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Sella: "Fonseca e De Zerbi allenatori bravi e moderni"


Di Ezio Sella ne aveva parlato in termini lusinghieri Alberto Malesani, proprio in un’intervista rilasciata ad asroma.com lo scorso ottobre

“Non avevo mai avuto un allenatore in seconda, un assistente, un collaboratore. L’ho fatto con Sella perché avevamo affinità dal punto di vista tattico”, erano state le parole dell’ex tecnico di Fiorentina e Parma. I due hanno lavorato insieme in diversi club.

Tra questi c'è anche al Sassuolo per 5 partite nell’inverno del 2014, ma i risultati non arrivarono. Ma Sella – classe 1956 – per dodici anni è stato anche un uomo della Roma, ricoprendo vari incarichi. Tecnico delle giovanili, vice allenatore della prima squadra e in un paio di momenti storici anche responsabile tecnico ad interim.

Del passato ne parleremo, il presente com’è?

“Da un punto di vista generale, fortunatamente tranquillo, sereno. Questa situazione legata al Covid condiziona sotto ogni aspetto. Cerchiamo di fare sempre attenzione, di rispettare le regole. E aspettiamo di tornare presto ad una condizione più vicina alla normalità”.

Lavorativamente parlando, invece?

“Mi limito a vedere calcio in televisione. Tante partite, quante più posso. Cercando di aggiornarmi. Questo sport resta la mia passione da bambino e non la abbondono di certo. È la mia vita. Quanto al fatto di allenare, con Malesani siamo fermi da qualche anno”.

Nell’intervista rilasciata ad asroma.com, lo stesso Malesani aveva dichiarato di volersi fermare definitivamente.

“Lo capisco. Non si riconosce più in questo calcio. Il fatto è che tante dinamiche all’interno di una squadra e di una società sono cambiate, alla lunga questa cosa l’ha demoralizzato”.

In ogni caso, il vostro rapporto resta solidissimo.

“E non potrebbe essere altrimenti. Con Alberto ho un rapporto speciale, che va oltre l’aspetto professionale. C’è una stima reciproca. Mi posso permettere di dire che c’è una componente affettiva. Siamo come fratelli. Io mi considero il suo fratello più piccolo”.

Da un punto di vista professionale, cosa vi unisce?

“Prima di tutto, non mi ha mai considerato un assistente. Con lui condividevamo tutto. Il lavoro, la tattica, la formazione, c’era un continuo scambio di idee. Mi diceva sempre: “Sei un allenatore a tutti gli effetti. Con te è facile parlare di calcio. Tu hai le caratteristiche di un allenatore vero”. Per me è stato un momento di grande aggiornamento, di crescita. Io penso che Alberto abbia sempre dimostrato di avere un qualcosa in più rispetto agli altri, anche da un punto di vista tattico. Oggi vedo determinati allenamenti e sono esercitazioni che noi facevamo 5-6 anni fa. È stato sempre avanti”.

A proposito di “allenatore vero”, lei guidò la Roma con Liedholm nel finale della stagione 1996-97. Poi anche per una partita in Champions nel 2004 contro il Real Madrid.

“La prima esperienza fu un momento cruciale per la mia carriera. Rapportandomi con giocatori professionisti, che seguivano le mie indicazioni, ho capito di poter stare a certi livelli. Avevamo un obiettivo, portare in salvo la squadra. Ci riuscimmo”.

Un altro ricordo dei suoi anni in giallorosso?

“Ce ne sono tanti. Voglio sottolineare l’evoluzione che ha avuto Daniele De Rossi. Non l’ho mai allenato nelle giovanili, ma l’ho visto crescere. È stato uno dei centrocampisti più importanti del panorama nazionale per anni. E in futuro diventerà un grande allenatore. Ha tutte le caratteristiche giuste per esserlo”.

Al Sassuolo cosa non andò?

“Malesani e io arrivammo a campionato in corso, in un periodo particolare. La squadra era in difficoltà e nel mercato di riparazione erano stati messi dentro tanti giocatori nuovi. Alcuni non erano al top fisicamente, altri avevano bisogno di un tempo fisiologico per capire determinati concetti. Nel momento della raccolta, la società ha preferito richiamare Di Francesco”.

Che società era all’epoca quella del patron Squinzi?

“Erano al primo anno di Serie A, ma già in quel periodo si vedeva che era una società sana, che sapeva lavorare e che avrebbe avuto futuro. Comprano sempre calciatori funzionali all’allenatore. Non mi sorprende il successo che ha avuto nel tempo”.

Nel gruppo di giocatori con cui lavorò c’era anche Berardi, il giocatore più importante del Sassuolo di oggi.

“Nel nostro periodo aveva 20 anni e già straordinarie qualità tecniche. Il difetto era nella continuità”.

Difetto che forse si porta appresso anche oggi?

“Molto meno di prima, ora è un giocatore importante e determinante”.

L’attuale tecnico neroverde, De Zerbi, le piace?

“Lo stimo molto, ha idee e si migliora di continuo. La sua squadra cerca di essere propositiva, è una mentalità che a me piace. Credo in futuro possa crescere ancora. Certo, allenare il Sassuolo è un conto, andare in un altro contesto sarebbe più complicato. Ma è giovane e ha il tempo dalla sua parte”.

Anche la proposta di gioco di Fonseca non si discosta molto da quella del collega italiano. Sono entrambi allenatori di matrice offensiva.

“Fonseca sta facendo un buon lavoro con la Roma. La squadra gioca un calcio riconoscibile. È in lizza per un posto in Champions, dovendo avere a che fare spesso con tante assenze. La Roma al completo può arrivare tra le prime quattro e fare un buon percorso in Europa League. Non ho dubbi”.

Sia Fonseca, sia De Zerbi non disdegnano la costruzione dal basso, principio di calcio su cui si è aperto un dibattito a livello mediatico. La sua posizione in merito?

“Io credo che iniziare a giocare dal basso sia importante. C’è la partecipazione di tutti i giocatori alla manovra offensiva e allo stesso tempo si dà una mentalità positiva alla squadra. Poi ci sono dei tecnici che pensano il contrario. È un discorso di idee. E, comunque, anche a livello giovanile ormai viene insegnato questo modo di giocare, di stare in campo. In ogni caso, alla base di ogni discorso dovrebbe esserci una sola parola…”.

Quale?

“L’equilibrio. L’equilibrio in ogni squadra è fondamentale”.