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    7 azioni di Cerezo per dimostrare che il calcio è allegria


    Sono passati quasi 35 anni dalle sue ultime apparizioni con la maglia della Roma, ma Toninho resta nel cuore dei tifosi, che lo ricordano con affetto anche per la battuta sul suo Capodanno del film Vacanze di Natale. Rivedere le sue partite oggi, o magari farlo per la prima volta, ci aiuta a capire che tipo di traccia ha lasciato nel nostro calcio da un punto di vista tecnico.

    Cerezo è stato un calciatore straordinario, completo in tutte le fasi e moderno. Un “volante" (il centrocampista davanti alla difesa nel calcio sudamericano) molto diverso dai colleghi del suo tempo: aveva la visione di gioco per impostare l’azione, qualità necessaria per giocare in quel ruolo, inoltre le eccellenti doti fisiche e tecniche lo rendevano un pericoloso incursore, tant'è che nelle sue 104 partite ufficiali con la maglia della Roma segnò ben 25 volte e fu spesso impiegato in una posizione più simile a quella della mezzala.

    Quando Toninho puntava l'area di rigore in pochi riuscivano a impedirgli di concludere. Prima del suo arrivo a Roma, i tifosi avevano avuto modo di apprezzare le sue capacità nel mitico Italia-Brasile 3-2 dei Mondiali di Spagna '82. In quella partita sfortunata per i brasiliani, Cerezo andò vicino al gol con uno scatto in profondità, ma Zoff gli sbarrò la strada.

    Attaccante aggiunto

    Forza e velocità in progressione erano qualità che sfruttava regolarmente. Roma-IFK Goteborg 3-0 del 14 settembre 1983, per esempio, è la partita che tutti ricordano perché fu l’esordio in Coppa dei Campioni e perché proprio Cerezo segnò una delle reti più belle della storia romanista. Qualche minuto prima di quella perla, Cerezo aveva sfiorato il gol mettendo giù un lancio preciso di Di Bartolomei che aveva colto totalmente impreparata la linea di difesa svedese.

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    Quello che accadde pochi minuti dopo fu una magia, una dimostrazione di creatività e di intesa con l’altro grande brasiliano di quella Roma, Paulo Roberto Falcao.

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    I secondi conclusivi di quella serie di giocate vanno rivisti attentamente. A cominciare l'azione è Conti, che dalla sinistra vede smarcato Cerezo e lo serve spalle alla porta. Il brasiliano intanto ha già osservato il posizionamento dei compagni e ha visto che alla sua sinistra, poco dopo il cerchio di centrocampo, c’è Falcão lasciato solo; così, anziché controllare, e rischiare di perdere un tempo di gioco, fa sfilare la palla dietro di sé con un velo, poi gira intorno all'avversario più vicino e segue l'azione puntando l'area.

    Ma è un’espressione di talento e di genialità anche il contributo di Paulo Roberto, che partecipa all'azione senza toccare la palla: prima lascia sfilare quel passaggio di Conti verso Vincenzi, che nel frattempo controlla e chiude il triangolo a circa dieci metri dall'area, poi il numero cinque ricambia il velo verso Cerezo, che spunta velocissimo alle sue spalle. Falcão probabilmente non può vedere arrivare il campagno di squadra, ma sa che Toninho è lì a raccogliere il suo insolito assist.

    È il comportamento del centrale di destra del Goteborg che ci fa capire l’efficacia di quella serie di finte e veli: dalle immagini lo si vede disorientato, incapace di leggere lo sviluppo dell'azione. E l'attimo di indecisione tra seguire Falcão oppure mollarlo per scalare su Cerezo gli costa caro: Toninho controlla con il destro, poi batte il portiere in uscita con un tocco leggero sul primo palo.

    Calcio e allegria

    Finte e tocchi di prima anche in un altro gol sicuramente meno importante, ma altamente spettacolare segnato a Bari in Coppa Italia due anni dopo (4 settembre 1985).

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    La sequenza dei quattro passaggi di prima che portano al gol di Cerezo è deliziosa. Conti, spostato sulla destra, fuori area, passa al centro: dopo la finta di Gerolin, la palla arriva Boniek che serve di prima in verticale Toninho, abile e smarcarsi alle spalle dei due mediani; il brasiliano, al limite dell'area, tocca di tacco per Tovalieri, che ricambia subito il favore e chiude la triangolazione. A quel punto, Cerezo può calciare di sinistro: pallone sul primo palo e gol.

    San Siro, invece, fu il teatro di uno dei suoi gol più belli, segnato al termine di un'azione personale prova di una sensibilità tecnica non comune. In quel Milan-Roma 2-1 della stagione 1984-85 (14 ottobre 1984), quello con Di Bartolomei e Liedholm per la prima volta avversari, Cerezo a un certo punto decise di fare centro così.

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    Guardate la palla: non c'è istante di questa azione in cui si allontani dai piedi del brasiliano, dalla prima finta al passaggio nello strettissimo corridoio che sfrutta per superare due difensori milanisti, entrare in area e anticipare l’uscita di Terraneo.

    Il tiro da fuori e i colpi di testa

    Chi ha avuto la fortuna di assistere a una partita di Cerezo allo stadio e di vivere quegli anni ha ancora negli occhi i tanti colpi spettacolari del suo repertorio.

    Come il tiro da fuori, tra cui spicca il gol al Verona nella finale di andata di Coppa Italia della stagione 1983-84 (21 giugno 1984).

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    O come il colpo di testa, espressione di forza fisica ma anche opportunismo. In questo modo segnò sette dei suoi 25 gol romanisti, tra cui il primo in campionato nel 5-1 al Napoli del 30 ottobre 1983.

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    Fece gol di testa anche nella vittoriosa finale di ritorno di Coppa Italia del 14 giugno 1986 contro la Sampdoria, ultima volta in giallorosso.

    Al centro del gioco con Liedholm ed Eriksson

    Sarebbe però riduttivo ricordare l’esperienza di Toninho a Roma solo attraverso i suoi gol o gli assist. Nella sua prima stagione in Italia (1983-84), nonostante qualche difficoltà iniziale, la sua intesa con Falcão e Di Bartolomei fu la base sulla quale la Roma costruì la cavalcata che la portò in finale di Coppa dei Campioni. Nella zona centrale del campo, Liedholm poteva contare su campioni nel pieno della maturità, che sapevano interpretare le fasi di gioco e dialogare costantemente: Di Bartolomei era l'uomo che avviava l'azione e che, quando serviva, poteva giocare anche come difensore centrale; Falcão e Cerezo erano il centro creativo della squadra, con licenza di muoversi liberamente in fase di possesso per dare ampiezza, far saltare marcature e aprire varchi.

    Toninho aveva la libertà di galleggiare tra il centrocampo e l’attacco, smarcarsi nei mezzi spazi, e anche compensare i movimenti da punta centrale di Pruzzo: andare in profondità e giocare da nove di fatto oppure supportare il “Bomber” in area di rigore su un cross. Questo lo portò a fare molti gol, ben 14 nel suo primo anno.

    Con Eriksson, dalla stagione 1984-85, la Roma continuò a giocare a zona, ma cambiò stile di gioco: dal controllo calmo e tecnico della “ragnatela” del Barone la squadra passò a un approccio più diretto e a un’applicazione del pressing più continua. Cerezo, nonostante un paio di infortuni che lo costrinsero a saltare alcune partite, dimostrò di adattarsi bene a ritmi più alti e anche una buona intesa con i nuovi compagni di reparto: Di Bartolomei era andato al Milan in estate, Falcão invece era quasi fuori a causa dei problemi fisici; accanto a Toninho c'erano spesso Ancelotti e Giannini.

    La migliore espressione della gestione di Eriksson fu raggiunta nella stagione 1985-86, quando la Roma risolse i problemi in zona gol del campionato precedente (appena 33 reti segnate in 30 partite, di cui 24 su azione) grazie all'arrivo di Boniek e a un ritrovato Pruzzo.

    Quella era una squadra che sfiorò lo scudetto e che nelle sue giornate migliori riusciva a dominare gli avversari con un'intensità fuori dal comune in quegli anni. Ricordiamo, per esempio, partite leggendarie, come il 3-0 alla Juventus (16 marzo 1986).

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    "La mia Roma era una squadra fortissima, che scendeva in campo sempre per vincere e comandare il gioco. Sono stato fortunato a farne parte", ha detto Cerezo in occasione del suo ingresso nella Hall of Fame del club.

    Le sue movenze, la sua andatura dinoccolata e quelle gambe che sembravano ancora più lunghe per via dei calzettoni abbassati sono ancora oggi inconfondibili. C’era allegria nel suo approccio positivo al gioco: Cerezo sapeva entrare in connessione con il pubblico e creare un clima di festa intorno alla squadra, esaltare i romanisti con giocate spettacolari, ma al tempo stesso sacrificarsi per i compagni. Nella storia della Roma ci sarà per sempre un posto speciale per quel brasiliano con i baffi e dal sorriso contagioso.