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Esclusivo: Florenzi rivive con noi il 2015-16 della Roma

Esclusivo: Florenzi rivive con noi il 2015-16 della Roma

asroma.com ha incontrato il nazionale giallorosso per parlare di tutti i momenti significativi della stagione giallorossa. Sali a bordo e leggi l'analisi sull'anno del nostro Alessandro...

Per un momento, nella notte del 16 settembre Alessandro Florenzi è stato il giocatore più famoso del mondo.

Il giallorosso aveva infatti appena segnato uno dei gol più belli della storia della Champions League contro una delle squadre più forti di sempre e i Vines del suo incredibile tiro da centrocampo diventarono subito virali in tutto il globo.

Se c’era qualcuno all’estero che non conosceva Florenzi prima di quel giorno, dopo quella memorabile rete non fu più così.

MA, a otto mesi da quel momento, come ripensa a quell’istante e a tutta la stagione il campione giallorosso?

asroma.com ha incontrato il nazionale giallorosso per parlare di tutto questo, iniziando proprio dalla prima di campionato a Verona?

“Volevamo subito iniziare bene però il Verona ci diede filo da torcere, riuscì a metterci in difficoltà e così alla fine uscimmo dal campo con un pareggio che non ci fece contenti. Anche se personalmente riuscii subito a fare il primo gol stagionale nella gara del Bentegodi, avremmo voluto iniziare diversamente, con i tre punti”.

Sette giorni dopo arrivò il pronto riscatto con la Juve all’Olimpico: cosa significò quella gara per voi?

“Quel pomeriggio facemmo veramente una bellissima partita sotto tutti i punti di vista e riuscimmo a mettere veramente sotto i bianconeri. Meritammo i tre punti e fummo superiori alla Juventus. La punizione di Pjanic e il colpo di testa di Dzeko rimangono tra i gol più belli della stagione”.

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Poi arrivò QUEL gol…

“Mi è rimasto tutto di quella sera, come se fosse accaduto oggi. Mi ricordo ogni momento di quei due minuti che sono trascorsi dal momento che ho provato quel tiro da sessanta metri all’esplosione dello stadio. Mi ricordo la gente che quasi non ci credeva, mi ricordo anche io che facevo fatica a vedere la palla che piano piano andava a cadere proprio in porta. Portai le mani alla testa, poi arrivò nelle mie orecchie sempre più forte il boato dell’Olimpico e a seguire l’abbraccio festoso dei miei compagni. Personalmente, è stata l’emozione più bella di tutto l’anno”.

Ti sei reso conto che quel gol ti ha reso popolare nel mondo?

“Sì, iscrizione tra i gol più belli dell’anno da parte della FIFA nel Premio Puskas a parte, ho notato che la gente, soprattutto all’estero, mi collega a quel gol…”.

Da fine settembre a inizio novembre un periodo positivo, con 7 vittorie in 6 gare: era una Roma da Scudetto quella?

“Arrivarono tanti risultati utili che ci riportaronoo in alto in classifica e ci fecero ben sperare, pensando anche al gradino più alto della classifica. Unico neo fu la sconfitta a San Siro con l’Inter che fu oltretutto immeritata a mio parere perché avevamo fatto una buona gara e quel tiro di Medel ci punì oltremodo. In quella serie positiva ricordo, tra tutte, la bellissima vittoria all’Artemio Franchi contro la Fiorentina, dove giocammo un calcio diverso dal solito, più difensivo di come eravamo abituati, ma fatto di ripartenze e di cinismo in avanti. Fu proprio una bella serata quella…”.

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Una delle foto di quel match fu la tua esultanza a fine gara con la fascia di capitano al braccio…

“Sì, quella sera fu una delle prime volte che la portavo e quindi era sicuramente un altro motivo di felicità e di orgoglio. A fine partita mi ricordo che andammo tutti sotto il settore ospiti per ringraziare i tanti tifosi venuti in trasferta a sostenerci. Farlo con la fascia ebbe infatti un significato ancora maggiore per me”.

Tornando al campionato, da inizio novembre partì la serie nera di risultati che portò all’esonero di Garcia a gennaio. Cosa successe?

“Fu un brutto periodo per tutti, per noi e per lo staff tecnico. Non si può spiegare a parole cosa sia successo. E’ solo che, magari a un certo punto lui non è riuscito a dare quel qualcosa in più per farci fare l’ulteriore passo in avanti e allo stesso tempo noi giocatori non siamo più riusciti a seguirlo al meglio”.

Altra istantanea di quel periodo, il tuo abbraccio a Garcia dopo l’ultimo successo con Rudi in panchina contro il Genoa: come nacque?

“Fun una iniziativa di gruppo, ideata da tutti. Nello spogliatoio avevamo deciso che chiunque avesse segnato quel giorno sarebbe andato ad abbracciare il mister, in quanto volevamo dare un messaggio a lui che gli eravamo vicini come lui lo era stato per noi nei nostri personali momenti difficili nei mesi e negli anni precedenti. Essere criticato non è mai bello per tutti e volevamo esprimere solo la nostra solidarietà a lui”.

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Esonero a parte, il tuo giudizio sull’esperienza di Garcia alla Roma?

“I suoi anni a Trigoria sono stati fantastici per la Roma perché ha riportato la squadra a competere ad un livello internazionale”.

Al periodo di Garcia appartiene anche la fase a gironi della CL e il secondo posto nel girone: una qualificazione troppo sofferta?

“Non credo, perché siamo riusciti a passare in un girone secondo me difficile, perché, oltre al favoritissimo Barcellona, che come da pronostico ha raggiunto il primo posto, c’era il Bayer Leverkusen che è una grande squadra che fa spesso la Champions League e anche il BATE Borisov che sapevamo che nelle gare in casa poteva dare fastidio, così come poi ha dimostrato. Noi sapevamo che molto probabilmente ci saremmo giocati il pass per gli ottavi nella sfida di ritorno in casa con i tedeschi e così è stato: in quella gara fummo infatti bravi a battere 3-2 all’Olimpico il Bayer e a mettere l’ipoteca sul passaggio del turno. Quello della Champions League è un palcoscenico che una squadra come la Roma dovrebbe calcare ogni anno: disputare queste gare deve essere il nostro pane per il futuro, dove spero che faremo anche meglio nelle prossime stagioni”.

Nella cruciale sfida col Bayer, altra tua immagine da ricordare: tu che non guardi il rigore decisivo battuto da Pjanic sul 2-2…

“Era troppo importante e non mi andava di vederlo. Alle volte succede. Anche i tifosi lo fanno. Forse lì è uscito fuori il mio animo da giallorosso e ho preferito aspettare il boato e non guardare”.

Tornando al campionato, a gennaio l’arrivo di Spalletti. Quale è stato l’impatto del tecnico nei primi giorni a Trigoria, cosa vi ha detto?

“Il mister ci ha detto che eravamo una squadra forte e che non dovevamo dimenticarlo. Ma per esserlo davvero nei fatti e per ritrovare la strada perduta dovevamo lavorare sodo. Così abbiamo fatto e i risultati sono arrivati”.

L’inizio non fu dei migliori: pari col Verona e KO con la Juve. Come era l’umore negli spogliatoi dopo le due gare?

“Il pari col Verona è stato casuale, dato che loro non avevano fatto tanto in partita: ci hanno sottratto quattro punti su sei in stagione, sono stati la nostra bestia nera. Era però la prima partita con Spalletti e secondo me non si deve prendere troppo in considerazione per esprimere un giudizio sull’impatto del mister, visto che con lui avevamo lavorato pochissimo prima di quella partita. Con la Juve invece volevamo impostare la gara diversamente, visto che avremmo voluto imporre di più il nostro gioco: abbiamo invece giocato solo di rimessa e non era quello che volevamo noi e che voleva il tecnico. Ma in quel momento la Juve era più pronta di noi, sotto diversi punti di vista, e poi viveva il momento forse di massima fiducia. Noi comunque non eravamo troppo giù, iniziavamo a entrare nel mood giusto, tanto è vero che da quel momento non ci siamo più fermati”.

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Infatti da Torino in poi sono arrivate le 17 gare utili consecutiva con 3 pari e 14 vittorie: quali di queste sono state le più significative del ciclo?

“Io dico i due successi contro la Fiorentina e contro la Lazio, perché erano due squadre che nel momento in cui le abbiamo incontrate ambivano alle posizioni di classifica che valevano la qualificazione alle coppe europee, tra Champions League e Europa League. Entrambe le squadre poi arrivavano alla sfida con noi con delle buone aspettative, ma noi fummo bravi ad interpretare bene le partite e a fare nostro il risultato con due prove importanti sotto il profilo mentale, atletico e tecnico. Il risultato finale delle due gare, poi, non lascia dubbi sulle prestazioni fatte: due 4-1 netti”.

Ci descrivi le tre principali qualità evidenziate dalla squadra in questo incredibile serie di 17 partite?

“La capacità di tenere palla e comandare il gioco: in questa squadra è stata evidente la voglia di essere padrona del possesso e di cercare a imporre le proprie geometrie. La duttilità, visto che ci sono diversi giocatori davvero interscambiabili in questa squadra che cambiano posizione in campo con una facilità disarmante e che mette però in difficoltà gli avversari che perdono così punti di riferimento. E la facilità di andare in gol, visto che abbiamo attaccanti devastanti in avanti e che siamo andati in gol in ben 17 giocatori quest’anno, non pochi!”.

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A proposito di “attaccanti devastanti”, a gennaio ne sono arrivati due che hanno lasciato il segno, El Shaarawy e Perotti: che ci dici di loro?

“Stephan sapevo che poteva fare bene qui. Lui, che conosco per via della Nazionale, prima di venire mi aveva chiesto un consiglio e io gli avevo risposto che secondo me a Roma avrebbe potuto fare davvero bene e così è stato. Lui era infatti per me il prototipo ideale per sostituire uno come Gervinho che nel mercato invernale era andato via e penso che si sia visto poi in campo. El Shaarawy ha fatto prove davvero di qualità realizzando inoltre 8 gol in 16 gare di campionato, un gol ogni due partite. Su Perotti devo dire che non mi aspettavo che fosse così forte. Lo avevo visto in azione in TV ma non con continuità visto che non avevo ovviamente guardato e studiato tutte le gare del Genoa: sapevo quindi che era un bel giocatore ma osservarlo tutti i giorni dal vivo è un’altra cosa. Per me Diego è un fenomeno”.

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Poco dopo la chiusura del mercato invernale ci fu la doppia sfida col Real negli ottavi di CL: un rammarico averla giocata così troppi pochi giorno dopo l’arrivo dei nuovi e di Spalletti?

“La Champions League non ti aspetta, la devi prendere così come è con tutte le sue difficoltà. A mio parere abbiamo affrontato le due gare con gli spagnoli nel modo giusto, disputando due buone prestazioni. Purtroppo non siamo stati molto cinici davanti, non sfruttando a dovere le occasioni che abbiamo creato, a differenza loro che sono stati bravi a punirci al momento giusto, sia all’Olimpico che al Bernabeu. Alla fine il doppio 2-0 racconta proprio questo. Peccato per le occasioni sbagliate, ma è andata così, dovevamo fare meglio noi sotto porta”.

Una delle istantanee della stagione è il ritorno in campo di Strootman dopo 392 giorni. Cosa ha significato per voi?

“Noi tutti non vedevamo l’ora di rivedere Kevin all’opera perché è una vera macchina da guerra. Non si ferma un attimo: alle volte per chi non lo conosce è quasi fastidioso vedere quanta applicazione mette negli allenamenti. Lavora come un ossesso, ci mette davvero il cuore in quello che fa. Tuitti noi dovremmo imparare da lui come si gioca a calcio e come ci si comporta nella vita”.

Non possiamo poi non menzionare l’uno-due di Totti in tre minuti contro il Torino ad aprile. Fu incredibile…

“Quella sera contro i granata, a cinque minuti dalla fine nessuno pensava più alla vittoria, magari nel pari sì, ma mancava davvero poco. Invece è entrato lui ed in tre minuti ha ribaltato tutti dandoci i tre punti. Siamo davvero contenti di avere Totti con noi. Quando entra in campo la carica te la trasmettono i tifosi che appena lo vedono alzarsi dalla panchina esplodono di gioia e fanno si che l’ambiente diventi speciale. Francesco bisogna vederlo non solo nelle gare ma durante tutto l’anno e capire come si comporta con il gruppo e come ci fa stare bene. Sul campione in campo poi non ci sono altri commenti da fare. Lui ha quel qualcosa in più che lo rende unico.”

A proposito del pubblico, questa stagione è stata particolare visto l’assenza della curva Sud nella gare casalinghe: come l’hai vissuta?

“E’ stata una annata brutta da questo punto di vista perché per noi i tifosi sono fondamentali. La mia non è una frase retorica o scontata: noi abbiamo davvero bisogno di loro, dato che per noi sono realmente importanti. Io spero solo che tutta questa loro situazione si risolva presto per rivederli di nuovo in campo al nostro fianco”.

A livello personale ci ha già svelato che il momento più bello della stagione è stato il gol al Barça: quale è stato invece il top moment di squadra di questo 2015-16?

“La vittoria nel Derby al ritorno per 1-4. Quel giorno facemmo una prestazione davvero importante, surclassando gli avversari, cosa non facile nelle stracittadine. Una gara giocata dal collettivo davvero bene, con pochi errori e una grande qualità. Poi sono arrivati 4 gol per noi, compreso il mio, e non si poteva davvero chiedere di più ad una gara come quella: dominammo e meritammo nettamente la gara”.

Quale è stato invece il momento più brutto della stagione?

“L’eliminazione in Coppa Italia con lo Spezia all’Olimpico, che coincide anche col mio worst moment dell’anno. Non volevamo sicuramente fare quella figura davanti al nostro pubblico. Siamo invece usciti veramente male da quella Coppa che poteva essere invece un trofeo da portare in bacheca a fine anno, peccato. Prestazione e pomeriggio da dimenticare quello, per tutti”.

Considerando alti e bassi della stagione, quale è il tuo giudizio globale sulla Roma 2015-16?

“All’inizio le aspettative erano alte, poi per come è andata l’annata, diciamo che il voto è comunque positivo. In campionato abbiamo provato fino alla fine a raggiungere il secondo posto, ma il Napoli ha mostrato di meritarlo lottando fino all’ultimo. Anche se partiremo dai preliminari, noi abbiamo ad ogni modo raggiunto l’obiettivo della qualificazione in Champions League. Una squadra come la Roma, ha il dovere di partecipare ogni anno a questa competizione”.