Lui è stato uno, nessuno e centomila. Leo, Mimmo, Furio, Pasquale Amitrano, Sergio Benvenuti e Manuel Fantoni, Ivano, Piero Ruffolo, Saverio, Bernardo Arbusti, Gregorio Sagonà, Gepy Fuxas. Facce diverse, che hanno raccontato quarant’anni di storia italiana. Le battute dei suoi film sono ormai chiacchiericcio comune nelle discussioni dei romani.
“So’ communista così”, “’sta mano po’ esse’ fero e po’ esse’ piuma”, “Senti ‘st’olive”, “M’hanno fatto un buono…”, “A Fuxas…”, giusto per citarne alcune. Si possono ascoltare ovunque. In un mercato, in una piazza, passando in un posto qualsiasi. E non solo a Roma, Verdone è ormai riconosciuto come uno dei padri della commedia all’italiana.
Non a caso, per questo anniversario così speciale, tutti gli organi di informazione nazionale – giornali, radio e tv – gli hanno dedicato uno spazio, un’intervista e su Sky addirittura un canale che trasmette i suoi film h24. E anche la Roma, ovviamente, lo celebra.
Verdone è romanista fin da bambino, come raccontato da lui stesso in un’intervista ad asroma.com del 2014, quando fu membro della commissione Hall of Fame insieme a Tonino Cagnucci, Massimo Fabbricini, Ruggiero Palombo e Andrea Purgatori. Il 17 giugno 2001 era presente allo stadio per Roma-Parma, ma anche in tante altre occasioni.
Romanista sui banchi di scuola
La passione per la Roma nasce a scuola, grazie a un amico dell'epoca: “Inizia sui banchi delle elementari – aveva svelato Verdone a asroma.com – merito di un mio compagno di allora. Si chiamava Franco e aveva una grande capacità: era bravo a disegnare. Ci sapeva fare davvero. Pensate, quando dalla radiolina sapevamo i risultati delle partite, lui immaginava i gol rappresentandoli su carta. E in particolare, era bravissimo a riprodurre le maglie romaniste, cogliendo ogni dettaglio. E mi colpì molto, dato che io collezionavo figurine Panini.
All’inizio – continua – mi soffermavo su squadre più strane, tipo Pro Patria o Lanerossi Vicenza. Ma poi un giorno successe che questo amico, Franco, mi disse: “Andiamo allo stadio”. E così mio padre ci accompagnò all’Olimpico. Fu un contagio straordinario. Erano gli anni di Ghiggia”.
Anche se la sua squadra – quella del “cuore” – è un’altra: “La mia Roma è quella degli Anni Ottanta. Con Falçao, Conti, Pruzzo e un grande presidente come Dino Viola. Un uomo all’antica, un ottimo industriale. Faceva fare bella figura alla società quando parlava con la stampa”.
La cerimonia Hall of Fame
Il 23 ottobre 2016 annuncia la cerimonia Hall of Fame della Roma da presentatore d’onore, alla presenza di calciatori simbolo del passato romanista. Arcadio Venturi, Giancarlo De Sisti, Sergio Santarini, Toninho Cerezo, Damiano Tommasi. La passerella dei campioni la introduce Verdone, mostrandosi visibilmente emozionato: “Mi avete fatto un grosso regalo – le parole di quella serata – sono veri campioni oltre che amici. Sono molto felice, ho grande stima di tutti loro, sono grandi giocatori che mi hanno portato allo stadio e hanno fatto accrescere il mio amore per la Roma. Quindi grazie. Il romanista – ha aggiunto – ha un sangue molto particolare, ma se si affeziona a un giocatore non lo molla più, soprattutto uno che è attaccato alla maglia come loro. Io non vivo da protagonista, ma da tifoso. Io sto coi piedi per terra nonostante gli anni di cinema, ma la vivo sempre da fan”.
Il calcio e la Roma nei suoi film
Poche volte la passione per il pallone, oltre che per i colori giallorossi, hanno avuto un ruolo nelle sue pellicole. Non è mai stato ai livelli di Carlo ed Enrico Vanzina, per dire, che hanno dedicato sempre un ampio capitolo alla Roma nei loro film. Ma alcune citazioni – nel corso del tempo – non sono mancate. La prima volta che in un suo film si fece riferimento al calcio è nel suo primo lavoro, “Un sacco bello” del 1980. La spagnola Marisol chiede a Leo “Scusa, dove Otello della Gioventus?”. E lui risponde: “Daa Juventus? In che senso?”. Era l’Ostello della Gioventù.
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Ne “I due carabinieri” dell’84, Enrico Montesano per spiegargli la liason con la cugina Rita prova a buttarla sulla metafora calcistica: “Lei era libera, io ero libero e tu… stopper”. Marino, impersonato da Verdone, non riderà e non la prenderà bene. In “Troppo forte” del 1986 si vede qualcosa di romanista per la prima volta nei suoi film. Pur non menzionando mai la Roma in qualche discorso, sui muri del “superattico” di Oscar Pettinari, con vista panoramica “quello è er gas, ma tra due anni se ne vanno e allora tutte chiese, cupole”, sono attaccati alcuni poster della Roma di quegli anni.
“Stasera a casa di Alice” (1990) è noto anche per la battuta in cui il neo padre Saverio cerca di fare la conoscenza del figlio adottivo proveniente dalla Romania, Mircea (“Chiamamolo Marcello…”): “Schillaci… Hagi, di tuo paese. Haaaagi, Schillaci. Insieme, SchillHagi…”. In “Viaggi di nozze” (1995) celebre è il passaggio a Firenze di Ivano e Jessica, in una lussuosa terrazza di un hotel. I due ragazzi, in accappatoio bianco, guardano in direzioni diverse. Poi, Jessica chiede a Ivano: “Ma che te stai a guarda’, Iva?”. “Non riesco a individua’ ‘o stadio”. “E starà daa’ artra parte, Iva’”. “Dichi? Infatti…”.
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È in “Gallo cedrone” del ’98 che la Roma entra in una scena in modo preponderante. Armando Feroci (Verdone) è in coma. E sul letto di ospedali, gli amici di sempre cercano di farlo svegliare con racconti o ricordi del passato. Uno di loro, interpretato da Ernesto Fioretti, gli sciorina a mo’ di cantilena “la formazione della Roma dello scudetto: Tancredi, Nela, Vierchowod, Ancelotti, Falcao, Maldera, Conti, Prohaska, Pruzzo, Di Bartolomei, Iorio. A disposizione, Superchi, Nappi, Righetti, Valigi, Chierico e Giovannelli. Allenatore Nils Liedholm”.
Un altro gli fa eco e va oltre: “Arma’, te ricordi l’ultima domenica de quell’anno, quando te sei arzato in piedi e te sei messo a strilla’ “Semo tutti (BEEP, ndr) daaa Roma”. Te ricordi che boato, Arma’? Sei stato ‘e re doo’ Olimpico quaa domenica, Arma’”. Era un omaggio alla squadra del tricolore 1982-83, quella del “cuore” di Verdone.
Auguri, Carlo.
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