionati. Il curatore della società, comunque, ha voluto tutti gli originali per tenerli custoditi. Ci sono 6824 scatti – contati – dal fischio finale dell’arbitro Tagliavento. Abbiamo immortalato qualsiasi cosa, da quando ci ha aperto la porta alle 7.30, fino alla cena con lui dopo la partita in un ristorante. Per me da quel giorno è anche cambiato il rapporto che ho con lui…”.
Cambiato?
“È difficile da spiegare e un po’ mi fa anche strano dirlo, ma io nei suoi confronti ho sempre avuto una sorta di blocco pur conoscendolo da un sacco di tempo. L’ho sempre percepito come il capitano della Roma, quasi mi vergognavo ogni volta che capitava di doverci parlare. Ma poi c’è stato un momento di quel 28 maggio che mi ha sbloccato definitivamente nei suoi confronti e ora abbiamo una confidenza diversa…”.
Quale momento?
“Hai presente quella foto di lui seduto sulle scalette della zona mista mentre guarda nel vuoto prima di rientrare in campo per la festa celebrativa?”.
LA foto che ha fatto il giro del mondo.
“Esattamente. Mentre vedevo dall’anteprima sulla macchinetta la sua espressione, non sono riuscito a trattenere le lacrime. Mi sono dovuto allontanare, è stato un pianto spontaneo, quasi liberatorio per tutta la tensione accumulata. Lui si è girato verso di me e ha detto: “Oh, non comincia’ Fabie’, che manca ancora tanto, eh. Falla finita…”. Certe sensazioni, certe emozioni le avevo provate solo quando sono nati i miei due bambini, Diego e Eva”.
Perché lui si mise seduto su quegli scalini?
“Perché dovevamo attendere che venisse chiamato in campo dallo speaker. Dopo la partita, si è diretto da solo verso lo spogliatoio, si è cambiato la maglietta al suo solito posto e poi s’è seduto in zona mista. In quel momento gli saranno passati davanti ventiquattro anni di carriera. Quella foto era la sintesi perfetta, peccato che non sia stata considerata nell’ambito del concorso “World Press Photo”. Dico questo con rammarico perché quegli occhi dicevano tutto, erano gli occhi di molti di noi romanisti…”.
A proposito di occhi, se li chiudi e pensi al 28 maggio, che altro ti viene in mente?
“Sicuramente quando lui ci ha accolto a casa sua per documentare tutta la giornata. C’era tanta gente davanti al cancello che aspettava uscisse per fargli un saluto. Stavano lì dalla mattina prestissimo. È stato bello quando la figlia Isabel gli ha portato gli scarpini e quando lui è andato in camera di Cristian e Chanel per salutarli con un bacio mentre dormivano. Tutto semplice e bello, semplice come è Francesco”.
Semplice come è stata pure la cerimonia dopo la partita.
“Ogni volta che rivedo il video di quella festa, piango. È più forte di me. E credimi che tante volte mi è successo da quel giorno in poi. È stato un evento organizzato nel migliore dei modi, avevamo tempi stabiliti già in precedenza, pure per scattare alcune fotografie. La resa è venuta fuori perfetta, senza eccessi particolari”.
Come ha vissuto Francesco i primi momenti della giornata? Quelli in cui eravate a casa sua, solo voi e lui.
“Era teso e sicuramente aveva dormito poco la notte. Si era già preparato per andare a Trigoria con la tenuta d’allenamento. Per tutto il tempo teneva in mano quell’antistress triangolare per bambini, il fidget spinner. Parlava con Ilary e poi cercava di sdrammatizzare con alcune battute. Poi, la presenza e le coccole della piccola Isabel lo hanno sciolto”.
A Trigoria, invece?
“C’è un’altra foto a cui sono particolarmente affezionato, quella in cui entra per l’ultima volta da calciatore nel centro sportivo “Fulvio Bernardini”, quello che era stato casa sua dal 1989. Pure quel momento è stato particolare. C’era De Rossi all’entrata dello spogliatoio ad attenderlo. Dopo il saluto con Daniele, s’è lasciato andare all’abbraccio dei compagni di squadra e di tutto lo staff tecnico, allenatore compreso”.
Cosa ha rappresentato per te Totti?
“Il messaggio che la società e la curva hanno voluto dedicargli attraverso i loro omaggi – la maglia incorniciata consegnata dal club dopo la partita con il Genoa e la coreografia prima del match dei tifosi – sintetizza tutto nel migliore dei modi. In sostanza, Totti è la Roma. Scherzando, più di una volta al capitano ho detto che sotto la lupa capitolina non ci sono Romolo e Remo. Ma Romolo e Francesco”.
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