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Tullio Gritti racconta il passato da calciatore e il rapporto con Gasperini


Da poco meno di vent’anni è nello staff di mister Gasperini. Prima come collaboratore, poi da secondo del tecnico di Grugliasco.

Chi ha qualche capello bianco in più, inoltre, lo ricorderà anche da protagonista in campo. Parliamo di Tullio Gritti, l’attuale vice-allenatore della Roma. Di quella stessa Roma incrociata in più di un’occasione da calciatore tra la fine degli Anni 80 e inizi 90. “Ai giallorossi ho fatto tre gol e Tancredi è stato il portiere in Serie A a cui ho segnato di più”.

Centravanti di ruolo, nel massimo campionato ha vestito le maglie di Brescia, Verona e Torino, ma la sua carriera ha conosciuto anche le altre categorie: “Ho sempre voluto la situazione più comoda a livello personale, se avessi fatto altre scelte qualche altra partita in A l’avrei giocata, ma non mi lamento. È andata bene così”. Ed è proprio dai ricordi sul terreno verde che si parte, dato che domenica arriva il Verona, una delle sue ex squadre.

Stadio Flaminio, 25 marzo 1990, Roma-Verona. La ricorda?

“La ricordo eccome perché perdemmo 5-2 e fino a quel momento non mi era mai capitato di subire così tanti gol in una partita con una mia squadra. Noi eravamo in lotta per la salvezza, ma a fine campionato non riuscimmo ad evitare la retrocessione. Di quel giorno ho ancora in mente il calore del Flaminio e della tifoseria romanista”.

Quella fu anche l’ultima partita in cui venne scritto su un tabellino dei marcatori un gol di Bruno Conti. 

“Sì, Bruno fece la prima rete del match, poi la Roma ne segnò altri quattro. Noi accorciammo le distanze solo nel finale con Magrin e Pusceddu. Ricordo che scesi in campo con il mio numero canonico, il 9. Ai tempi la numerazione era ancora dalla 1 alla 11”.

Gritti in Roma-Verona del 1990 al Flaminio (AS Roma/DuFoto)
Gritti in Roma-Verona del 1990 al Flaminio (AS Roma/DuFoto)

Lei ha vestito la maglia gialloblù pochi anni dopo lo storico scudetto del 1985. Solo cinque stagioni dopo quel tricolore la squadra si ritrovò in B.

“Vero, però l’ambiente non ci ha mai contestato. Capivano che la nostra era una squadra che metteva tutto in campo, anche se il verdetto ci condannò. Verona è una di quelle realtà ideali per fare calcio. Città bella, tifoseria appassionata, facendo le dovute proporzioni una Roma in piccolo. Lì comprai casa. Poi, sono stato molto bene anche a Torino, giocando nel Toro nel 1987-88, dove inizialmente nemmeno volevo andare, stavo bene a Brescia. Ma poi il presidente Baribbi mi convinse ad accettare”.

In granata, peraltro, trovò due gol alla Roma, uno all’andata all’Olimpico, l’altro al ritorno.

“Entrambi a Tancredi. In occasione del gol all’Olimpico, ci fu uno scontro di gioco molto forte tra me e Franco proprio su quell’azione. La palla entrò lo stesso in rete. In quella stagione restammo imbattuti contro la Roma, pareggiando in trasferta e vincendo al Comunale. E la Roma di Liedholm si piazzò terza in classifica, mentre noi arrivammo settimi”.

Gasperini l’ha conosciuto incrociandolo sui campi di calcio o dopo?

“Ci ho giocato contro e gli ho fatto gol, quando lui stava al Pescara… Ma il rapporto vero nasce al Genoa nel 2006. Io ero già lì e facevo parte dello staff di Vavassori, mentre lui fu ingaggiato da Preziosi come allenatore. In un primo momento mi affidarono i fuori rosa della prima squadra, dato che i tesserati erano tanti. Successivamente, lui stesso mi propose di entrare nello staff e da quel momento ho sempre lavorato con lui, eccezione per la parentesi di pochi mesi all’Inter in cui il mister non riuscì a portare con sé tutti i suoi collaboratori”.

Gritti con la maglia del Torino all'Olimpico nella stagione 1987-88 (AS Roma/DuFoto)
Gritti con la maglia del Torino all'Olimpico nella stagione 1987-88 (AS Roma/DuFoto)

E qual è la peculiarità che il mister apprezza maggiormente del lavoro che lei svolge?

“Al di là del lavoro quotidiano sul campo, ci sono stima e fiducia reciproca, ci sono sempre state. E ormai basta soltanto uno sguardo per capirci, senza nemmeno parlare. Lavorare con lui ti arricchisce totalmente. È davvero un visionario, riesce a capire in anticipo cose che altri non colgono. Con lui il calcio lo vedi e lo vivi in tutte le sue sfaccettature. A questo proposito, sa cose disse Tuchel dell’Atalanta?”.

Racconti pure.

“Nel 2021, in occasione del Festival dello Sport di Trento, il tecnico tedesco – che ha allenato solo grandi squadre – raccontò questo aneddoto. Per preparare il quarto di finale di Champions League, nell’anno del Covid, guardò per diversi giorni i video dell’Atalanta. E più andava avanti, più ripeteva la stessa cosa ai suoi collaboratori: “Ma è vero che stanno facendo queste cose?” Più ci studiavano, più si meravigliavano”.

Alludeva alle marcature uomo su uomo a tutto campo? 

“Non solo a questo. E poi questa delle marcature uomo su uomo è una barzelletta. Nel senso che non vedi mai il nostro terzino destro che va a correre dall’altra parte del campo per rincorrere il suo avversario. Uomo su uomo sì, ma nella stessa zona di competenza. In ogni caso il discorso tattico è molto più complesso. La forza di Gasp è stata quella di aggiornarsi sempre, andare avanti, non restare ancorato al suo credo. Io ancora oggi mi meraviglio di alcune sue idee. Ha fatto la storia dell’Atalanta, ma anche del calcio italiano degli ultimi 20 anni, non a caso diversi tecnici hanno riproposto alcuni suoi concetti”.

Com’è stato passare da una piazza come quella di Bergamo a quella di Roma?

“La differenza maggiore è nel sapersi muovere in una realtà così grande, con il traffico della Capitale soprattutto… (ride, ndr) Ma ci stiamo abituando. Ed è stato bello, in questi primi tempi, andare in giro per la città con il mister e raccogliere il calore dei tifosi. Stiamo lavorando bene”.