
Sono le parole, i momenti, gli attimi vissuti, a sancire un legame che è sempre stato speciale, dal primo giorno, da quando trovò tanti tifosi ad accoglierlo a Fiumicino.
“A Roma ho vissuto i momenti migliori della mia carriera, mi dà i brividi parlarne. Come ricordare le sfide giocate nei derby. A proposito, come ve la sentite? (ci chiede testuale, ndr)”.
Non è mai una partita come le altre, Kevin. L’ultimo Lazio-Roma vinto fu quello del 2016 con il tuo gol e poi quello di Nainggolan, lo sapevi?
“Ho letto quella cosa su Instagram ieri, non lo sapevo… Beh, sono passati quasi dieci anni”.
Tanto tempo, in effetti. Quella rete così voluta, che segnasti con ferocia quasi allontanando Dzeko dal pallone prima di intervenire, cosa rappresentò per te?
“Quando rivedo le immagini di quel gol, mi dà subito una sensazione speciale. Mi dà i brividi, quei momenti sono tutto quello di cui ha bisogno un calciatore. Stai lavorando per quei momenti, di raggiungere un obiettivo insieme. Tipo vincere un derby. Ogni tanto, nei momenti di una carriera, hai bisogno di sentirti importante. Se fai un gol in un derby e lo vinci, sì, ti senti importante. Non mi sentivo più molto importante come prima dell’infortunio, quel giorno mi ripresi un pezzetto della mia Roma, sapendo quanto fosse importante per i nostri tifosi”.
Il primo derby che giocasti, invece, fu il successivo alla finale di Coppa Italia del 2013. Quello della “Chiesa al centro del villaggio”. Quella vittoria cosa significò?
“Fu una partita strana, con meno tifosi rispetto al solito ed era alla quarta giornata come sarà quello di domani. Dopo quella partita di Coppa Italia di cui mi raccontarono, vincemmo noi. E fu una conferma che stavamo facendo bene. Non giocammo benissimo, ma noi in campo sapevamo che non l’avremmo mai persa. Se hai Totti, De Rossi, Maicon, Benatia dalla tua parte, giocatori esperti che ti davano quella sensazione positiva, è tutto più semplice. E poi, dopo il gol di Balzaretti fu una liberazione per tutti noi e i romanisti. Segnò anche Ljajic su rigore il 2-0. Lo ricordo bene, si prese la palla, lo dovevo tirare io inizialmente, ma glielo lasciai, non volevo sbagliarlo”.
La tua ultima stracittadina anche non fu banale. Non tanto per il risultato finale (0-0), ma perché fu la gara successiva a Roma-Barcellona 3-0.
“Arrivammo a quella partita sicuri di vincere, dopo che avevamo fatto l’impresa in Champions League. Eravamo forti, in un momento positivo, cercammo di fare di tutto per vincere anche quella, probabilmente ci mancò un po’ di energia per quanto avevamo speso nella gara precedente”.
Per la gara di domani che sensazioni hai? Anche tu ne giocasti uno alle 12.30 nel 2017, che però non andò bene.
“Stavolta la vedrò sul telefono. Devo portare mia figlia ad un parco con altri bambini. Avevo preso questo impegno con lei e non posso rinunciare. Ma la seguirò, senza dubbio. E, secondo me, la Roma è più forte. Non se la prendano a male i tifosi avversari, è quello che penso, vedremo in campo”.
Come si vince un derby?
“In queste partite non conta solo la qualità, ma soprattutto la mentalità. Mi auguro che i giocatori più esperti nello spogliatoio possano dare quella sensazione anche agli altri. Conta la voglia di vincere e di incidere”.
Perché Roma è stata così speciale per te?
“Perché è successo tutto. È stata una sintesi di vita. Sono stati cinque anni di alti e bassi, ma ero sempre sostenuto da tutte le parti. Quando giocavo bene, quando giocavo male, quando ero infortunato, quando facevo gol. Sentivo la passione dei tifosi, dei dirigenti, degli allenatori, mi dà i brividi parlare della Roma. Dico davvero. Sono stati i cinque anni più belli della mia carriera, io davo tutto per la maglia, per la Roma. Mi dispiace solo non aver vinto qualcosa, questo mi dispiace davvero”.
Prima di venirci, cosa conoscevi di questa squadra?
“I simboli di Roma, De Rossi e Totti. Loro c’erano sempre dentro, anche se la squadra cambiava. Tutti li conoscevano, anche fuori da Roma. Ed è stato meraviglioso giocare con loro, condividerci lo spogliatoio. Ai tempi del PSV, prima di cambiare squadra, avevo sempre pensato di andare in Premier League, ma quando arrivò la proposta della Roma, che mi voleva a tutti i costi e che aveva Totti e De Rossi, non ebbi più dubbi”.
Il saluto dello stadio Olimpico dopo il Roma-Genoa del 2024 che momento è stato per te? De Rossi ti ha accompagnato sotto la Sud.
“Daniele è un grande, mi ha dato l’opportunità di salutare i tifosi. È stato il finale migliore possibile per la mia carriera”.
Hai annunciato il ritiro dal calcio giocato un anno fa. E ora vivi in Olanda. Cosa c’è nel tuo futuro?
“Sto bene, sto passando molto tempo con i figli. Sono piccoli, ho tempo per portarli a scuola, riprenderli quando escono. Mi sto riprendendo il tempo e le cose che non ho potuto fare quando ero in attività. Mi sento bene. Non ho l’assillo di fare qualcosa in questo mondo. Vedremo poi, c’è tempo. Una cosa non cambierà, sempre forza Roma”.