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    Paolo Condò: “Cosa ho imparato collaborando con Totti per la sua autobiografia”


    In un articolo esclusivo per il sito 'The Athletic', Paolo Condò spiega cosa ha imparato collaborando con Francesco Totti nella stesura della sua autobiografia.

    In un articolo esclusivo per il sito 'The Athletic', Paolo Condò spiega cosa ha imparato collaborando con Francesco Totti nella stesura della sua autobiografia.

    Lavorare con una superstar può essere duro, perché ciò che è la normalità per lui, per te è speciale, spesso incredibile. Per nove mesi ho intervistato Francesco Totti, il più famoso e semplicemente il miglior calciatore della storia di Roma.

    Con le nostre conversazioni che hanno spaziato dalla sua infanzia in un quartiere popolare fino alle giornate di gloria della Coppa del Mondo del 2006, non c’è stato un singolo incontro in cui non ci sia stata una sorpresa, un qualcosa che mi abbia lasciato a bocca aperta, che mi abbia fatto dire: ‘ma sei sicuro?’ o che mi abbia strappato un sorriso.

    La notte prima della finale di Berlino, ad esempio, nessuno degli Azzurri riusciva a dormire. Nessuno? Davvero? “Forse Del Piero”, mi ha raccontato Francesco. “Alle due è tornato in camera, scherzando sul fatto che aveva giocato già tante finali e quindi non era così emozionato. Gli abbiamo lanciato ciabatte e cuscini e poi abbiamo continuato i nostri tornei alla PlayStation. Mi sono addormentato alle sei, quindi ho dormito per tre ore prima del risveglio muscolare del mattino. Poi le tre ore del pomeriggio prima di partire per lo stadio sono state decisive. Non solo per me, per tutti”.

    Il libro è andato in vendita alla fine di settembre e da subito è salito in cima alle classifiche di vendita. Per l’evento di lancio è stato scelto il Colosseo, un’esperienza incredibile in un monumento che non aveva mai visto una cerimonia del genere.

    Alcuni passaggi del libro letti da Luca Ward, la voce del Gladiatore, hanno reso il tutto quasi troppo emozionante.

    Totti è così amato dalla sua città (e che città) per non averla mai tradita.

    Ha avuto tre occasioni per trasferirsi in un club differente: al Milan da bambino; alla Sampdoria quando Carlos Bianchi non apprezzava il suo modo di allenarsi; al Real Madrid nel 2005, quando Florentino Perez era pronto per spendere una grossa cifra per averlo. Totti rispose: “No grazie, il mio posto non è a Madrid ma a Roma”.

    E Totti ha pagato il prezzo di restare a Roma per tutta la sua carriera. Ha vinto un solo Scudetto, due coppe Italia e due Supercoppe, troppo poco per uno dei giocatori più forti della prima decade di questo secolo. Ci ha aggiunto la Coppa del Mondo ma non ha mai assaporato del tutto la Champions League, arrivando per due volte ai quarti di finale per essere eliminato in entrambe le occasioni dal Manchester United. Per altri campioni italiani come Paolo Maldini e Alessandro Del Piero scegliere di restare nella stessa squadra era una scelta naturale: giocavano nei club più forti e hanno vinto tanti trofei con Milan e Juventus.

    La storia di Totti è stata differente e la gente lo percepisce.

    Curiosamente, proprio il fatto di aver vinto poco gli permette di essere amato ogni limite a Roma e molto rispettato in tutti gli stadi.

    Clicca qui per la versione completa dell'articolo su 'The Athletic' (in inglese).