Qui un estratto di alcune delle sue parole.
Quando ha pensato di fare il calciatore?
“Quando ero bambino non ci pensavo subito. Fin da quando ero molto giovane però ho iniziato a giocare a calcio per divertirmi e per occupare il tempo libero, poi è diventata una cosa che amavo. Sono sempre rimasto legato al calcio, sono cresciuto con il pallone e sinceramente alle altre cose sinceramente non ci ho mai pensato. Sono contento di quello che ho fatto”.
Perché il nome Radja?
“È un nome indonesiano, quando sono cresciuto ne ho anche capito il significato. Vuol dire ‘Re’, da quelle parti. Non so chi me l’abbia dato, volendo avrei potuto anche cambiare il mio cognome ma ho deciso di tenerlo. Se mi guardi si vede che non sono belga, porto il mio nome con orgoglio perché si nota che sono indonesiano: anche se non ci ho mai vissuto è una parte di me, mi rappresenta”.
Il tuo rapporto con la famiglia?
“Sono cresciuto senza padre quindi cerco di dare il massimo del tempo ai miei figli. Anche perché è un’esperienza che non auguro a nessuno: mia madre mi ha insegnato tanto nonostante io sia andato via di casa molto giovane. Alla fine sono cresciuto in Italia, sono arrivato a 17 anni: lasciare tutto non è stato facile ma ho cercato di crescere e sono maturato prima. Cerco di dare un po’ della mia esperienza di vita ai miei figli”.
Che rapporto hai con tuo padre?
“Lo avevo perdonato, poi alla fine ci ho litigato di nuovo. Ma sono cose molto particolari, mi ha lasciato quando avevo cinque anni e l’ho ritrovato quattro anni fa. Ho provato a dargli una possibilità, ma l’ha sfruttata male quindi per me è finita lì. Penso che in certi momenti della vita bisogna fare delle scelte. Lui ha fatto la sua, un po' difficile, e soprattutto che io ho dovuto accettare per forza, dal momento che ero molto piccolo e non me ne sono reso conto. Poi l’ho rincontrato quando avevo 24 anni, ma non è che ho provato chissà cosa: ripeto, ho cercato di dargli una possibilità ma è arrivata di nuovo una fine”.
Il rapporto con tua sorella?
“Mia sorella Riana gioca a calcio a 5, prima giocava alla Res Roma ma nel mondo del calcio femminile non c’è la possibilità di poter intraprendere una carriera come in quello maschile. Ora gioca soltanto per divertirsi, sta bene e sono felice per lei. Giocava o punta o esterno a sinistra, a calcio a 5 invece gioca in difesa. Per me lei è una persona importantissima, la proteggo anche perché dopo la perdita di mamma si trovava un po’ in difficoltà. Il suo futuro in Belgio era un po' difficile per lei e quindi ho cercato di portarla da me e di darle un futuro qui. Diciamo che lei ha vissuto tutto il periodo in cui mia madre stava male, mentre io ero più concentrato sul calcio. Ora sono contento che sia qui, sono felice dei progressi che sta facendo e di quello che sta costruendo nella propria vita. So che posso contare su di lei: per me è una persona molto importante”.
Chi consideri come i 'tuoi maestri'?
“Somma è stato il primo allenatore che a Piacenza ha iniziato veramente a credere in me. Anche se non ho giocato molto mi spiegava sempre tante cose e ho imparato molto da lui. Poi con Pioli ho fatto il mio primo campionato da titolare e per me è un grande allenatore, mi ci sono sempre trovato bene. Grazie a quella stagione sono partito a buoni livelli. E poi c’è Spalletti, perché l’anno scorso ho fatto il mio miglior campionato, anche a livello di statistiche. Mi ha messo in un altro ruolo, che ho occupato nel migliore dei modi e per me è stata un’annata molto importante”.
Differenze tra Di Francesco e Spalletti?
“Caratterialmente penso che Di Francesco sia un po' più tranquillo rispetto a Spalletti. Nel senso che Spalletti era uno che si innervosiva parecchio, anche se leggeva una cosa sbagliata sui giornali o magari sentiva qualcosa di ingigantito rispetto alla realtà. Di Francesco è uno che guarda soltanto al lavoro, è convinto di quello che fa e di quello che vuole e si basa solo su quello. Le valutazioni vanno fatte su questo anche se siamo all’inizio, il resto non conta”.
Ti manca il gol quest’anno…
“Ho sempre lavorato per ottenere i risultati e dare una mano alla squadra. Il gol fa sempre piacere, ti da ancor più visibilità ma per me l’importante è dare sempre il massimo. Alla fine gli obiettivi sono sempre di squadra. Per me la cosa più importante è ottenere buoni risultati e dare una mano ai compagni e cercare sempre risultati positivi”.
Chi è il tuo idolo?
“Seedorf per me era un giocatore completo. Aveva forza, tecnica, velocità di gioco. Era l’unico giocatore contro il quale non ho mai strusciato palla (ride, ndr). Quando mi sono reso conto anche dal vivo di quanto fosse forte, è diventato ancor di più il mio idolo”.
Il primo gol in Serie A?
“E’ stato subito dopo la perdita di mia madre. Ero a Cagliari, un momento molto particolare e importante per me. Tra i gol più belli scelgo uno dei due con l’Inter l’anno scorso. Belli e sono serviti a raggiungere un risultato positivo”.
La partita più emozionante?
“Quando vinci un derby in generale è sempre molto bello. Poi una delle gare più emozionanti è stata l’ultima dell’anno scorso, quella dell’addio di Totti e della conquista del secondo posto e della qualificazione diretta in Champions. Sono stati due momenti belli, che mi porterò per sempre con me. Pensando all’addio di Totti, magari quelli sono momenti che non vuoi che arrivino ma purtroppo ci sono. È stato emozionante per tutti, da dentro il campo il momento è stato ancora più intenso. Un bel momento da condividere sia con lui sia con tutti i compagni. E poi prima di quel momento c’era stata l’importanza di quella vittoria con il Genoa con la qualificazione in Champions. Fu una giornata completa”.
Parliamo di Totti…
“Lui è stato un giocatore molto importante a livello mondiale. Ovunque andava si sentiva sempre “Totti, Totti!”. Ha guadagnato il rispetto di tutti sul campo, per il campione che era: se l'è guadagnato ovunque e per questo lo amavano così tanto per quello. Tutta la gente che era commossa allo stadio ne è stata la dimostrazione, ha dato tanto. È stata anche dura anche per lui, dopo tanti anni prima o poi la fine doveva arrivare, ma farlo in quel modo davanti a così tanta gente... Oltre ad essere un triste momento perché ha smesso di giocare, è stato anche molto bello, visto che l'hanno seguito in tutto il mondo”.
Che rapporto hai con lui?
“Con Francesco ho un ottimo rapporto, ci sentiamo spesso. Siamo anche andati in vacanza insieme, è una persona molto importante anche per il ruolo che occupa oggi. Dentro lo spogliatoio un po' ci manca, solo per la persona e il nome, perché rappresenta Roma. All’inizio soprattutto è stato particolare e difficile, però ora che ha questo ruolo cerca di essere sempre presente e penso che sia tranquillo. È sempre sorridente, penso che sia contento di quello che sta facendo, ci sta dando una mano a livello organizzativo. Quando abbiamo un problema possiamo sempre andare lui. E’ una cosa buona per noi giocatori avere una figura così, di un ex calciatore che c'è vicino e ci può dare una mano.
Il tuo migliore amico…
“Non posso dire sia il mio migliore amico ma sicuramente una persona con cui ho legato tanto è Miralem Pjanic. Non solo con lui ma anche con la sua famiglia. Ci sentiamo e ci vediamo spesso, caratterialmente è un po’ come me, ci troviamo molto bene”.
Faresti mai la sua scelta?
“Quando ci sentiamo mi dice che sta bene, è in una società vincente, lo hanno dimostrato negli ultimi anni e la storia parla per loro. Ma avrei pensato diversamente rispetto ad una scelta come ha fatto lui. Per me sarebbe troppo semplice andare in una squadra che vince già da anni e vincere lì, come se fosse una cosa normale. Invece io voglio essere protagonista. Vincere qua a Roma contro la Juve sarebbe una doppia soddisfazione. E tutte le scelte fatte in passato le rifarei, sono uno che dice quello che pensa, sono fatto così”.
Invece sei sempre rimasto a lungo nelle squadre in cui sei stato.
“Sono sempre rimasto a lungo nelle società in cui sono andato, ho trovato sempre posti buoni dove vivere. Piacenza era una città piccola, ma essendo stata la prima dopo essermi trasferito dall’estero è stata comunque una bella esperienza. A Cagliari mi sentivo a casa, il clima era bello, la gente mi voleva bene e la stessa cosa vale qui a Roma: non vedo il motivo per cui debba andare via, vivo bene ho tutto quello che mi serve. In questi casi neanche tutti i soldi del mondo ti possono far cambiare idea. E’ una scelta che ho fatto perché penso di vivere bene e avere tutto quello di cui ho bisogno”.
Resteresti a vita alla Roma?
“Potrei firmare a vita per la Roma, anche perché ho rinunciato a tante squadre. Ormai mi sono abituato a tutto. Non ho mai trovato il vero motivo del perché andar via. Poi se la società un giorno decidesse di mandarmi via, non potrei farci niente. In questo momento sono felice e l’importante per me è questo”.