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Monchi: “Non dobbiamo avere paura di essere ambiziosi”


Le parole del DS giallorosso rilasciate al quotidiano spagnolo El Mundo...

“Siamo qui per fare felici i nostri tifosi e il mio obiettivo è quello che un giorno loro possano realizzare il loro sogno: vincere. Non dobbiamo avere paura di essere ambiziosi”: Monchi ha chiaro in testa il fine ultimo del suo percorso nella Roma.

“Non sto specificatamente parlando di un titolo, ma di mettermi in una posizione che mi dia la possibilità però di raggiungerlo ogni anno” ha dichiarato il DS giallorosso in una intervista con il quotidiano spagnolo EL Mundo. “Dobbiamo posizionarci in maniera continuativa al vertice in modo approfittarne in modo proficuo quando ci sarà una concreta opportunità di vittoria”.

Hai avuto tempo per conoscere i tifosi della Roma?
“Penso che rappresentino al meglio la squadra. Hanno una grande importanza nella vita della città, sono ambiziosi e poco conformisti. Ammiro il loro grado di fedeltà e di fiducia verso la loro squadra, nonostante negli ultimi anni non abbiano mai raggiunto l’ambito Scudetto”.

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Siamo nell’anno in cui la Nazionale italiana è stata esclusa dal Mondiale. Il calcio è in crisi?
“È vero che l’Italia ha subito un’incredibile battuta d’arresto, ma questo le deve servire per riflettere e per crescere in futuro. Però il calcio, a mio parere, sta vivendo un momento abbastanza positivo. Credo che oggi i club italiani godano di buona salute, sia a livello di competitività interna che all'estero. In Europa League, Lazio, Milan e Atalanta stanno facendo una grande fase a gironi. Mentre in Champions, tutti e tre i club della Serie A hanno delle possibilità di andare avanti. Siamo l’unico paese che potrebbe quindi riuscire a fare sei su sei e portare tutte le squadre nel prossimo turno delle Coppe europee”.

Ti piacerebbe che la Roma ripercorra un cammino simile a quello fatto dall’Atletico in Spagna?
“Difficilmente possono ripetersi due modelli allo stesso modo, perché in ogni contesto le circostanze da prendere in considerazioni sono diverse. Però apprezzo ciò che l’Atletico ha fatto, in particolar modo per due cose: innanzitutto perché è riuscito a rinascere da una situazione molto complicata e, dopo essere stata due anni di fila in seconda divisione, è risalita in auge fino a entrare nell’élite del calcio europeo; e in secondo luogo perché l’ha fatto all’ombra di uno dei club più grandi del mondo, il Real Madrid”.

Pensi che il modello di Atletico inizia a perdere il suo appeal?

“No, penso che stia vivendo un momento di stallo, così come è capitato anche al Real Madrid o al Barcellona. Ma sarebbe ingiusto dare per morto l'Atletico: non bisogna infatti sottovalutare la sua storia e le grandi capacità del ‘Cholo’ Simeone”.

Il tecnico argentino ha ancora un futuro nell’Atletico?

“Ognuno è artefice del proprio percorso in un dato contesto. Se lavorare in un posto ti rende felice, bisogna continuare a rimanerci”.

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Qual è il tuo bilancio personale finora?

“Tutto si può sempre migliorare, ma sono soddisfatto. Ho sempre detto che il mercato si fa in estate ma i frutti si vedono il 30 giugno, anche se, da sempre, nel calcio tutti noi siamo sottoposti a una brutale dittatura dei risultati”.

E cosa è cambiato da settembre ad oggi nella Roma che sembra già più costante rispetto al recente passato?
“Abbiamo cercato di romanizzare un po’ di più la Roma. L’allenatore [Eusebio Di Francesco] ha giocato nel club, così come il team manager [Morgan De Sanctis] e inoltre abbiamo come dirigente Totti, ovvero la Roma”.

Appena arrivato, ha annunciato il ritiro di Totti. Come l’ha presa?
“Immagino che non fosse la migliore notizia della sua vita, ma credo che abbia apprezzato il fatto che gliel’ho detto guardandolo negli occhi. E sicuramente questo è stato importante per gettare le basi per l’ottimo rapporto umano e professionale che abbiamo. Quando gliel’ho detto, mi tremavano le gambe, perché stavo dicendo una cosa del genere qui non a uno qualsiasi, ma a Francesco Totti”.

E Monchi, come giocatore, avrebbe acquistato se stesso?
“Per la Roma o per il Siviglia non penso, per un’altra squadra, forse sì. Alla fine ho giocato 11 anni come professionista, non è che ho giocato solo 10 minuti. Non sono stato il miglior portiere nella storia del calcio ovviamente, ma non mi piace sottovalutare la mia carriera da professionista”.

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