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    Hermoso in conferenza stampa prima di Roma-Athletic Club


    Alla vigilia di Roma-Athletic Club, Mario Hermoso ha risposto alle domande dei giornalisti in conferenza stampa.

    Queste sono state le parole del difensore spagnolo.


    Ti senti pronto per giocare una partita così delicata dal primo minuto?

    “È evidente che il mio sia un processo graduale di adattamento, di conoscenza del gruppo, e anche di miglioramento della condizione fisica, necessaria per competere a un livello alto in una competizione così importante. 

    Per un calciatore professionista, recuperare il proprio 100% è quanto di più difficile ci sia. Ma tutto procede come da programma: conosco il gruppo, mi sto adattando al meglio e sto acquisendo la fiducia necessaria per affrontare al meglio competizioni come questa”.

    Sei arrivato convinto dal progetto di De Rossi, ringraziandolo pubblicamente per la fiducia: come hai vissuto il cambio di allenatore?

    “Uno dei motivi per i quali sono venuto era il progetto, un progetto che mi aveva convinto: una rosa con grandi calciatori, un’ottima campagna acquisti. Ma riallacciandomi alla domanda precedente, e anche a quello che ha detto poco fa il mister, dobbiamo essere molto esigenti con noi stessi, come club, come squadra. 

    Dobbiamo lottare, dobbiamo acquisire una mentalità di un certo tipo, e in questo senso io spero di poter aiutare a trasmetterla, di poterla condividere con i miei compagni. Perché quando si comincia a vincere, cresce lo status del club. Per questo, il nostro obiettivo deve essere quello di competere a un livello più alto in tutte le competizioni.

    Questa deve essere la chiave di lettura di questa stagione. L’obiettivo, come ha detto il mister, deve essere quello di essere sempre competitivi, di crescere di paro passo con le infrastrutture di questo club, che sono di un certo livello.

    E per rispondere alla tua domanda su Daniele, è evidente che sono arrivato qui grazie a lui. E se sono qui, lo devo lui: è la persona che mi ha teso la mano e non potrò che ringraziarlo sempre. Sono felicissimo di essere in questa città bellissima, con una tifoseria davvero fantastica, per certi versi simile a quella dell’Atletico Madrid: sono tifoserie di cuore, è gente che vive di calcio, che gli scorre nelle vene: è gente che difende questo scudo. Sono sicuro che questo potrà essere un lungo cammino insieme, fatto di bei momenti da condividere”.

    Ha affrontato tante volte l’Athletic, l’ultima in Coppa di Spagna: Juric le ha chiesto qualche consiglio per domani?

    “È vero, ho giocato tante volte contro l’Athletic, non solo con la maglia dell’Atletico Madrid ma anche con quella dell’Espanyol. È una squadra con una struttura molto chiara, che fa della lotta, della dedizione, dell’impegno, della solidità del gruppo le sue armi migliori.

    È una squadra che conosco bene, che non fa tante rotazioni, bene o male sono sempre gli stessi e lavorano nello stesso modo. La filosofia e i concetti sono sempre gli stessi, indipendentemente da chi sia l’allenatore.

    È la classica squadra basca che lotta su ogni pallone fino all’ultimo minuto. Ha giocatori veloci, verticali. Ma conosciamo la loro filosofia. È chiaro che dal mio punto di osservazione privilegiato ho potuto condividere con lo staff e con i compagni i punti di forza e le vulnerabilità. Ma sarà importante pareggiare il livello di determinazione, di grinta e di lotta nei duelli e far sì che il nostro talento a centrocampo e in attacco possa risolverci la partita”.

    Eri abituato a lottare per grandi obiettivi: per tua esperienza, questa Roma potrebbe già essere da Champions League?

    “Credo che sia stata costruita una rosa dal potenziale enorme. È chiaro, sono stati presi dei giocatori da altri campionati dove non erano abituati a giocare ogni tre giorni in competizioni così importanti, per cui sarà necessario un periodo di adattamento.

    Sarà quindi importante abituarsi all’idea di competere ogni due, tre giorni a un livello altissimo, ed essere esigenti con noi stessi, per poter apprezzare una competizione speciale come la Champions.

    Giocandoci per tanti anni con l’Atletico, ci si rende conto dell’importanza di quei momenti, di quelle notti, di certe sensazioni che sono speciali sia a livello personale sia a livello ambientale, perché la gente davvero aspetta con ansia quelle partite.

    Per cui, noi dobbiamo alzare l’asticella e dobbiamo porci quello come obiettivo, perché abbiamo una rosa perfettamente in grado di competere a quel livello”. 

    Prima dell’esonero di De Rossi, qualche dirigente ha chiesto a voi un parere sull’allenatore. E nel caso, cosa avete risposto?

    “Sono arrivato qui da poco, non conosco ancora bene la struttura, anche a livello dirigenziale. Noi calciatori attraversiamo la porta dello spogliatoio e il nostro mondo è quello. Non conosco neppure tutte le persone che non fanno parte della nostra quotidianità. 

    Io non sono stato contattato da nessuno, né nessuno mi ha chiesto un parere. D’altronde, non sono io la persona giusta, essendo appena arrivato. Questa è una domanda che va fatta eventualmente ai capitani della squadra, che sono altri, e non a caso portano la fascia, perché nello spogliatoio sono loro a farsi portavoce del gruppo nel bene e nel male. Sono le persone che sono qui da più tempo e che conoscono l’ambiente”.

    Quali sono le prime differenze che hai incontrato rispetto alla Liga?

    “Ogni campionato è diverso. Quello italiano mi sembra a un livello fisico più alto, più forte, fatto più di duelli individuali, con un’organizzazione tattica diversa.

    Il calcio spagnolo è diverso, con una filosofia diversa, che prende piede quando la nazionale spagnola con i propri successi segna una strada: le squadre in campo sono più ampie e si basano molto sulla circolazione della palla, sul possesso. Non è un calcio molto diretto, molto verticale, dove non si rompono così spesso le linee, dove non si porta così spesso palla per oltrepassare una linea, dove non si concentra molta gente in mezzo al campo.

    Per tutte queste ragioni, il calcio italiano richiede un livello di concentrazione superiore, perché a livello di posizionamento in campo il calciatore potrebbe essere più esposto”.