“È la speranza che ti uccide” potrebbe essere il motto di ogni tifoso di calcio ma per noi tifosi romanisti è qualcosa di più.
Sono anni che speriamo, che preghiamo perché arrivi il tanto agognato quarto titolo ma, per ora, questa gioia non è arrivata.
Sono passati quindici anni dall’ultima vittoria in campionato della Roma (non chiedetemi di scrivere il nome del titolo perché porta sfortuna e sì, i tifosi sono molto superstiziosi) e in questo lasso di tempo siamo arrivati secondi in otto occasioni.
Cerchiamo di assorbire il colpo: nelle ultime quindici stagioni, per otto volte abbiamo QUASI vinto il titolo, siamo stati quelli che “mancava poco”, quelli che “qualcosa è andato storto”, altrimenti quella volta avremmo vinto noi.
Siamo sì la squadra che non vince ma che gioca un gran bel calcio, come dimostrano i gol fantastici che vengono mostrati negli highlight della sera.
I giornalisti nel mondo parlano di noi, dicono che siamo una squadra che vale la pena guardare, i migliori d’Italia – ma ci manca la vittoria.
È l’ammirazione eccessiva e i sentimenti positivi da parte di tutti nei confronti della nostra squadra (e, ammettiamolo, il desiderio del resto d’Italia di vedere qualcun altro vincere al posto della Juve, per una volta) e la vicinanza emotiva (nel bene e nel male) nei confronti di noi tifosi sofferenti, che viene acuita ogniqualvolta li deludiamo, deludiamo noi stessi e la nostra squadra.
Credeteci, noi tifosi siamo consapevoli di essere una grande squadra ma sentiamo la delusione di queste mancate vittorie nel cuore e nelle ossa, più di quanto possiate immaginare. Ma l’autocommiserazione non riguarda solo noi: per i romanisti ha un significato più profondo.
In questa stagione le speranze saranno ancora maggiori e continueremo a sognare di spodestare finalmente la Juventus, con la sua striscia di cinque campionati vinti consecutivamente, da quel fastidioso piedistallo.
Tifare contro la Juve è il passatempo per eccellenza per chi non l’adora – ossia tutti gli altri – e per anni la Roma ha avuto la possibilità di spodestarla ma non è mai riuscita nell’impresa. Ogni tentativo è stato doloroso e dire che noi tifosi ci stiamo disperando è probabilmente un eufemismo.
Ogni stagione in questo contesto diventa allora sempre più importante per la Roma per fare quel passo in avanti e diventare la prima della classe. Con la nuova stagione sarà quindi ancora più importante. Se falliremo di nuovo, noi romanisti saremo nuovamente a pezzi, per un semplice motivo: questa potrebbe essere l’ultima occasione per ‘il Capitano’ di avere la meglio sui bianconeri.
Ovviamente sto parlando del Numero Dieci, del Bimbo d’Oro, del Re di Roma, di Francesco Totti.
Non serve essere un tifoso della Roma o un appassionato di Serie A per sapere cosa significhi Totti per la città e per i romanisti di tutto il mondo.
Totti è Roma, in tutto per tutto; una rapida ricerca su Google fa emergere moltissimi elogi all’ultima delle bandiere, l’enfant du pays, un romantico in un calcio ormai insensibile.
I romanisti sono essenzialmente dei romantici.
Ci siamo sempre vantati di essere gli outsider nei confronti della Juve (e, in precedenza, di Milan e Inter).
Noi siamo quelli che pochi amano, quelli che pochi apprezzano, quelli che sono finiti spesso secondi. Questo è il motivo per cui mi sono innamorata di questa squadra e dei suoi giocatori: la Roma è infatti sempre riuscita a fa emergere un incredibile senso di lealtà, più evidente nei giocatori romani ma anche in quelli stranieri (basta guardare le risposte di Radja, a Cafu o a Riise quando gli chiedono cosa significa essere un giocatore della Roma!).
C’è qualcosa di speciale nella ‘Magica’ che attrae noi romantici ed è questo intenso amore nei confronti della città, del club e del suo simbolo, Francesco Totti, che continua ad appassionarci.
La mia prima visita allo Stadio Olimpico mi ha consentito di comprendere a fondo quell’amore e quel senso di lealtà. Era il 2003 e per un’inguaribile romantica come me sembrava che le strade fossero piene di immagini di Totti e della Roma: i graffiti che celebravano ancora la vittoria del 2001 erano visibili in ogni angolo della città, ogni passante indossava una maglia della Roma e io non riuscivo a concentrarmi su niente, se non sull’imminente partita.
Il mio amico mi ha assecondato e ha acconsentito ad andare allo stadio due ora prima del fischio di inizio, così da godermi ogni scena e ogni suono nel caldo sole italiano.
Ho comprato almeno tre sciarpe prima di fare l’ingresso all’Olimpico e siamo entrate rapidamente così da poter fare anche una foto con la mascotte Romolo – che mi ha perfino salutata!
Abbiamo trovato i nostri posti nello stadio a quell’ora quasi deserto, a destra della famosa Curva Sud, e mi sono seduta quasi in adorazione, mentre vedevo l’impianto poi riempirsi di tifosi romanisti. Lo stadio si è poi animato con tantissime bandiere giallorosse, con i colori e con i cori. Un settore era pieno di famiglie – mi sono subito affezionata a una ragazzina di dodici anni che ha trascorso gran parte della partita a cantare i cori intonati dalla curva, continuando a guardare verso di loro, aspettando il momento in cui si sarebbe finalmente potuta sedere in quel luogo sacro.
Sono poi risuonate le note di “Roma Roma Roma” di Antonello Venditti, come sempre prima di ogni partita in casa, e non mi vergogno di dire che i miei occhi si sono immediatamente riempiti di lacrime. Era la MIA squadra, la MIA gente e stavo per vedere giocare il MIO capitano.
Totti ha poi segnato, sotto alla Curva Sud, e lo stadio attorno a me è esploso di gioia e di amore.
Mentre correva verso la Curva con quel sorriso che solo un vero romanista può avere in queste occasioni, sapevo che quella città e quei tifosi avrebbero fatto di tutto per quell’uomo. Questa è la squadra che amava da ragazzo e per cui giocava da adulto e tutti in quel momento volevamo semplicemente il meglio per lui.
Da quel giorno Totti e il club hanno vissuto molti cambiamenti, alcuni positivi altri meno.
La fortuna non sembra essere dalla nostra parte. Gli infortuni negli anni a tanti giocatori, tra cui Federico Balzaretti, Kevin Strootman (forza Kevin!) e lo Totti hanno interferito con la nostra lotta per il titolo. E poi c’è da dire che la Juventus ha spesso avuto una squadra forte.
Quei ricordi del 2003 sono ancora freschi nella mia memoria, con la consapevolezza che quest’anno potrebbe rappresentare la fine della storia d’amore sul campo tra Totti e la Roma, tra Totti e i romanisti.
Questa sarà probabilmente l’ultima occasione per una persona come me di andare all’Olimpico e innamorarsi in quel modo di quel giocatore speciale. Certo, la Roma continuerà a essere amata e adorata, anche dopo il ritiro di Totti, ma per una certa generazione di romanisti, Totti è la Roma.
Sì, noi romanisti vogliamo vincere ancora il campionato, per la gloria, la gioia e l’estasi che porterebbe il quarto titolo. Ma, cosa più importante, vogliamo che la squadra vinca per Totti.
Se lo merita.
Nei nostri cuori l’ha già vinto. Ma sollevare veramente il trofeo sarebbe un perfetto finale romantico e hollywoodiano, per noi e per lui.
Questo articolo è stato pubblicato originariamente sul sito internet Unusual Efforts.
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