Il 10 settembre 1989 è una data speciale. È il giorno in cui la Roma di Gigi Radice inizia a conquistare i cuori romanisti.
È la prima dei giallorossi allo Stadio Flaminio - l'Olimpico viene rifatto per Italia 90 - ed è un debutto esaltante: 4-1 all'Atalanta. L'amore tra i tifosi e quella squadra, e quel tecnico, sboccia così. E non era scontato.
Non era scontato, perché quella Roma avrebbe dovuto essere "provvisoria". L'allora Presidente Dino Viola avrebbe voluto affidarla a Ottavio Bianchi, che però aveva ancora un anno di contratto con il Napoli. L'Ingegnere decise allora di ingaggiare Luigi "Gigi" Radice, 53 anni, di Cesano Maderno. Un brianzolo. Radice, che veniva da un esonero sulla panchina del Torino, avrebbe dovuto traghettare i giallorossi fino all'arrivo di Bianchi.
Il neo tecnico sbarca e annuncia: "Farò una zona mista. Marcheremo a uomo, quando necessario". Il sistema di gioco è un 4-4-2 e la formazione tipo, sulla carta, non è in grado di competere per lo Scudetto. In quel gruppo, però, ci sono dei lottatori. Da Cervone a Nela, da Desideri a Voeller, passando per Rizzitelli. Sono calciatori che in campo danno tutto, come tutto chiede il loro allenatore. Per questo si trovano in sintonia.
Ed è quel "tutto" che consente alla Roma di raddrizzare subito la rotta. L'undici di Radice parte infatti piano. Un pareggio a Udine (1-1), un altro con l'Ascoli sul neutro di Pescara. La Roma comincia a girare forte a Marassi con il Genoa (2-0, doppietta di Voeller). Ma la svolta vera e propria avviene il 10 settembre 1989, al Flaminio.
L'Atalanta passa in vantaggio al 9' con Caniggia. Pare l'inizio della fine, e invece la Roma di Radice emette il primo squillo. In tredici minuti i giallorossi vanno a segno con Desideri, Gerolin e con lo stopper Berthold. Il quarto acuto è di Voeller nella ripresa. Il boato del Flaminio scuote il sovrastante quartiere Parioli.
Dopo il 4-1 ai nerazzurri, la Roma supera anche Bari e Cesena. Radice è primo in classifica. A sorpresa. I limiti di una squadra che non era stata progettata per vincere il campionato si palesano a Milano con l'Inter (3-0), ma la Roma continuerà a regalare momenti emozionanti. Forse perché inattesi. I giallorossi battono la Juventus in casa con una rete di Desideri su assist di Rizzitelli e il 18 marzo 1990 vincono il Derby su cross di Giannini e incornata di Voeller.
La Roma chiude quel Campionato, combattuto fino all'ultimo da Napoli e Milan, al sesto posto, ad appena 3 punti dall'Inter terza. Significa Coppa Uefa, che soprattutto all'epoca, quando solo la squadra Campione d'Italia giocava la Coppa dei Campioni e la vincente della Coppa Italia andava in Coppa delle Coppe, voleva dire molto.
La Roma di Radice, che a fine stagione verrà sostituito da Bianchi, lasciò in eredità alla Storia l'esempio di un gruppo che sapeva reagire alle difficoltà. Un fulgido modello di Roma testaccina.
Per questo, ancora oggi i romanisti le sono così affezionati. Ancora oggi, a 31 anni di distanza dalla partita dove sbocciò l'amore.
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