Serie A, Domenica, 15 DIC, 18:00 CET
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#AskMoreno: Hector risponde alle domande dei tifosi!


Ecco il video dell’intervista al difensore messicano Hector Moreno realizzata in diretta su Facebook!

Ecco il video dell’intervista al difensore messicano Hector Moreno realizzata in diretta su Facebook e in basso la traduzione in italiano delle sue parole!

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Credo sia doveroso innanzitutto salutare i nostri tifosi messicani che sicuramente si saranno sintonizzati

“Ciao, un saluto a tutti”.

C’è un messaggio particolare che vuoi mandare in Messico, anche in spagnolo se vuoi.

“Grazie a tutti per esservi sintonizzati e per l’affetto che mi avete sempre dimostrato nel corso della carriera. Siamo molto felici di poter passare un po’ di tempo con voi. Hai capito qualcosa?”.

Quando sei arrivato molti appassionati erano entusiasti del fatto che tu fossi venuto alla Roma. Per te dev’essere bellissimo tutto questo seguito e questo entusiasmo.

“Certo, è molto bello. È anche una grande responsabilità ma me l’assumo volentieri. È una bella sfida per me e spero di affrontarla al meglio”.

E il fatto che tu sia uno dei pochi messicani a giocare o ad aver giocato in Serie A e il primo con la maglia della Roma un grande onore per te, ma immagino porti anche un po’ di pressione.

“Sì, cerco di non pensare alla pressione che potrebbe comportare il fatto di indossare la maglia della Roma. Penso più alla responsabilità che ho, che è quella di migliorare e di offrire buone prestazioni. La gente potrà vedere come anche in Messico ci siano calciatori bravi, così magari potranno essercene di più in futuro”.

Passiamo ora alle domande che abbiamo raccolto sui nostri canali social, le domande che gli appassionati desiderano farti. Passiamo alla prima: quali sono le principali differenze che hai potuto notare tra la Roma e il PSV Eindhoven?

"Innanzitutto l’età dei giocatori, o meglio la maturità dei giocatori. Al PSV ero il secondo giocatore più vecchio della squadra dopo Guardado, un altro messicano, tra le altre cose. Qui invece gran parte dei giocatori hanno la mia età, ma ce ne sono anche di più vecchi, quindi qui c’è più maturità e più esperienza. Con tutto il rispetto per il PSV, qui alla Roma c’è più qualità. Ho passato dei bei momenti ad Eindhoven ma qui sono in un club diverso, ad un livello diverso. Anche in allenamento, durante l’intera sessione non puoi permetterti di guardare indietro o di perdere la concentrazione perché i tuoi compagni sono davvero forti e se ti distrai un attimo puoi anche fare delle brutte figure, cosa che è sempre meglio evitare.

Credo che in ottica gara possa aiutare no? Questa tensione costante può farti arrivare più preparato alle partite.

“Certamente, è quello che cerchiamo di fare in allenamento. Perché se prendi ogni allenamento come una sfida, poi quando scendi in campo in campionato o in coppa diventa più facile. Per questo motivo ci alleniamo sempre duramente. E con i giocatori di qualità che abbiamo è ancora più difficile”.

Perché hai scelto il numero 15? C’è un motivo particolare?

“Sì, perché lo indosso anche in nazionale, quindi ho pensato di tenerlo anche qua, mi piace”.

E quando hai scelto il 15 in nazionale, c’è stato un motivo particolare? O era semplicemente disponibile?

“Diciamo che quando partivo titolare con la nazionale avevo il numero 4, ma questo succedeva principalmente durante le amichevoli quando non c’era Rafa Marquez. Nelle gare più importanti il 4 ce l’aveva lui e quindi mi veniva detto: “Sta arrivando Rafa, che numero vuoi?” e il 15 era uno di quelli disponibili. Mi piace il 15, lo indosso da 7-8 anni in nazionale e sono contento di poterlo indossare anche qui a Roma”.

Con un altro giocatore magari gli avresti detto che il 4 lo tenevi tu ma…

“Sì, ma con Rafa non era possibile (ride), ho rispettato la tradizione”.

Da quando sei arrivato alla Roma, quali sono i giocatori che ti hanno maggiormente aiutato ad ambientarti?

“Tutto il gruppo si è dimostrato molto disponibile nei miei confronti. Tutti hanno subito voluto conoscermi e farmi sentire parte della squadra. Ovviamente per me è più facile comunicare con i tre ragazzi che parlano spagnolo, Perotti, Iturbe e Fazio. Ce ne sono alcuni che parlano inglese, quindi anche con loro è più semplice comunicare. Intanto provo a imparare e a fare pratica con l’italiano ma per il momento è chiaro che sia più semplice comunicare con chi parla la mia stessa lingua. Mi aiutano a capire come funzionano le cose all’interno dello spogliatoio, all’interno del club, ma anche al di fuori. Mi consigliano dove andare, cosa fare, e così via. È molto importante perché all’inizio non sai bene come funzionano le cose, magari hai dei dubbi. Roma è una città grande, ci sono molte cose che puoi fare. È utile per ambientarsi, per trovare casa. Ho una bambina di un anno, quindi ho moltissime cose da comprarle e mi serve sapere dove andare, quali sono i negozi dove comprare le sue cose. Nella Roma ci sono persone che ti aiutano molto per quanto riguarda questi aspetti del quotidiano. Ma è bello avere dei compagni disponibili e pronti ad aiutarti”.

Qual è il compagno più divertente all’interno dello spogliatoio? Immagino che tu non capisca gli scherzi e le battute, così come non le capisco io, ma magari qualcosa riesci a percepire.

“Sono arrivato da poco ma ti dico Florenzi. È uno che parla sempre, fa sempre battute, è un po’ il comico dello spogliatoio, hai presente, no?”.

Sì, quando passa ha sempre qualcosa da dire ma credo ci sia bisogno di questi personaggi!

“Sì, certo, è sempre sorridente, veramente una bella persona”.

Come ti sei sentito quando hai saputo che la Roma era interessata a te?

“Felice e onorato, perché è stato Monchi a chiamarmi e se sei nell’ambiente del calcio sai cosa significa quando Monchi ti chiama nelle finestre di mercato. Ho subito pensato di non voler perdere questa occasione. Ho subito sperato che andasse a buon fine e che il club facesse in modo di farmi arrivare il prima possibile affinché potessi dire di essere un giocatore della Roma. Fortunatamente, le cose sono andate proprio così”.

Durante la stagione era tua intenzione lasciare il PSV e passare ad un club più blasonato oppure il fatto che la Roma ti volesse è stata una piacevole sorpresa?

“Quando ero al PSV ho sempre detto di lavorare per farmi trovare pronto quando sarebbe arrivata la chiamata di un grande club. Certo, lavoravo per aiutare la mia squadra, ma anche per essere pronto in questo tipo di situazione e per cogliere l’opportunità al balzo. Nella mia testa ho sempre pensato di dover progredire, di dover andare in un club più importante, con tutto il rispetto per il PSV, e sono stato fortunato a ricevere la chiamata della Roma e approdare in un club fantastico e non vedo l’ora di iniziare a giocare con la nuova maglia”.

Questa viene direttamente dal Messico: nulla potrebbe rendermi più felice che veder giocare un mio connazionale con la maglia della Roma.

“Grazie!”.

Non è propriamente una domanda ma è significativa. Immagino sia bello ricevere tanti messaggi di questo tipo, di persone che ti sostengono, di messicani che sono contenti di vederti giocare in una grande squadra.

“Sin dal mio arrivo qui le persone si sono sempre dimostrate gentili nei miei confronti e questo mi fa molto piacere. È sempre bello vedere che le persone parlano bene di te. Certo, ci sono anche quelli che non sono così carini ma cerco di non farci caso più di tanto. Mi concentro piuttosto su chi ha parole di apprezzamento per quello che fai e per quello che ti piace fare”.

Qual è l’avversario più difficile che tu abbia mai affrontato?

“Ne ho affrontati molti, di avversari difficili. Non so se dirmi fortunato o meno. Credo di aver giocato contro i migliori. Uno dei più difficili che abbia mai affrontato è Luis Suarez, è davvero un grandissimo attaccante, per via dei movimenti, sì, ma ci sono molti attaccanti che si muovono bene. Di Suarez mi ha colpito il fatto che sia disposto a tutto pur di vincere, corre molto, lo devi costantemente inseguire, è davvero difficile tenergli testa”.

Credo che, al tempo stesso, sia per te stimolante poterti misurare con gli attaccanti della Serie A, visto che ce ne sono molti di forti.

“Certo, seguo la Serie A da moltissimo tempo e, per me, in quanto difensore, non può che essere una grande occasione perché gli italiani sono i maestri della difesa. E bisogna sempre migliorarsi, continuare ad imparare. Per me sarà quindi entusiasmante confrontarmi con questi grandi attaccanti. Spero che la nostra squadra sia all’altezza e possa giocarsela con i migliori.

Cosa ne pensa la tua famiglia del trasferimento a Roma? Visto che hai un bambino piccolo…

“Sono tutti molto felici di essere qui, io, mia moglie e mia figlia. Prima eravamo ad Eindhoven, abbiamo vissuto lì per tre anni, ci siamo trovati bene, ma qui è completamente diverso. Il tempo, ad esempio. In Olanda si poteva a malapena uscire di casa per via del freddo, della pioggia. Qui c’è sempre il sole quindi posso condurre una vita più “normale” assieme alla mia famiglia. Siamo contenti. Ci piace questo clima, ci piace lo stile di vita di qua e penso proprio che ci troveremo bene. Se le cose vanno bene dal punto di vista sportivo, poi, anche fuori dal campo le cose saranno più semplici”.

È giusto dire che dal punto di vista dello stile di vita, quello di Roma e quello messicano sono simili, in fin dei conti?

“Sì, io sono messicano e mia moglie è di Barcellona, lo stile di vita è molto simile. Anche prima di venire a Roma, confrontavo il modo di vivere messicano con quello spagnolo e ci sono molte somiglianze, anche dal punto di vista ambientale. Ci sono le montagne, le spiagge. Anche il clima è molto simile. Sarà semplice ambientarsi, anche fuori dal campo”.

Ci chiedono cosa ne pensi di Rick Karsdorp, ma immagino che tu non abbia ancora avuto modo di vederlo in campo perché è infortunato?

“Già, purtroppo è infortunato ma spero che si riprenda presto, ho avuto modo di giocare contro di lui in Olanda per due anni ed era bravissimo, praticamente volava, faceva delle ottime partite come terzino destro e spero che torni presto in forma perché credo che aiuterà molto la squadra e perché credo che sia uno dei giovani terzini destri con più futuro nel mondo del calcio”.

Ci chiedono anche se giochi a FIFA e se sì, giochi col tuo alter ego in campo?

“Sì, gioco, ma non molto spesso, non ho abbastanza tempo. Gioco, ma purtroppo non ho molto tempo per me, quando sono a casa adoro trascorrere del tempo con la mia famiglia, perché, comunque, pensate a quando siamo in ritiro, oppure quando vengo convocato in nazionale e sto via 10 giorni… Quando ho finito e torno a casa voglio solo trascorrere del tempo con loro, non voglio perdere questo tempo prezioso. Certo, quando ero giovane e single giocavo, sì, e ovviamente giocavo con me stesso. Ho provato a essere un numero 10 e a segnare un sacco di gol”.

Qual era il tuo idolo d’infanzia?

“Parlando dell’infanzia, quando ancora ero a Culiacan, è stato mio padre, lui è stato colui che ha portato il calcio nella nostra famiglia, non è stato un calciatore professionista ma comunque ha sempre dimostrato la sua passione e amore per il calcio, ce l’ha fatta vivere. Poi quando sono cresciuto e sono entrato in un club professionistico, il Chivas Pumas, Rafa Marquez era già un nome conosciuto nel mondo del calcio, giocava nel Monaco prima di approdare al Barcellona e io ho sempre visto lui e la sua carriera come un esempio da seguire. Quindi, all’inizio, quando ero un bambino, il mio idolo era mio padre, poi il mio modello da seguire è sempre stato Marquez e mi sento davvero onorato e fortunato di aver giocato con lui in nazionale per vari anni”.

La sua carriera ti ha influenzato in qualche modo? Anche tu sei venuto a giocare in Europa, precisamente in Olanda, quando avevi 20 anni, giusto?

“Sì, avevo 20 anni”.

Eri molto giovane e questa non è una scelta tipica dei giocatori messicani. Una mossa coraggiosa, potremmo dire.

“Sì, anche lui aveva fatto qualcosa di simile, era venuto in Europa quando aveva 19 o 20 anni e poi è approdato in un grande club a 24 anni, a me c’è voluto più tempo, adesso ho 29 anni, ma di certo non mi lamento e non mi chiedo perché non mi sia successo prima. Semplicemente non ero pronto, ora lo sono e sono felice di essere qui, voglio sfruttare questa occasione e fare ciò che mi piace”.

Livio ci chiede se hai dei soprannomi e, se sì, qual è quello che preferisci?

“No, ho solo dei soprannomi che mi hanno dato in famiglia ma non nel mondo del calcio, non sul campo… Non so… Sì, in Messico mi chiamavano Grande perché ero tra i più alti ma adesso non lo sono più, ma adesso sono tutti più alti e io sono diventato normale, ma in Europa non me ne hanno mai dati, anche perché se ero tra i più alti e grossi in Messico, in Olanda ero semplicemente nella media e qui è uguale, tutti i miei compagni sono alti e grossi e quindi…”.

Beh, comunque i tifosi della Roma sono bravi a dare dei soprannomi, se ne riparliamo tra un paio di mesi vedrai che te ne avranno già affibbiato qualcuno, o almeno speriamo che sia così. Pepe Herrera chiede, a parte la famiglia, cosa ti manca del Messico?

“Direi tutto, il Messico è un gran paese e vorrei che migliorasse sempre di più, ci sono tante cose che devono cambiare, ma mi manca tutto. Quando ci ritorno con la nazionale per me è sempre una gioia e un piacere, ovviamente la cosa che mi manca di più è la famiglia e anche il cibo. Certo, non posso pensare troppo al cibo anche perché so che qui non posso averlo e non voglio punirmi troppo, ma quando torno là mi piace anche godermi il cibo messicano”.

Ci torni spesso in Messico, oltre agli impegni con la nazionale?

“Sì, ogni anno abbiamo 4 o 5 pause in campionato per impegni con la nazionale e poi cerco sempre di tornare anche durante le vacanze”.

Captain S. ci chiede quale sia il tuo piatto preferito della cucina romana o comunque italiana in generale.

“Beh, sono qui solo da 10 giorni, quindi non molto, ma mi piacciono molto la pasta e la pizza e quindi per me è facile, ovunque io vada so che troverò dell’ottima pasta e anche quando mangiamo qui alla mensa del club mi dico sempre “che buono!”. Di sicuro non è la roba che ero abituato a mangiare in Messico o in Olanda, ma comunque è difficile mantenere la linea quindi dovrò stare attento anche a quello. Comunque, per me è facile: pasta e pizza e penso di essere nel posto perfetto per gustarmi quei piatti”.

Fatih chiede cosa ti aspetti dalla Serie A? Pensi che sia molto più difficile della Eredivisie?

“Certamente, e questo si vede già negli allenamenti. L’Eredivisie è un’ottima competizione e ci ho giocato tanti anni e sono cresciuto lì anche perché le squadre olandesi hanno molta pazienza con i giocatori giovani e se si commette un errore lì ti possono dire: “ok, sei giovane, puoi, anzi, devi imparare e allora guarda avanti”. Qui invece non c’è questa mentalità, qui vogliono i risultati, devi dimostrare di sapertela cavare bene sin dal primo giorno e questo crea una differenza nel tipo di giocatore che gioca qui, al meglio delle proprie possibilità, della sua maturità e dei propri mezzi. Questo si vede negli allenamenti, è tutto mirato a raggiungere la miglior prestazione possibile e quindi credo proprio che sarà tutto molto più difficile rispetto alla Eredivisie”.

Simone chiede qual è il miglior gol, o quello più importante, tra quelli che hai segnato.

“Il migliore… non ne ho idea”.

Non c’è una rovesciata o cose del genere…

“Sì! Una rovesciata! Ci stavo proprio pensando ora, il mio primo gol quando con la maglia dell’AZ quando avevo 20 anni, era la mia quarta o quinta partita nell’AZ, il mio primo periodo in Olanda e ho segnato in rovesciata. Penso sempre che sia stata una papera del portiere ma comunque era un gol e per me è stato bellissimo, avevo appena 20 anni, mi ero appena trasferito dal Messico in Olanda e avevo segnato la mia prima rete, per me è stata una sensazione incredibile!”.

E nell’ultima stagione con il PSV hai segnato 7 reti

“Ero proprio in forma la scorsa stagione”.

Allora giocare là davanti come facevi su FIFA forse non era del tutto una brutta idea.

“Già, forse devo aver sbagliato qualcosa quando ero giovane”.

Cosa si prova a vivere in una città così importante e bella come Roma?

“Per me è bellissimo, sono contento di essermi trasferito qui, come avevo già detto in una risposta precedente. Vivevo a Eindhoven, un bel posto, la vita era bella e tutto quanto, ma qui la storia è completamente diversa, ci sono tantissime cose da fare e questa città si può vivere in tantissimi modi. Penso proprio che non mi annoierò”.

Ultima domanda per concludere, mancano meno di due settimane all’inizio della stagione, cosa provi al pensiero di debuttare con la maglia della Roma e rappresentarla in questa stagione?

“Non sto nella pelle, non vedo l’ora di essere in campo. Giocheremo la prima fuori casa, credo contro l’Atalanta, e voglio farmi trovare pronto per iniziare questa stagione col piede giusto perché credo e vedo che abbiamo una squadra fortissima, lotteremo per lo scudetto, ciò che tutti vogliamo dopo esserci arrivati vicini per diversi anni. Speriamo che questo sia l’anno giusto, l’anno in cui finalmente batteremo la Juventus campione ormai da molti anni. Speriamo che stavolta tocchi alla Roma e che saremo in grado di farcela”.