Daniele Martinetti è nella storia del Sassuolo. Attaccante centrale, più di talento che di stazza, è tra i migliori marcatori della storia del club neroverde.
Ha segnato 22 ed è undicesimo tra i bomber del club emiliano, a un gol dal decimo posto occupato da Richmond Boakye, oggi alla Stella Rossa. Ma lui nasce a Roma, cresce come calciatore nella Roma e si affaccia al professionismo proprio in giallorosso. Fece parte della rosa del terzo scudetto, 2000-01, anche se non riuscì mai a debuttare in prima squadra in gare ufficiali. Martinetti, classe 1981, oggi ha smesso – prese la decisione nel 2013 – e lavora come procuratore.
Dispiaciuto per non essere mai riuscito a esordire con la maglia della Roma?
“Beh, un po’ di dispiacere c’è. Ma doveva andare così, evidentemente”.
Capello, all’epoca allenatore della Roma, prevedeva un grande futuro per lei. È vero?
“Il mister stravedeva per me. Nel 2000 mi portò in ritiro con la prima squadra insieme ad Aquilani, Bovo, Bonanni, Amelia. Mi fece fare un bel contratto, anche se trovare spazio in quel reparto offensivo era praticamente impossibile. Quella Roma vinse lo scudetto con Totti, Batistuta, Montella, Delvecchio”.
Andò in panchina in una partita europea di Coppa UEFA, il 27 ottobre 2000.
“Sì, contro il Boavista, in Portogallo. Era l’andata dei trentaduesimi di finale, vincemmo 1-0 con gol di Montella. Poi al ritorno passammo il turno”.
Vedendola da fuori, ma vivendola da dentro, quale fu il segreto di quella squadra che poi conquistò il tricolore?
“Impressionava la tranquillità con cui scendevano in campo la domenica, disarmante. Magari andavano anche sotto nel punteggio, ma era un gruppo talmente forte, composta da grandi giocatori, che poi spesso usciva dal terreno di gioco con tre punti”.
Dall’anno successivo, poi, iniziò la sua carriera tra i professionisti.
“Dopo la Roma iniziai andando al Sora, quindi al Torino in comproprietà, ma giocai pochissimo. Lì la Roma perse il controllo del mio cartellino proprio a favore dei granata. Sono stato anche un anno a Prato, poi Novara, Arezzo, Sassuolo e Varese. Ed è finita nel 2013, a 32 anni. I troppi problemi fisici mi hanno costretto a dire basta un po’ in anticipo. Volevo arrivare in Serie A, ma non ci sono riuscito”.
Un po’ di rammarico, sembra di capire.
“Nel corso del tempo ho avuto diversi infortuni che non mi hanno mai permesso di fare quel definitivo salto di qualità. Problemi alle ginocchia, ho fatto tutti e quattro i menischi”.
Però nel campionato 2006-07 di B si tolse la soddisfazione di segnare due gol a Buffon, fresco campione del mondo, da attaccante dell’Arezzo.
“Fui bravo, ma anche fortunato. Giocavamo in trasferta, all’Olimpico di Torino. Una serata indimenticabile. Andammo sotto 2-0, segnarono Trezeguet e Palladino. Poi entrai io e riuscimmo a pareggiare. Il primo su rigore, l’altro su azione. Non capita spesso di entrare dalla panchina e di segnare due volte in venti minuti, tantomeno a Buffon…”.
Dal 2009 al 2011 a Sassuolo. Che esperienza fu, quella?
“Erano i primi anni di Serie B del Sassuolo. Sono state stagioni belle, intensi, di cui non mi scordo facilmente. Ho fatto gol, anche importanti. Io vestivo la maglia numero 10”.
Che allenatori passarono in quel periodo?
“Io ebbi Mandorlini, Pioli e Gregucci. Lo stesso Pioli che oggi allena il Milan ed è primo in classifica. Con Stefano feci molto bene. 10 gol in campionato, più 2 ai play-off”.
Play-off che la portarono a sfiorare la Serie A.
“Una beffa. Pareggiammo all’andata in trasferta, perdemmo al ritorno in casa. Era già il Toro di Cairo, ci segnò Rolando Bianchi nei due match. E pure io segnai sia all’andata, sia al ritorno. Quando affronti club così blasonati è sempre molto difficile…”.
La sua immagine del profilo di WhatsApp è proprio una foto di lei al Sassuolo. È rimasto tifoso?
“No, a dire il vero quella foto è solo una casualità. Io sono rimasto molto affezionato alla Roma. In giallorossi sono cresciuto, ho fatto tutta la trafila nelle giovanili. E tifo per la Roma, senza dubbio”.
"Della Roma dello scudetto impressionava la tranquillità con cui vinceva le partite"
- Daniele Martinetti
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