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"Io, romanista, vi racconto la mia sfida: in bici fino a Capo Nord"


Oltre 4000 chilometri da “macinare”, con il mezzo esclusivo della bicicletta. Partendo da Roma e arrivando a Capo Nord. Pedalando, pedalando, quasi all’infinito, passando per 7 stati diversi.

È l’obiettivo, l’idea, la sfida di Emanuele Mazzucco. Un uomo di 43 anni, dipendente Telecom, una figlia di 12. “Non credo di toglierle nulla, voglio fare questa cosa anche per lei, per tornare una persona migliore”. Amante dello sport, allenatore di calcio e appassionato di varie altre cose. Poi, romanista. Tanto romanista. A tal punto che un giorno si è presentato al Club per riconsegnare un piccolo pezzo di storia. Una copia digitale del film “5-0” di Mario Bonnard.

La pellicola ispirata allo storico 5-0 della Roma alla Juventus a Campo Testaccio del 1931. “Mi sembrava giusto che tornasse a casa”. E dopo quel momento, ha raccontato cosa avrebbe fatto in questi giorni di luglio. “Parto con la bicicletta per arrivare fino a Capo Nord”. Merita di essere seguito, raccontato e supportato. Emanuele è partito da Roma lunedì 5 luglio. Ora sta transitando in Toscana, da Siena a Firenze. Sta compiendo il viaggio della vita, “per un confronto con me stesso prima di tutto. Mi voglio mettere alla prova e vedere fino a che punto arrivo”.

Fino a Capo Nord.

“È quello che voglio fare. Ho stilato un piano quotidiano da rispettare. Circa 70-80 chilometri giornalieri da percorrere. Due mesi di viaggio, circa. Vediamo se riesco ad arrivare fino alla fine, ma se mi dovessi fermare qualche tappa prima andrebbe bene lo stesso. Il ritorno sarebbe in aereo. Sono contento e orgoglioso di quello che sto facendo. Ho ricevuto diversi attestati da tante persone incuriosite, mi sento una responsabilità ulteriore addosso”.

I primi giorni come sono andati?

“Beh, il primo è stato particolarmente complicato. Intanto, perché io la preparazione l’ho fatta percorrendo una pista ciclabile senza portare borse o altre cose appresso. Percorrere la strada con la bicicletta carica di roba è stato inaspettatamente difficile. Però piano piano sto prendendo le misure e andrà sempre meglio con il passare del tempo. Pensa che lunedì avevo perso una sacca dove erano contenuti i miei effetti personali, sono tornato indietro di 40 chilometri – ovviamente con la bicicletta – per andarla a recuperare. È stato un po’ frustrante, perché stavo perdendo terreno, ma ora l’ho recuperato e sono in linea con la tabella di marcia”.

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Come nasce l’idea?

“Sono sempre stato un appassionato di record, di performance. Anche se questa non è una performance. È un viaggio interiore. Voglio capire con le mie forze dove riesco ad arrivare. Dove mi posso spingere. Mi sono dato due mesi di tempo, appunto”.

Perché così lontano? Perché proprio lì?

“Capo Nord è il punto più estremo in Europa, oltre quello non c’è più nulla. C’è il mare, giusto quello. Mi ha sempre affascinato come meta, il nome stesso è iconico e l’obiettivo di arrivarci con la bicicletta mi riempie di adrenalina. E mi arricchirà tanto, perché avrò la possibilità di vedere città meravigliose e posti suggestivi. Mezza Europa, in pratica”.

Nell’anno dell’Europeo itinerante, peraltro. A proposito, vedrai la finale di domenica tra Italia e Inghilterra?

“Sì, senza dubbio. Vediamo dove e in che posto. Quello dipenderà dal viaggio. Per esempio, Italia-Spagna l’ho seguita in un convento a Viterbo dove ho trovato ospitalità. Comunque, per ogni tappa mi fermerò ad un ostello per trascorrere la notte”.

Restando sul tema calcistico, la tua storia romanista?

“È un’eredità di famiglia. Una roba naturale, normale, perpetua. Sono di Roma, tifo la Roma. Tutti i miei parenti sono tifosi. Mia madre parlava sempre della Roma, la definiva “Rometta”, mi dava fastidio questa parola, la trovato dispregiativa. Era la Roma degli Anni 70. Da ragazzino c’era la maestra mia delle elementari che era laziale, mi faceva vedere le foto doppie della Lazio dove c’erano Giordano e Manfredonia”.

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Le figurine doppie erano per le squadre di Serie B.

“Ovvio, negli anni 80 era così. Io sono cresciuto con la Roma di Falcao, di Di Bartolomei. Ho visto e vissuto la finale di Coppa dei Campioni con il Liverpool. Mi sembrava una cosa normale per una squadra così forte. Poi, con il passare degli anni, ho capito che tanto normale non era. In ogni caso, seguo la Roma sempre. Mi piace anche cimentarmi in piccoli montaggi celebrando il romanismo”.

Torniamo al viaggio. Com’è vivere così tanto in solitudine, per tutto l’arco della giornata?

“Fa effetto ed è particolare. Io non parlo quasi con nessuno, non ho nemmeno il modo per tutta la strada che devo fare. Conta che di media vado a 10 chilometri orari, devo arrivare a 70-80. Però un amico tutte le mattine lo sento…”.

Un amico?

“Sì, un mio carissimo amico di vecchia data, che di mestiere fa lo psicologo. Mi fa parlare, mi tiene una mezzora, una quarantina di minuti al telefono. Mi chiede come sto, come mi sento, se sono pronto ad affrontare un’altra sfida. Io ci sto, insomma. E mi farò vivo nei prossimi giorni per aggiornarvi sulle tappe. Chi vuole può seguirmi sui social, Facebook, Twitter, Instagram, TikTok. Basta cercare il mio nome e cognome. Chi vuole scrivermi, mi fa compagnia. Io pedalo, intanto, e macino chilometri”.