Sergio Santarini compie 70 anni. Li compie una bandiera della Roma, uno dei membri della Hall of Fame del Club. Omaggiarlo significa sfogliare una margherita (giallorossa naturalmente), con mille petali. Non possiamo mostrarli tutti, ci basta iniziare da uno che ci permetta di far capire quale fosse e per molti versi quale sia, il rapporto che legava e lega il pubblico della Roma a capitan Santarini.
Il petalo scelto riguarda un Roma–Verona del 19 aprile 1978, estremamente delicato per la conquista della salvezza. Dopo quella gara la Roma era infatti attesa da due sfide quasi proibitive contro Inter e Juventus e da una insidiosa trasferta a Bergamo. L’imperativo era vincere per affrontare con tranquillità l’epilogo del torneo. All’ingresso in campo, un ragazzo della Curva consegna un mazzo di fiori giallo-rossi a capitan Santarini, quindi la battaglia inizia. Al vantaggio romanista risponde il pareggio gialloblù e a tre minuti dal termine la situazione è invariata. Eppure dagli spalti - prendiamo a prestito le parole della cronaca dell’epoca di Paolo Caprio - "i più irriducibili dei tifosi giallorossi appollaiati in gran numero sulle panchine della curva Sud continuano a battere come forsennati sui loro tamburi. Cercano di dare la carica alla loro squadra, che però sembra sorda al richiamo. Mascetti, uno dei migliori degli scaligeri, tenta senza tanta convinzione un affondo sulla sinistra, ma trova in Santarini, il migliore dei giallorossi romani, un baluardo insormontabile. Il capitano romanista gli carpisce la palla con eleganza e ripropone un’azione, forse l’ultima della partita, mentre i tifosi insistono nel loro incitamento. Non battono più sui tamburi ma gridano a squarciagola: 'Santarini Argentina. Santarini Argentina'
E’ un segno di gratitudine verso il capitano giallorosso. L’urlo dei tifosi faceva scattare una molla nel libero romanista: come sentisse dentro un presentimento, scattava in avanti...". I tifosi urlano 'Argentina, Argentina', chiedendo la convocazione del loro capitano per i mondiali. Il segretario della Roma lo ha informato che dalla Federcalcio hanno telefonato per chiedere il numero del suo passaporto, ma la Nazionale per Sergio è la Roma. Si butta avanti e raccoglie in tuffo un traversone di Bruno Conti mettendo la palla in rete. E’ un tripudio difficile da descrivere oggi. L’emozione è tale che l’allenatore Giagnoni entra in campo e corre ad abbracciarlo. A fine gara, ancora sul rettangolo di gioco i cronisti lo sentiranno dire: “Oggi Santarini ha dimostrato che certe gare si possono vincere anche con il cuore, come accadeva alla vecchia Roma di cui ho tanto sentito parlare, ai tempi di Campo Testaccio”. Era il 19 aprile, e 19 è un numero che ha sempre portato bene a Santarini.
E’ nato il 10… 9… del 1947 e ha marcato Pelè a Riccione in un’amichevole Venezia–Santos il 19 giugno 1967. Era in vacanza da due settimane, quando lo richiamarono dalla spiaggia: “Ci serve uno per marcare Pelè”. E lo avevano trovato. E pensare che a 13 anni, seguendo le orme di suo fratello, giocava a basket come playmaker. Un giorno l’unico pallone da basket si sgonfiò e lui andò a giocare a pallone con gli amici al campo parrocchiale. Iniziò così la strada che lo portò a quindici anni già nella Nazionale Juniores, quindi alla Serie A, con tre Coppe Italia, la maglia della Roma e quella della Nazionale. E una partita con il Verona… il 19 aprile 1978. Auguri Sergio e sempre forza Roma!
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