Lo stesso ruolo di Spinazzola, per fare un esempio romanista. “Giocatore fortissimo, Leonardo”. Classe 1980, dopo l’ultima stagione al Parma, Gobbi nel 2019 ha deciso di smettere per “stare vicino alla mia famiglia. Quella era la mia priorità”. Tra il 2006 e il 2010 fu giocatore viola della prima Fiorentina di Cesare Prandelli. Nel momento storico migliore dei gigliati negli ultimi 20 anni. Due volte in Champions League, una semifinale di Europa League e diverse altre soddisfazioni.
Cosa le è rimasto degli anni nella Fiorentina? Un momento su tutti?
“Ce ne sono diversi. Tanti bei risultati. Le prestazioni, le vittorie, ottenute giocando un buon calcio. L’ottimo campionato il primo anno, nonostante la penalizzazione per Calciopoli. Ci qualificammo per l’Europa League arrivando fino in semifinale nella stagione successiva. Poi le partecipazioni alla Champions, una volta da primi nel girone. Dal punto di vista personale, non feci molti gol, ma uno lo ricorderete bene…”.
In Fiorentina-Roma del 2008-09...
“Esatto… (ride, ndr). L’altro lo segnai alla Juventus, in casa loro, nel campionato 2007-08. Vincemmo 3-2 con gol mio, di Papa Waigo e Osvaldo”.
Quest’anno Prandelli è tornato alla Fiorentina dopo dieci anni. Lo ha trovato cambiato?
“È arrivato in un contesto diverso dal precedente. Noi eravamo una squadra di un certo tipo, che è stata modellata sulle sue idee e sulle sue scelte. Piano piano è riuscito a ottenere, secondo la sua visione, grandi risultati. Ora è in una situazione critica, ha ereditato una squadra in difficoltà da portare in salvo, in zone tranquille”.
Alcune buone vittorie le ha ottenute, finora. Tipo il 3-0 in casa della Juventus.
“Sì, sta cercando di fare quello che ha fatto nell’epoca mia. Di arrivare ai risultati attraverso il gioco. Lui è quel tipo di allenatore. La Fiorentina ha una squadra di qualità, con ottimi giocatori in tutti i reparti. Ha problemi di amalgama, di gruppo. La difficoltà è soprattutto quella”.
La Roma, invece, come arriva a questa partita dopo il ko interno con il Milan?
“La Roma è una squadra che a me piace vedere e seguire, da osservatore e addetto ai lavori. Gioca bene, ha un’impronta ben riconosciuta e riconoscibile. Ha qualità. Arriva ai risultati con il gioco. Ha giocatori di classe e di visione. È difficile capire cosa manca per fare quel salto in più nei big match ma ritengo che questo faccia parte di un percorso da fare e da completare. Ma la strada intrapresa è quella giusta”.
Da ex interprete del ruolo di esterno, non le sarà sfuggito che la formazione di Fonseca sfrutta spesso le corsie esterne per lo sviluppo della manovra offensiva, con i quinti sempre nel vivo del gioco.
“Vero. In quel sistema gli esterni sono proiettati in fase offensiva. Non è come si dice comunemente, che retroguardia a tre significa poi difendere con cinque uomini. La Roma difende soprattutto con i tre centrali e poi attacca con due uomini in più. Gli esterni della Roma, così come quelli dell’Atalanta anche, sono ali aggiunte. Nel caso della Roma più Spinazzola di Karsdorsp”.
Spinazzola, peraltro, ricopre lo stesso ruolo in cui giocava anche lei.
“È un calciatore che a me piace tantissimo. Ha una facilità di corsa e una velocità impressionanti. Nell’uno contro uno crea sempre pericoli. Inoltre, ha ancora margini di miglioramento enormi. Lo vedo titolare in Nazionale per tanti anni. Come è stato Zambrotta in passato”.
A proposito di passato, per quanto nell’estate del 2010 non divenne un calciatore giallorosso?
“Per pochissimo. Io mi ero svincolato dalla Fiorentina, dunque potevo essere ingaggiato a parametro zero. Scelsi il Parma perché avevo dato la mia parola. Ma quando stavo per andare a firmare il contratto, mi arrivò la chiamata della Roma. A quel punto fu troppo tardi. Declinai l’offerta, decisi comunque di non far saltare gli accordi già presi. Per correttezza fu giusto così”.
Oggi si trova a suo agio nei panni di commentatore tecnico di Dazn?
“Senza dubbio è un ruolo stimolante. Mi piace. Ti fa restare aggiornato su tutto e ti fa guardare in modo diverso le partite, da un osservatorio più distaccato, per trovare ed evidenziare spunti tecnici da portare nelle discussioni. Inoltre, lavorando in tv posso restare a casa con la famiglia per molto tempo. E questo è un vantaggio avendo due bimbe piccole. È la condizione ideale per poter avere del tempo da passare con loro. Per adesso sto bene”.
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In futuro si vede allenatore o dirigente?
“Vedremo, non ho fatto programmi a medio-termine per il futuro. Ho già il patentino UEFA B, che ho preso mentre giocavo. Un’abilitazione che permette di allenare fino alla Serie B. In ogni caso, rispetto ad altri amici o colleghi, non mi è venuta subito la voglia di ritrovare il campo in un ruolo diverso. Magari più in là…”.
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