
Gli avversari sono finlandesi e molti di questi non hanno il calcio come principale attività lavorativa. In ogni caso, all’andata erano comunque riusciti a ottenere un pareggio tra le mura amiche del Tampere Stadium di Tampere. 1-1, reti di Carnevale e Czakon.
Ma il ritorno sarà un’altra storia. Deve essere un’altra storia, se non altro per il blasone delle due formazioni. La Roma nel 1984 aveva disputato la finale di Coppa dei Campioni. E pochi mesi prima quella doppia di Coppa UEFA, contestualmente alla conquista della settima Coppa Italia della sua storia.
Per questo motivo, per quel titolo nazionale vinto, è in Coppa Coppe. Avviene qualcosa di inedito, dal 1927. Dopo 15 minuti, la formazione allenata da Ottavio Bianchi è già avanti di tre gol. Non era mai successo prima, che la squadra giallorossa conducesse per 3-0 dopo un quarto d’ora in una competizione europea.
Al primo minuto il tabellino si aggiorna con un autogol di Mattile, poi ci pensano Rizzitelli e Di Mauro a segnare prima il secondo e poi il terzo. Alla fine il risultato finale sarà Roma 5, Ilves Tampere 2. A chiudere il quadro dei marcatori saranno gli stessi dell’andata, entrambi con una doppietta, Carnevale e Czakon.
Passaggio del turno conquistato, davanti a 24.910 spettatori paganti. Alcuni di questi alla loro prima volta allo stadio perché la gara rientra in quella categoria, “partite tranquille”, dove si possono portare i bambini di sette, otto anni senza correre rischi. L’unica controindicazione della serata è una pioggia incessante, ma le rinnovate coperture dell’Olimpico proteggono abbastanza.
Di fatto, è l’ultima vittoria ottenuta dalla Roma in Coppa delle Coppe. La dodicesima affermazione nella competizione, delle 29 partite totali a cominciare dal 1969 (la Coppa delle Coppe rappresentò anche la prima partecipazione nelle competizioni UEFA per la Roma). Le ultime due apparizioni sarebbero andate in scena nel turno successivo, i quarti di finale, contro il Monaco. Colpo basso (di testa) di Rui Barros, Roma in maglia blu nel Principato. Ma questa è un’altra storia ancora.
Giovanni Cervone: portiere nato a Brusciano, in Campania. L’erede di Franco Tancredi nella Roma, ma con risultati un po’ diversi dal predecessore. Fisico imponente, ottima reattività, cattivo all’occorrenza, però con qualche amnesia di troppo. 246 presenze in giallorosso.
Marco De Marchi: una sola stagione, quella 1991-1992. Approdato dalla Juventus per poi ritornare subito dopo alla base. Si riaffacciò dalle parti di Trigoria vent’anni dopo, nel 2011, come procuratore di Fabio Borini, anche quest’ultimo un solo anno nella Roma. De Marchi, 19 presenze.
Amedeo Carboni: terzino sinistro bravo a spingere, meno a mettere palloni in mezzo all’area di rigore. Ma resta uno che ha fatto la storia della Roma, anche capitano designato nel 1996-97. 230 presenze, 4 gol.
Walter Bonacina: spesso preso a esempio insieme a Piacentini come emblema del centrocampista faticatore, ma con proprietà tecnica rivedibile. In ogni caso, non si è mai risparmiato, uscendo sempre dal campo con il giusto grado di sudorazione. 114 gare, 2 gol.
Aldair: tra i migliori difensori nella storia del calcio e, ovviamente, nella storia della Roma. Incedere dinoccolato, tecnica sopraffina, senso dell’anticipo spaziale. Un top player nella categoria dei centrali. 13 anni di appartenenza alla Roma. 436 partite, 20 gol.
Sebino Nela: l’unico giallorosso ad aver disputato due finali europee con la Roma. Era in campo nel 1984 nell’atto finale di Coppa Campioni contro il Liverpool, presente nella doppia sfida conclusiva della Coppa UEFA 1990-1991 con l’Inter. Questo a dimostrazione della grandezza. 397 presenze, 19 gol.
Thomas Haessler: ala destra atipica. Piccolino, ma fisico compatto. Non velocissimo, però allo stesso tempo dotato di una qualità tecnica sofisticata. Abilissimo nei calci di punizione, campione del mondo nel 1990 a Roma. “Boboroboborobo, Boboroboborobo Tommasino Hessler go’”. 118 gare, 14 gol.
Fabrizio Di Mauro: mediano di qualità, numero 8 spesso sulle spalle, giocava spesso con delle fascette bianche sulle caviglie. Espressione del vivaio romanista, nello stesso periodo storico di Giannini e Desideri. 132 presenze, 9 gol. P.S. Peccato per la stagione 1993-94.
Roberto Muzzi: la fede calcistica era quella sbagliata. Ma pure lui è entrato in alcuni momenti topici nella storia della Roma di inizio Anni 90. Il gol in Coppa Italia al Milan. Nella stessa stagione (1992-93), sedeva accanto a Totti a Brescia nel giorno dell’esordio in A di Francesco. 83 presenze, 12 gol.
Giuseppe Giannini: praticamente tutta la carriera donata alla Roma. Capitano, simbolo e numero 10. Lui, il poster a inizio degli Anni 90. Regista di qualità, visione di gioco e capacità di andare a rete. Le lacrime a Foggia. Non meritava una festa rovinata nel giorno dell’addio al calcio. 437 gare, 75 gol.
Ruggiero Rizzitelli: “Ruggiero bomber vero”. “Rizzi-Rizzi go’”. Arrivato dal Cesena, in giallorosso ha conquistato la ribalta nazionale e scoperto l’amore per questi colori. Ancora oggi rivendica il suo essere tifoso con orgoglio. Casa sua in Emilia è una memorabilia romanista. 211 presenze, 55 gol.