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Sette piatti da mangiare se vieni a Roma

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Cosa ordinare nella Capitale? Ecco una lista di sette piatti, tipici ma anche moderni, che un turista di passaggionon può mancare di assaggiare

Immaginate di essere un marziano a Roma. Arrivato per il Giubileo o per fare un giro ai Musei Vaticani. Dopo aver incassato il tradizionale disincanto cinico del romano (“ah marzià, e scansate…”), e dopo aver atteso qualche ora un autobus e altrettante ore fuori dai Musei, vi verrà fame. Cosa mangiare nella Capitale? Puntarella Rossa ha approntato una lista di sette piatti, tipici ma anche moderni, che un turista di passaggio (che venga da Milano, dagli Stati Uniti o da Marte) non può mancare di assaggiare.

Spaghetti alla carbonara

I romani vi diranno che è un piatto tipico della tradizione, ma non è vero. Non glielo dite, ma la teoria più accreditata sulla carbonara è che l’abbiano portata gli americani durante la guerra. Comunque sia, a oggi è uno dei quattro primi di pasta che non potete perdervi se venite a Roma (insieme ad Amatriciana, Cacio e Pepe e Gricia). Tre gli ingredienti fondamentali: le uova, il guanciale e il pepe. Se la fate, occhio a evitare l’effetto frittata: l’uovo non va riscaldato in pentola, ma amalgamato fuori. Quanto al guanciale, i romani lo pretendono ma se non lo trovate potete usare la pancetta (acqua in bocca, però). Infine, il pepe. Va spolverato in abbondanza e forse è proprio a lui che si deve il nome carbonara.

Dove: Da Danilo

Il Quinto quarto: rigatoni con la pajata e coda alla vaccinara

Si chiama quinto quarto perché è quello che rimane dell’animale dopo che sono state tolte le due parti anteriori e quelle posteriori: le interiora. Un tempo erano le parti meno pregiate, oggi sono considerate dai gourmet piatti da non perdere. Da segnalare i rigatoni con la pajata (pasta con l’intestino tenue del vitello da latte) e la coda alla vaccinara (coda di bue fatta cuocere per 5-6 ore con due ingredienti fondamentali, il sedano e il cioccolato amaro).

Dove: da Checchino

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Carciofi alla giudìa e alla romana

Una delizia, croccanti e maestosi. I carciofi alla giudìa sono un antipasto classico della cucina giudaico-romana. Si preparano con i tipici carciofi romani, i cimaroli (o mammole), senza spine e teneri. Dopo averli immersi in acqua e limone, si fanno friggere in olio bollente. Alla fine si allargano le foglie e si mangiano, senza scartare nulla. Mangiare una foglia è come mangiare una patatina, se ci passate il parallelo. Altra ricetta tipica è il carciofo alla romana: questa volta non sono fritti, ma cotti in tegame, con un ripieno di aglio, prezzemolo e mentuccia.

Dove: Matricianella, Ba’ Ghetto

Abbacchio alla scottadito (e fritto panato)

Ricetta tipica pasquale, ma non solo, l’abbacchio a scottadito (o allo scottadito) è fatto di costolette (o braciolette) d’agnello cotte alla griglia (il termine scottadito si riferisce, appunto, al rischio di scottarsi rigirando la carne). Ricetta semplicissima, con il solo condimento di olio e rosmarino. Da mangiarsi ben calde.

Dove: da Cesare al Casaletto

trapizzino

Il trapizzino

Lo ha inventato Stefano Callegari, nel suo locale di Testaccio 00100, ed è diventato subito un fenomeno. Un triangolo di pizza bianca romana aperto e traboccante di cucina romanesca: trippa, coratella, picchiapò, polpette al sugo, amatriciana, seppie con piselli, lingua. L’inventore ama definirlo “una scarpetta da asporto” e in effetti è il re dello street food moderno romano, con molti tentativi di imitazione. Dopo il locale di Testaccio, ribattezzato Trapizzino, è nato un omonimo locale a Ponte Milvio.

Dove: da Trapizzino

Il supplì al telefono

Buffo nome: deriva dal fatto che, una volta spezzati con le mani i supplì, la mozzarella (fior di latte) fila e si allunga, proprio come il filo di un telefono (quelli di una volta, naturalmente). Il supplì è una sorta di polpetta di riso allungata, con il riso bollito, condito con sugo di carne e poi fatto raffreddare. La panatura esterna è fondamentale per renderlo croccante e compatto. Attenzione a non confonderlo con l’arancino siciliano, per non suscitare l’ira dei romani: il riso è rosso, per il sugo, e contiene uova. Si trova nelle friggitorie o nei ristoranti come antipasto.

Dove: da Sisini-Casa del Supplì, Sforno, Supplizio

Crostata di visciole

I dolci non sono il piatto forte a Roma. Del resto, i romani son gente de panza e de sostanza e il dessert arriva alla fine di un pranzo (o di una cena) luculliana che lascia poco spazio agli zuccheri. Ma un piatto che dovete assaggiare è la crostata di visciole. Le visciole sono un tipo di ciliegie. Lo zucchero a velo e il ripieno un po’ acido delle visciole rendono questa crostata un must, da provare in ogni stagione. La variante da non perdere è la crostata di ricotta e di visciole preparata dal forno Boccione, del Ghetto.

Dove: Dar Moschino e da Boccione

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