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75 anni di Nicola Piovani: lui e gli altri romanisti premio Oscar


Nicola Piovani, 75 anni oggi (auguri), è un premio oscar. Romanista.

Il compositore e pianista di Monteverde si aggiudicò la statuetta più ambita in ambito cinematografico nel 1999 per le musiche del capolavoro di Roberto Benigni, “La vita è bella”. Ma non solo, in carriera è stato riempito di riconoscimenti ovunque. Ha prestato la sua arte a diverse altre perle storiche del cinema italiano, musicando – tra i tanti – lavori di Nanni Moretti, Mario Monicelli, i fratelli Taviani, Giuseppe Tornatore, Marco Bellocchio, Giuseppe Bertolucci, Federico Fellini. Il fatto di essere un orgoglio nazionale, non gli ha mai impedito di rivendicare il suo orgoglio romanista.

Piovani è tifoso della Roma, non l’ha mai nascosto in nessuna esternazione pubblica ogni volta che è stato chiamato in causa sull’argomento. Nel dicembre 2012 presenziò alla festa di Natale della Roma – squadra, dirigenti e dipendenti insieme – che si svolse al Capitol Club. E, durante la serata, improvvisò con Francesco De Gregori una versione memorabile de “La donna cannone” con lui al pianoforte. Performance che i soli presenti all’evento potettero godere in esclusiva. E che ispirò De Gregori per l’album “Vivavoce” nel quale coinvolse proprio Piovani per replicare – stavolta in studio – il suo capolavoro con archi e arrangiamenti. Nicola, sempre Piovani, nel 2013 formò la seconda commissione della Hall of Fame insieme a Fabrizio Grassetti, Piero Mei, Fulvio Stinchelli e Piero Torri. Decise con gli altri “saggi” l’ingresso nel gotha giallorosso di Attilio Ferraris IV, Sebino Nela, Giuseppe Giannini e Vincenzo Montella.

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Si diceva, premio oscar. Romanista. Piovani non è stato l’unico. Non si parla solo di personaggi, ma anche di riferimenti o tematiche finiti poi per essere all’interno di una pellicola premiata dall’Academy Award. Per fare un esempio, in principio fu il film “Ladri di Biciclette”, dell’anno 1949. Struggente storia neorealista in bianco e nero di Vittorio De Sica, che si aggiudicò il titolo di “Miglior film straniero”. Non era romanista De Sica e non si conoscono nemmeno le simpatie dei due attori Lamberto Maggiorani e Enzo Staiola. Nel film si fa riferimento a una partita allo stadio Nazionale tra Roma e Modena.

“È una buona squadra il Modena?”, domanda il papà Antonio Ricci al figlio Bruno pensando per un attimo di portarlo a vedere la partita per distrarlo, nonostante fossero in giro a cercare la bicicletta rubata, indispensabile per iniziare a lavorare e a guadagnare soldi in un periodo di povertà generale. Il bambino fa “no” con la testa e i due preferiscono andare a mangiare in trattoria una “mozzarella in carrozza e il vino subito. Oggi se ubriacamo. Se lo sa tu’ madre…”. Una delle scene finali è ambientata all’esterno dell’impianto in zona Flaminio.

Qui è ripreso il deflusso dei tifosi al termine della gara con Antonio che cerca di farsi giustizia da solo rubando a sua volta una bicicletta, ma viene preso di petto poco dopo e accerchiato dai proprietari. L’epilogo non è per cuori sensibili, il piccolo Bruno in lacrime tra le braccia del papà e la disperazione nei loro occhi. A proposito di neorealismo, l’attrice Anna Magnani. Premio Oscar per “La rosa tatuata” nel 1956. Secondo una corrente calcistica della regione, tifosa della Lazio. Mai stato vero. Pedro Manfredini raccontava di averci giocato a pallone a Piazza del Popolo sul finire degli anni Cinquanta. Per testimoniarne la vicinanza ai colori giallorossi.

L’episodio fu reso da Tonino Cagnucci e Massimo Izzi sul libro “Le 100 partite che hanno fatto la storia dell’AS Roma”. Nel 1983, inoltre, Dino Viola – in occasione del decennale della morte dell’attrice – decide di omaggiare uno dei simboli femminili della romanità in occasione della consegna della coppa dello scudetto prima di Roma-Milan 3-1. Al centro del campo Luca Magnani – figlio di Anna – ritira dalle mani del presidente una targa con il seguente testo: “Ad Anna Magnani, artista universale, che nel suo grande cuore ha sempre nutrito la passione giallorossa. La Roma Campione d’Italia dedica il suo ricordo affettuoso”.

Nel 1970 la statuetta, sempre come miglior film straniero, fu consegnata a Elio Petri, regista di "Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto". Petri è stato un altro romanista da raccontare attraverso una storia. Le parole sono dello sceneggiatore Ugo Pirro: "(...) fu ricoverato in ospedale, bastava rispettare l’orario delle visite per entrare nella sua camera, ora era disteso a letto ma il male non sembrava aver cambiato il suo aspetto. Accanto al suo letto quella volta, che fu l’ultima, c’erano con me due suoi amici di sempre: Marcello e Ruggero Mastroianni. Non facemmo altro che parlare della Roma, senza interruzione, avevamo tutti e tre paura del silenzio, delle sue domande, delle nostre menzogne, perché ormai non potevamo che ingannarlo. Ma Elio volle che noi l’ingannassimo sia pure per affetto e per umana pietà, accettò di nascondersi dietro la sua squadra del cuore”.

Più recente, meno toccante, ma tagliente per descrivere usi e costumi attuali della Capitale è “La Grande Bellezza” di Paolo Sorrentino del 2013. “Miglior film straniero” dell’anno con il regista napoletano che sul palco di Los Angeles cita “Diego Armando Maradona” tra i riferimenti della sua vita. Nella sequenza iniziale al Pincio, però, c’è spazio per un titolo della Gazzetta dello Sport sulla Roma: “Allarme per Totti”, è l’apertura della pagina della “rosea” tra le mani di una signora con la sigaretta in bocca. Totti. Roma. Ennio Morricone. Altro maestro eterno. Scomparso nel luglio del 2020 (ricordato dalla Roma su una maglietta indossata dalla squadra in Roma-Parma del campionato 2019-20 con una semplice scritta: “Grazie Maestro”), gli fu riconosciuto l’oscar per la miglior colonna sonora nel 2016 per “Hateful Eight” di Quentin Tarantino.

Un bel tifoso, Morricone. Sosteneva ciò: “Chi nasce a Roma deve essere della Roma. Chi nasce a Viterbo, a Frosinone (...), eccetera è della Lazio. E va bene, è pure giusto”. Nel 2012 – un anno prima di Piovani – fece anche lui parte della commissione Hall of Fame AS Roma per stabilire i primi 11 eletti. Questa la formazione che propose: Tancredi, Cafu, Vierchowod, Brunella (“Brunella era il più forte di tutti, voi che ne sapete”, disse), Rocca, Bernardini, Di Bartolomei, Falcao, Ghiggia, Pruzzo, Amadei. Intellighenzia romanista.