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Tra i processi alle BR e Zico: abbiamo parlato con l'ex giudice sportivo Gianpaolo Tosel


L'ex giudice della Lega Serie A, l'udinese Giampaolo Tosel, si racconta in vista della sfida tra la Roma e i friulani

Addio sentenze. Da cinque anni, ha posato penna e calamaio. Gianpaolo Tosel, 80 anni, una carriera in procura, tre figli e un genero romanista, ha lasciato l'incarico di giudice della Lega di Serie A nel 2016. Friuliano e udinese doc, Tosel continua però a seguire quel mondo del calcio dove entrò proprio mentre mandava a processo 120 brigatisti rossi.

Questa è l'intervista che ci ha rilasciato, in vista di Roma-Udinese.

Qual è stato il suo rapporto con l'Udinese?

"Istituzionale. Ero nella commissione disciplinare che venti anni fa indagò sui passaporti taroccati, sulla naturalizzazione degli oriundi in Serie A (e l'Udinese subì in primo grado l'ammenda più pesante, ndr). Per il resto, al Friuli sono andato raramente. Preferivo vedermi le partite in televisione. A Udine sono conosciuto e così, ogni volta che andavo allo stadio, c'era qualcuno che mi urlava Guardi là giudice, prenda nota! ".

Si parla sempre del rapporto tra Maradona e Napoli, ma cosa è stato Zico per Udine?

"Per Udine, ma direi per tutta l'Italia, è stato il top dei top. È stato un Messi con più fantasia. Siamo ai livelli di Maradona. Tra i dieci grandissimi della storia del calcio, c'è sicuramente Zico".

E della Roma che opinione aveva?

"Mi è sempre stata simpatica per il suo pubblico, per la sua tifoseria, per il modo con cui essa partecipava alla gara e alla vita della Società".

Tra i fuoriclasse della Roma, chi le è rimasto di più nel cuore?

"Quello che mi ha colpito di più è stato Falcao. Per il suo genio. Io sono un amante del calcio tradizionale. Era molto meno fisico di oggi e molto più fantasioso. Una volta, il dribbling era tutto. Ho ancora davanti agli occhi i doppi dribbling di Garrincha. Non c'era nessuno che riuscisse a fermarlo. E non certo per le sue doti atletiche, quanto per il suo estro".

Lei è stato Procuratore della Repubblica. È vero che a volte ha trovato più difficile essere giudice della Lega di Serie A che da Pm in un processo penale?

"Sì. Capii un aspetto del calcio, dove ero entrato da un anno, quando nel 1985 sostenni l'accusa al maxi processo alle Brigate Rosse nell'aula bunker di Mestre. Ero sostituto procuratore presso la Procura di Venezia e vivevo blindatissimo in una caserma dei carabinieri: alzabandiera al mattino, sei uomini di scorta che mi accompagnavamo all'aula bunker di Mestre e mi riportavano nella struttura che mi ospitava. Un giorno, il caposcorta si rivolse a me: Dottore, i servizi di sicurezza ci hanno fatto pervenire una notizia preoccupante per la sua persona, da Bassano.

Trasecolai. Gli risposi che Bassano era la culla degli Alpini. Mi sembrava impossibile che potesse essersi formata proprio lì una nuova cellula eversiva. Il caposcorta riprese la parola: No, no, dottor Tosel, lei ha fatto retrocedere il Bassano e c'è un gruppo che ha detto che gliela farà pagare. Mi domandai in che razza di Paese vivevo: stavo fronteggiando il gotha del terrorismo, avevo mandato alla sbarra 120 brigatisti e dovevo temere quattro esaltati arrabbiati per la retrocessione della loro squadra".

"Quell'episodio mi fece comprendere, però, la portata mediatica che assumevano le mie decisioni in tema di giustizia sportiva. Cominciai, così, a stare più attento alla stesura delle motivazioni, prestando cura a ogni aggettivo, a ogni avverbio che inserivo".

Per concludere, c'è anche un'altra voce che circola su di lei: è vero che ha un genero romanista?

"Tutto vero. Tifa per la Roma. Come se non avessi già in casa tanti problemi (Tosel ride, ndr): due dei miei tre figli sono una juventina e l'altro interista. Si può immaginare quale sia il clima in famiglia...".