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"La Roma non si discute, si ama" nei ricordi di un tifoso 82enne


Dalla Roma di Amadei a quella di Dzeko: un tifoso ci spiega perché la Roma non si discute, ma si ama

"È una lezione. La Roma non si discute, si ama è una lezione condivisa dai veri tifosi romanisti. Perché la squadra va sempre sostenuta". Classe 1938, ex generale dell'Aeronautica Militare, Paolo Pellegrini ha conosciuto ogni Roma possibile: da quella di Amadei, nel post Scudetto, fino alla Roma di Dzeko.

Paolo ha trasmesso questa passione ai figli. Uno di loro è Dado, il comico. È giusto una curiosità all'intervento di un'intervista di respiro maggiore, perché fatta a un tifoso che la Roma non l'ha mai messa in discussione. L'ha amata pure quando è scivolata in B. Ed era un bambino.

Paolo Pellegrini è un testimone, è la rappresentazione in carne e ossa dell'insegnamento più romanista di Renato Rascel: la Roma non si discute, si ama.

A che età ha iniziato a tifare per la Roma?

"A cinque o sei anni. Purtroppo, non sono riuscito a godermi il primo Scudetto".

Come è diventato romanista?

"Difficile dirlo. All'epoca o tifavi per Coppi o per Bartali. E io ho fatto la mia scelta. Andavo allo Stadio Nazionale - quello che oggi è lo Stadio Flaminio - per accompagnare un mutilato di guerra. Avevo 10 anni. È così che ho potuto vedere dal vivo la mia prima Roma, quella di Risorti, Krieziu, Tontodonati e Sundqvist".

Aveva 10 anni. Vuol dire che si ricorda la retrocessione della Roma, nel 1951.

"Sì".

Ricapitolando. Lei, bambino, vede la sua squadra del cuore andare in Serie B. E non si è mai pentito di avere tifato la Roma?

"Assolutamente no. Mai. E ogni caso, sapevamo che la Roma era talmente forte che sarebbe tornata immediatamente in Serie A. Infatti, vinse tantissime partite".

Proprio dopo la retrocessione in B, Renato Rascel disse "la Roma non si discute, si ama". Lei è d'accordo?

"È stato sempre così, per me. Sono talmente consapevole di cosa rappresenta questa squadra che non l'ho mai messa in discussione. Ecco perché, quando sono arrivati gli scudetti, la gioia è stata così incontenibile".

Cosa significa tifare per la Roma?

"La Roma te la porti sempre dentro al cuore. E soprattutto, per lei pretendi che tutti nella tua famiglia condividano con te questo amore. Io non avrei mai potuto accettare il fatto di avere dei figli non romanisti".

Tra loro, Gabriele. Alias, Dado.

"Tifoso romanista, appunto. Lo portavo io allo stadio. Da bambino mi domandava: Papà, perché ti piace tanto Pruzzo? E io gli rispondevo: Perché a Pruzzo prudono i baffi. Quanto gli piaceva questa frase...".

Il suo idolo da bambino qual è stato?

"Il primo è stato Dino Da Costa. Poi Pandolfini e Carletto Galli".

Qual è stata la felicità più grande nella sua esistenza romanista?

"La gioia più bella è stato lo Scudetto del 1983. Riuscii a farmi mandare in missione a Milano, perché si giocava Inter-Roma. Mancavano poche giornate al termine del campionato. Finì 0-0, ma a fine partita ricordo il boato che si sollevò dalla tribuna dove mi trovavo: Campioni, campioni... Eravamo tutti romanisti. Tutti in incognito. Tutti entusiasti".

E qual è stata invece la delusione maggiore?

"Roma-Lecce 2-3, nel 1985-86. Perdere così lo Scudetto fu davvero una mazzata. Ma anche questa sconfitta è parte integrante del mio romanismo".