“Per me essere felice è importante. Qui mi vogliono bene, avevo tante cose in testa, le ho messe insieme e ho scelto di restare”.
Radja Nainggolan è stato corteggiato da altre squadre in estate, ma la sua scelta è stata quella di rimanere nella Capitale. Non ha faticato a entrare nel cuore dei tifosi, dal suo arrivo in giallorosso nel gennaio del 2014. E non vede l’ora di poter condividere una gioia con loro.
“Io credo che qui si possa davvero vincere”, ha dichiarato il centrocampista belga in un’intervista esclusiva a La Repubblica. “E quando succederà voglio esserci per vedere che sensazioni dà”.
Ventotto anni, si è fatto le ossa nel suo paese di origine, per poi è arrivare al Piacenza. Prima della Capitale, quattro stagioni fantastiche al Cagliari. Ma tutto iniziò in un campo vicino casa.
“Mio nonno era dirigente di una squadra locale in Belgio, quando avevo 4 anni mi ha portato al campo. Da quel momento non sono più riuscito a smettere, ho continuato a giocare in strada, con gli amici. L’unico giocattolo era il pallone. E i videogiochi: mi sono sempre piaciuti“.
Playstation o i social?
“Oggi la play. I social li uso così, ma alla play a casa gioco per ore. E mai al calcio”.
Come avete gestito l’attesa del match con la Juventus?
“Finora abbiamo pensato solo a Lazio e Milan. Le abbiamo battute e ora proviamo a fare il colpaccio. Anche perché è l’unico modo per sapere quale sia la nostra dimensione”.
Due anni fa il protagonista fu l’arbitro Rocchi.
“Gli arbitri prendono delle decisioni e finisce lì, gli episodi su cui recriminare sono i pari con le piccole”.
Quindi le polemiche sono figlie solo dell’ambiente: quanto pesa per voi atleti?
“Parlerei di delusione, anziché parlare sempre di questo ambiente. I tifosi aspettano da tanto tempo di vincere”.
Ecco: secondo lei perché il titolo manca da 17 anni?
“Non lo so. Quando le cose vanno bene ci è successo di pensar di essere troppo forti o che la vittoria arrivasse da sola”.
E calava la tensione?
“Esatto. Abbiamo battuto tutte le squadre più forti, i punti li abbiamo persi con le piccole. Quando pensi di essere forte, di aver già vinto. E invece…”.
Peggio il pari di Cagliari o quello di Empoli?
“Mi rode più per Cagliari: a Empoli ci è mancato solo il gol. A Cagliari avevamo la partita in mano e andava gestita meglio”.
Il rapporto con la nazionale è ancora tumultuoso.
“Per me è sempre un onore andare in nazionale e punto a tornarci, anche se in passato sono successe cose non piacevoli. Abbiamo tanto talento, ma l’Italia che ne ha meno ha altro, ha carattere vincente. Il talento non basta sempre: serve altro”.
Lei è stato tra i primi a mettere i lacci arcobaleno. Ma l’omosessualità resta un tabù nel calcio.
“Ognuno sceglie quello che vuole nella vita, chi punta l’indice non so perché lo faccia, forse la vede diversamente. Mia sorella gioca a calcio e sta con una donna, e io sono contento perché lei è felice”.
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