Serie A, Domenica, 15 DIC, 18:00 CET
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Ovunque tu sarai | Alessandro: "I miei 500 km d'amore per la Roma"


Farsi 500 chilometri ogni volta che gioca la Roma. Partendo da Pescara destinazione Olimpico, per poi tornare a casa nella stessa giornata

“Dico sempre la stessa cosa: i sacrifici fatti per amore, non pesano”. Lui è Alessandro Monaldi, 46 anni, romano di nascita, residente a Pescara da tempo per lavoro. Padre di due figli, Nicolò e Lucrezia, rispettivamente di 18 e 14 anni. Figlio a sua volta di un papà – Franco – che gli ha trasmesso la passione di una vita. Quella di seguire ovunque questi due colori.

“Ovunque tu sarai”, come la nuova sciarpa giallorossa. “Quella è una frase stupenda. E mi rappresenta in pieno. Io so perfettamente dove rifugiarmi la domenica o quando quelle maglie scendono in campo. Dove gioca la Roma, io ci sono. E a me piace più andare più fuori casa che all’Olimpico. Cerco di farle tutte, compatibilmente con il lavoro. Siamo stati a Siviglia, a Milano, non a Helsinki”.

Era anche a Verona?

“Sì, nonostante fosse di lunedì. Ma l’orario delle 18.30 un po’ ci ha agevolato per il ritorno. Maciniamo chilometri, davvero”.

Che poi, per lei, per voi, sono tutte trasferte. Anche se si gioca all’Olimpico.

“Beh, sì, anche se ogni volta che veniamo a Roma per i miei figli è davvero una festa. Loro hanno ereditato questa passione dal sottoscritto.

Vivono con gioia sia i viaggi di andata, sia quelli di ritorno nonostante torniamo per le 2 o le 3 di notte. È faticosa sola la mattina quando si alzano la mattina per andare a scuola”.

E a parte la sveglia del lunedì, c’è un’altra difficoltà che incontrate nelle diverse tratte?

“Mi piacerebbe che si giocasse qualche volta di domenica alle 15, succederà ora con Roma-Torino prima della sosta. A parte questo, diciamo il traffico post gara. Consideri che dal casello di Roma a Pescara impieghiamo più o meno lo stesso tempo che intercorre dall’uscita dello stadio fino alla barriera di Roma Est.

Ma per la Roma si fa tutto, per me è sempre stato così. Sia che abitassi a Roma, sia che vivessi fuori”.

Come mai si è trasferito in Abruzzo?

“Per motivi di lavoro. Gestisco da anni una catena di supermercati sul territorio. Sono lontano da casa dal 2000, più o meno.

La stagione dello Scudetto, infatti, me la sono fatta avanti e indietro. Nonostante tutto, non mi sono mai allontanato dalla squadra anche se per qualche stagione non mi sono potuto abbonare per problemi logistici”.

Romanista grazie a...?

“A mio padre. Per anni siamo stati abbonati in Tevere tutti insieme. Poi negli ultimi anni papà ha subito un’operazione all’anca e ha dovuto rinunciare al suo posto, che poi ha preso mia figlia.

Ma a Tirana lo abbiamo portato, anche con mio fratello Simone. Ci siamo riusciti, ed è stata un’emozione fortissima”.

Il fatto di vivere lontano da Roma ha anche rafforzato il sentimento?

“Senza dubbio. Sento l’essere romanista sempre, ma in particolare quando vado fuori per lavoro. Sono spesso a Milano e quando sei lì, notano molto l’accento romano.

La Roma storicamente non ha vinto tantissimo, per questo divento spesso un bersaglio di sfottò, ma reggo botta. In particolare, con i milanisti e gli interisti…”.

Ricorda la prima volta allo stadio?

“Certo, nonostante avessi tre anni. Roma-Ascoli del 1979, vincemmo. Erano le stagioni che stavano per portarci dentro l’epopea degli anni 80. Nella stagione dello scudetto 1982-83 avevamo la tessera in Monte Mario, in quelle che una volta erano chiamate le cabine.

Ero piccolo, ma ricordo tutto molto bene. Andammo spesso anche in trasferta: Firenze, Pisa...”.

Pisa, quella decisiva dopo la sconfitta in casa contro la Juventus.

“Esatto. Fu quella una delle partite cruciali per la vittoria finale. Gol di Falcao che si alza la manica e poi raddoppio di Di Bartolomei.

Sono quasi passati quarant’anni, ed eccoci qui. Con due figli in più, ma la stessa passione di sempre. Io ho sempre fatto così, 500 km d’amore ogni domenica”.