Serie A, Domenica, 15 DIC, 18:00 CET
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Cosa abbiamo fatto noi romanisti in questi 31 anni


Cosa abbiamo fatto in questi 31 anni? No, non siamo andati a letto presto come diceva Robert De Niro. Perché la Roma, dall'ultima finale di coppa, in Europa ci ha giocato quasi sempre.

Non abbiamo guardato Twin Peaks e Don Matteo in diretta e in prima visione. Tanto per citare un paio di programmi storici in mezzo alla settimana.

Era il 22 maggio 1991. Coppa UEFA, Roma-Inter. L’esito è noto ed è riportato negli almanacchi storici. Dopo quella gara, la Roma ha affrontato 31 stagioni, di cui 26 giocando le coppe.

Abbiamo vissuto di tutto. Coppa delle Coppe, Coppa UEFA, Champions League, Europa League fino ad arrivare a questa edizione della Conference League, la prima. 235 partite e 109 vinte.

Serate belle, alcune. Amare, altre. Come nello sport, come nel calcio. Come per tutti. Mai più si era arrivati così lontano, oltre una semifinale.

Quante ne abbiamo viste. Rui Barros a segnarci di testa nel principato di Monaco, la rimonta del Borussia Dortmund dopo la vittoria a Roma. Il gol di Vavra nei supplementari a impresa praticamente compiuta. Ma pure due 3-0 al Barcellona, di cui soprattutto il secondo scolpito nella storia. Dzeko, De Rossi e Manolas, stadio Olimpico 2018.

La notte di Lione contro i campioni di Francia, a loro dire imbattibili. L’entusiasmante serata del Bernabeu di Madrid con Aquilani, De Rossi e Vucinic ai limiti della legalità per quanto forti. Quindi, la beffa con l’Arsenal ai rigori dopo una partita drammatica. La semifinale di Europa League ottenuta battendo l’Ajax di Ten Hag, in tempo di Covid, a porte chiuse.

Sono alcune cartoline, fotogrammi, istantanee, in ordine sparso. In mezzo, 11.326 giorni trascorsi. Sempre da quell’ultima finale europea. Per dare la misura di quanto tempo è passato e di quello che ci apprestiamo a vivere, si potrebbe fare un esempio semplice rapportandolo a chi questa nuova finale la vivrà sul campo.

Solo tre giocatori della rosa di Mourinho erano già al mondo quel 22 maggio 1991, Roma-Inter 1-0. Si tratta di Rui Patricio, Mkhitaryan e Smalling. Il portiere portoghese aveva tre anni, Micki e Smalling due. E Mourinho era un assistente di 28 anni all’Estrela Amadora. Aveva più o meno l’età di Spinazzola e Veretout oggi.

Si sono avvicendati anche 24 volte gli allenatori. Volti nuovi e ritorni. Ottavio Bianchi è il tecnico che guida la Roma in fondo alla Coppa UEFA. Poi, in ordine cronologico: Boskov, Mazzone, Carlos Bianchi, Sella-Liedholm, Zeman, Capello, Prandelli, Voeller, Sella bis, Delneri, Conti, Spalletti, Ranieri, Montella, Luis Enrique, Zeman bis, Andreazzoli, Garcia, Spalletti bis, Di Francesco, Ranieri bis, Fonseca e Mourinho.

Cambiamenti a tutti i livelli, pure presidenziali. La stagione 1990-91 è l’ultima della gestione Viola, con donna Flora a traghettare la società fino al termine dell’annata per poi trasferire la proprietà del Club a Giuseppe Ciarrapico. Successivamente, la coppia di imprenditori Sensi-Mezzaroma a rilevare il pacchetto di maggioranza. Ma durano pochi mesi, Franco Sensi diviene l’unico proprietario rapidamente.

Fino al 2008 resta in carica, dal 2008 al 2011 prende le redini la figlia Rosella. Lei guiderà il Club verso nuovi capitoli. Nel 2011 lo statunitense Thomas DiBenedetto diventa il primo presidente straniero della Serie A. L’anno successivo – nel 2012 – gli succede il bostoniano James Pallotta per arrivare oggi a Dan Friedkin (al vertice dal 2020).

Trentuno anni sono davvero una vita. E per spiegarlo, basta la storia di una vita. Di un ragazzino di 7-8 anni. Un racconto come tanti, che parte da Roma-Broendby, semifinale di quella Coppa UEFA. Un bambino che, insieme al suo papà, aveva visto Rizzitelli e Voeller scaraventare quel pallone in porta che significò finale, superando quel mostro di Peter Schmeichel.

Quel bambino poi cresce e diventa uomo, vede la Roma campione d’Italia per la terza volta, cresce ancora, si fa padre – una, due volte – fino a tramandare inevitabilmente la propria passione al primogenito che – a sua volta – nel frattempo si fa grandicello, 7-8 anni.

Abbastanza per cominciare a capire la Roma. Lo porta allo stadio per Roma-Leicester – semifinale di Conference – insieme all'altro papà, ora nonno, e quel nuovo romanista vede Abraham scaraventare in porta il pallone della finale, segnando al figlio di Peter Schmeichel, Kasper.

Storie e generazioni a confronto, con la Roma a fare da attore non protagonista sullo sfondo, a scandire le varie tappe della vita.

Mercoledì si arriva a Roma-Feyenoord, la gara numero 300 della Roma in competizioni UEFA. Potrebbe essere la chiusura di un cerchio. Magari con un esito diverso da quello di 31 anni fa. Perché in tutti questi anni la Roma è cresciuta. E noi pure tutti, lo siamo. Cresciuti.

Come Francesco Totti. Lui, lo storico numero 10, che 31 anni fa era a bordocampo da raccattapalle nemmeno quindicenne. A Tirana sarà in tribuna, dopo 786 partite e 307 gol con questa maglia.