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    De Rossi: “Conta la squadra non quanto ancora giocherò”


    Rientrato da poco dopo circa tre mesi di stop, Daniele De Rossi si appresta a guidare i giallorossi nell’andata degli ottavi di finale di Champions League contro il Porto

    “Il mio attaccamento alla maglia è il pensare alla partita come alla cosa importante”, ha dichiarato il capitano nella conferenza stampa alla vigilia del match. “Non è importante sapere quanto ancora giocherò, bisogna pensare collettivamente e non singolarmente, domani abbiamo una partita da vincere. L’importante è la squadra”.

    Ti sei speso difendendo Kolarov: è stata una scelta da capitano e da amico. È il momento di ricomporre questa frattura?

    “Se si dovesse ricomporre questa piccola frattura sarei il più contento del mondo. Mi sento un po’ in mezzo, voglio bene ai tifosi della Roma che mi hanno sempre protetto e sento Kolarov come se fosse un fratello. Quello che posso dire ai tifosi è di continuare a fidarsi di me, Kolarov è un grande professionista, attaccato a quello che fa. Non sto dicendo che è un romanista fin da quando era piccolo, dico che dà sempre quello che deve dare, non salta un allenamento, gioca anche in condizioni fisiche difficili. Ma io preferisco uno così piuttosto che quelli che fanno dichiarazioni al miele, baciano la maglia e poi si fermano al primo dolorino o storcono la bocca se gli si chiede di giocare in un altro ruolo. È uno dei più grandi professionisti che ho incontrato in vita mia. C’è anche da dire che il tifoso va rispettato e anche un po’ assecondato quando mostra insofferenza per i risultati. Domani può essere il giorno giusto per ricomporre questa frattura e sarei il più felice di tutti”.

    L’esperienza dello scorso anno può essere un valore aggiunto?

    “Sicuramente, ci fa arrivare un po’ più pronti a partite così delicate. Il Porto è abituato a giocare partite così, ma per noi può essere un motivo di sicurezza in più rispetto al passato. Si tratta di esperienza, che è stata positiva e ci permettiamo il lusso di dire che l’anno scorso poteva anche finire meglio ma non dobbiamo attaccarci a quello che è stato, ma solo pensare a preparare al meglio questa partita”.

    Cosa ti ha colpito in positivo e in negativo della Roma nel periodo in cui sei stato assente?

    “Negativamente i risultati che non sono stati sempre brillanti e che a volte non hanno rispecchiato la prestazione in campo, come con il Real Madrid o con l’Inter. Di negativo, come ha diceva il Mister si notava la mancata reazione dopo i gol subiti. Ultimamente, cancellando Firenze, le prestazioni sono state abbastanza positive”.

    Compagni e Mister sottolineano sempre la tua importanza. Se starai bene fisicamente continuerai un’altra stagione?

    “L’ho sempre detto, finché sto bene fisicamente continuerò a giocare. Compagni e Mister non si rendono conto dell’importanza che hanno loro per me. Negli ultimi tre anni mi sto sentendo importante come non mi ci ero mai sentito e per questo devo solo ringraziarli. Mi accorgo che le mie prestazioni sono buone anche perché quando ti senti importante e sai giocare tutto diventa più semplice. Li ringrazio anche per quanto mi hanno fatto sentire desiderato in questi mesi di assenza”.

    Percepisci un rumore diverso allo stadio quando entri in campo? Un’emozione diversa da parte dei tifosi in vista della fine della tua carriera?

    “Mi sono sempre sentito a casa mia allo stadio, sento grande affetto ultimamente, penso che questo sia stato anche il percorso seguito da Francesco, che qualche detrattore in carriera l’ha trovato, ma alla fine tutti si sono inchinati alla sua grandezza. Non sto parlando di me ma lo sento che la gente mi vuole bene ma devo continuare a pensare che il rumore positivo è dovuto al fatto di giocare bene a pallone, non posso pensare ad altro, come al fatto che tra poco smetterò. Ci sta il rumore positivo quando fai le cose giuste e negative quando non le fai”.

    In stagione siete stati sull’orlo del baratro tre o quattro volte ma il Mister ve ne ha sempre portati fuori: cos’ha che gli permette di riuscirci?

    “Ha un’idea di calcio che non cambia se le cose vanno bene o male. Sa cosa succede in campo, riesce a riconoscere i problemi. Un allenatore che se le cose vanno male mette 10 attaccanti o 10 difensori sconvolgerebbe gli equilibri. Gli umori degli allenatori sono sempre ricchi di alti e bassi, ma ha sempre tenuto la barra a dritta, in una città in cui non è facile mantenere la testa. Ci sono stati momenti negativi ma sull’orlo del baratro per me è un’altra cosa. Siamo quinti, io sono stato anche quintultimo in classifica, lì mi sentivo più sotto pressione”.

    Durante questi mesi da infortunato l’idea di dover smettere ti è passata per la testa?

    “Era un punto interrogativo più che un’idea. Ho fatto tre mesi da calciatore serio, ho fatto tutto quello che dovevo fare per tornare nella maniera giusta, perché pensavo di poter rientrare. LA domanda è quanto reggerà la mia condizione fisica? Un’operazione alla cartilagine a 35 anni non l’avrei sopportata, ma se il ginocchio continua a rispondere bene non vedo perché farmi queste domandi. Se io sto bene, con il giusto minutaggio penso di poter continuare a giocare”.