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La conferenza stampa di presentazione di mister Gasperini


Gian Piero Gasperini è stato presentato da nuovo tecnico giallorosso in conferenza stampa presso il centro sportivo “Fulvio Bernardini”.

Ecco le parole dell’allenatore.


Cosa le ha chiesto Dan Friedkin? Le ha chiesto come stare in modo stabile in Champions League? E si è mai chiesto il motivo per cui la Roma non fosse competitiva con la Champions?

“I primi contatti li ho avuti con Claudio, mi ha descritto per filo e per segno la realtà di Roma e di questa società. Delle vicissitudini che ci sono state, alcune positive e altre negative in questi anni. E poi ho avuto modo di incontrare la Proprietà, ho incontrato delle persone che hanno un grande entusiasmo sulla Roma. Non so se questo traspare, ma dalle parole che ho avuto io con loro mi hanno detto che loro spendono molto tempo sulla Roma, è nei loro pensieri, mi hanno detto che hanno dei progetti ambiziosi, che hanno fatto faticato in questo momento a raggiungere. Hanno individuato in me, attraverso Claudio, la possibilità di creare qualcosa di costruttivo, di forte. Ci siamo anche confrontati su quelle che sono le loro idee. È chiaro che sappiamo benissimo di questa situazione di Fair Play Finanziario, di questi due mercati, però è anche una società, una proprietà molto forte, che hanno intenzione di investire sulla Roma, magari in modo più sostenibile di quello che è stato magari in questi anni precedenti, soprattutto hanno voglia di portare la Roma in alto. Questo mi sembra molto sufficiente per poter aver avuto un’impressione favorevole, positiva”.

Che cosa l’ha convinta in particolare a venire qui? E quali timori vede? Magari questa sala stampa così piena. Roma non è Bergamo, ha una sua liturgia particolare, ha dinamiche particolari. Questo la spaventa?

“Tutti quanti da quando sono arrivato mi mettete un po’ in guardia su questa situazione di Roma, di una città difficile calcisticamente per poter raggiungere degli obiettivi, per tutta una serie di ragioni. Io penso che questa debba essere una forza, non una debolezza. Il fatto che voi siate in tanti. Poi mi parlano delle radio, della pressione, ma io da fuori vedo grande entusiasmo, grande voglia di calcio e di raggiungere grandi obiettivi. Tutte queste energie, forze vadano incanalate nel modo migliore. Se negli anni precedenti c’è stata difficoltà a raggiungere degli obiettivi sperati, probabilmente possiamo correggere qualcosa, no? Portare qualcosa nella direzione giusta, che consenta alla Roma di essere più competitiva anche perché le energie che si vedono sono straordinarie. Se il Napoli è riuscito negli ultimi tre anni a vincere due volte lo scudetto, se Parigi è diventata la capitale d’Europa non più per il turismo, ma per il calcio, vuol dire che si possono fare risultati anche altrove. È chiaro che per poterlo fare bisogna costruire, farlo nel modo giusto, mettere tutte le situazioni nella spinta giusta, siccome anche voi siete tifosi della Roma, quindi volete il meglio per la squadra, così come lo vuole chi sta dall’altra parte. Se riusciamo a fare questo, saremo più forti, penso”.

Come pensa di creare il feeling con i tifosi?

“Il feeling con i tifosi penso che ci sia sempre stato. Se ritiene da parte mia, quello che contano sono i risultati. Poi bisogna capire quali sono i risultati. Quello che mi ha spinto ad accettare questa realtà è che possiamo fare qualcosa di giusto, possiamo alzare il livello. Certo che se parto dai risultati che ha fatto Claudio nelle ultime 22-23 giornate, sono stati straordinari. Questo ha fatto capire che ciò che conta di più è la squadra. Lui ha dato una dimostrazione fondamentale, al di là dei singoli, che sono importanti, ma gli stessi giocatori sono stati resi più partecipi. Anche quelli che erano in panchina, tutti aiutavano e spingevano. Questo è un valore da difendere, da mantenere. Ed è la base sulla quale si può fare squadra. E con la squadra ottenere il meglio. Non è che si possono fare programmi a 10 anni, in una piazza come Roma. Bisogna essere più veloci e concreti. Però è anche vero che bisogna prendere la base di oggi, iniziare a far crescere una squadra, sperare che i tifosi si identifichi in quella squadra per come gioca, per come affronta gli avversari, per come vince, a volte anche come perde. Questo è il primo punto che mi pongo, poi il resto verrà di conseguenza”.

Dybala può essere un giocatore della Roma di Gasperini?

“Spero di non cambiare la fisionomia di Dybala, va bene così. Io spero che Dybala stia bene, che abbia una buona salute e una buona condizione. Per lui e per tanti giocatori. C’è un prospetto di squadra che deve essere identificato in tutti i componenti. Dove tutti spingono nella stessa direzione, senza personalismi. E poi ci sono i singoli sui quali con lo staff e tutti ci mettiamo a disposizione per cercare di migliorare chi un po’ di condizione, chi un po’ di tecnica, chi un po’ di tattica, chi di personalità. Se si alza il livello dei singoli, ne trae beneficio anche la squadra. Questo è il mio lavoro da sempre, forse perché ho fatto tanto settore giovanile e questo mi ha aiutato di lavorare sulla prospettiva dei giocatori. Gli obiettivi sono questi. Non ci sono giocatori che non sono adatti, bisogna star bene. Dybala è un grande giocatore, quando ha delle difficoltà anche a voi piace meno. Noi dobbiamo cercare di far stare bene i giocatori il più possibile”.

Che idea ha di Dovbyk e Abraham? E quanto possono crescere? Lei ha valorizzato centravanti come Milito, Zapata, Scamacca, Retegui. 

“Tutti quei giocatori nominati erano giocatori forti. Io non penso di aver mai dato di più a loro di quello che già avevano. Semmai, qualche merito che mi posso prendere è quello di aver tirato fuori loro il meglio di ciò che già avevano. Il fatto che spesso molti attaccanti abbiano fatto bene è anche per il modo di giocare delle mie squadre. Siamo stati sempre tra le squadre più prolifiche del campionato, a volte anche i primi del campionato, questo probabilmente è dovuto dal modo di interpretare il gioco della squadra. Questa è una mia caratteristica che vorrei riproporre sicuramente anche qui nella Roma. Però è chiaro che noi si parte da quello che c’è. Tutte le valutazioni di mercato, le possibilità di variare verranno prese strada facendo”.

Lei sarebbe contento se alla fine di questa stagione si trovasse dopo?

“Penso che il risultato massimo sia la qualificazione in Champions, non credo che per il momento la Roma possa lottare per lo scudetto, poi non si sa mai. Credo che sia quello il traguardo da porci. Ma l’obiettivo per me è quello di rendere questa squadra più forte, con giocatori più possibili da nazionale, più possibili internazionali, costruire un nucleo sempre più ampio di giocatori che possono dare continuità a questa squadra, che possano creare il nocciolo duro sul quale magari il prossimo anno, anche con più disponibilità, poter inserire quelle cose che possono alzare il livello, quei giocatori che per il momento non possono essere trattati, ma che spero che con il tempo la Roma possa arrivare a fare, e questo è il primo programma a cui aspiro. Una squadra che crei un nocciolo forte, duro, compatto, di esempio, che dia forza, che dia continuità, solidità, ad una squadra con giocatori relativamente giovani, poi è chiaro che c’è sempre bisogno di un mix, ma che possano dare veramente tanto. È questo nella mia esperienza ciò che ha portato a crescere le squadre, anche vendendo dei pezzi. Magari la Roma non avrà bisogno di questo, non lo so. Ma se hai del valore dentro, dei giocatori che raggiungono una valorizzazione alta, poi ne trae beneficio tutto il movimento”.

Rispetto all’esperienza all’Inter del 2011, pensa di cambiare atteggiamento o modo di fare?

“Devi dare subito segnali importanti, devi portare la gente dalla tua parte, poi questo non significa vincere tutte le partite o raggiungere traguardi impossibili. Però devi dare un’identità a questa squadra, la gente deve avere fiducia in questa squadra, ma non c’è bisogno di dirlo, deve sostenerla, ma questo l’ha sempre fatto. Questa è l’ambizione più grossa: se riesci a creare questa sinergia con il pubblico e la gente, poi superi meglio le difficoltà che sono dettate dagli avversari. Questo è un campionato difficilissimo, se pensate tutto quello che ha fatto la Roma, ma dietro ci sono squadre che sono rimaste fuori dalle coppe, squadre importanti, ci sono squadre emergenti che stanno spendendo molto per risalire, c’è una corsa più che allo scudetto, alle posizioni Champions che sono quelle per distanziarsi ancora di più e creare un gap con le altre squadre. È evidente che quando entri in una piazza con così tanto entusiasmo, devi entrare forte. Forte significa creare un ambiente forte, con una squadra che ti segue. Se riesci a creare questo, ti senti più forte in tutto”.

Lei sta parlando molto della costruzione di un nucleo squadra. Rispetto ai giocatori presenti attualmente in rosa, che da anni rappresentano uno zoccolo duro, ce ne sono alcuni più sacrificabili di altri?

“Intanto, bisogna partire da quello che c’è che è tanto. Per i risultati ottenuti, per volontà e spirito, e questo è un valore che esiste. E da quello si parte. Poi è chiaro che non possiamo essere gli stessi. È normale che mi aspetto un mercato in entrata che possa portare ad un miglioramento, ad una prospettiva diversa, a dei giocatori che costituiscano il nucleo vero, poi questo farà parte anche di un mix, non è che sarà rivoluzione in tutto, però la Roma deve ambire ed aspirare ad avere nuovi elementi che possano portare in alto la squadra”.

Che profilo di calciatori intende andare a cercare sul mercato?

“Sono pochissime le squadre che possono permettersi di andare a prendere i giocatori già affermati, i giocatori te li devi costruire molto spesso in casa, devi prendere giocatori emergenti con possibilità che possano crescere, raggiungere dei traguardi. È evidente che se sei una squadra di alto livello, di andare a prendere giocatori che raggiungano quegli obiettivi. Che siano giocatori da nazionale, che siano giocatori internazionali, che nelle coppe siano elementi di spessore, di valore. Questo è il programma che si vuole arrivare a fare. A volte anche con calciatori emergenti. Ricordo, ad esempio, Mancini e Cristante, due che ho avuto, in quel momento sono andati via dall’Atalanta abbastanza presto e sono andati in nazionale. Io vorrei che questi ragazzi, indipendentemente dall’età, abbiano come obiettivo, non tanto di difendere quanto fatto finora, che quello comunque rimane, ma di fare la miglior stagione, la miglior stagione possibile, la miglior stagione della loro carriera. Non è ancora arrivato il momento di accontentarsi e di gestirsi, è il momento di raggiungere l’obiettivo migliore anche se hai 30 anni. Non sei vecchio. Anche se ne hai 22 e vuoi scalare delle posizioni. Questo deve essere lo spirito. Se riusciamo a mettere tutto questo, abbiamo più possibilità. Parto da una base fortunata, che è quella fatta da Claudio, e che è stata una dimostrazione. Come gli stessi giocatori abbiano avuto un cambiamento di prestazioni e di risultati. Se subentrano quei valori, quelli sono i valori che ti permettono di raggiungere i traguardi. Il resto è solo difendere le posizioni e questo non è sufficiente”.

Si è fatto un’idea di come far tornare il sorriso a Pellegrini? Su dove utilizzarlo in campo? E su Soulé, dove lo vede meglio come ruolo?

“Pellegrini in questo momento è infortunato. Ma vale per lui e per tutti gli altri, devono avere lo spirito e la mentalità di fare la miglior stagione. A voi piace il Pellegrini quello che calciava, entrava, faceva gol. Magari vi piaceva meno il Pellegrini in difficoltà. Soulé è un giocatore offensivo. I giocatori offensivi devono fare gol, assist, prendere rigori, far ammonire gli avversari. Devono essere giocatori d’attacco, oggi nel calcio moderno si attacca e si difende. Nel calcio moderno conta essere squadra. Ciò che stiamo vedendo del PSG è straordinario. Ha perso Messi, Neymar, Mbappe e sta raggiungendo traguardi che non ha mai raggiunto nella sua vita. Anche con dei ragazzi forti, selezionati, ma credo che il calcio sia questo. Il Napoli che ha vinto lo scudetto lo ha vinto da squadra. Ci poteva essere magari una squadra più forte o meno, però è stata una squadra. E così gli esempi migliori. La Roma stessa è stata una squadra. Questi sono i principi, non c’è altro. Oggi il calcio cambia ad una velocità che non ci accorgiamo, devi andare forte, all’estero vanno forte. Il calcio italiano, se oggi ha qualche problema, l’Atalanta ha vinto un’Europa League dopo che erano 25 anni che una squadra italiana non la vinceva, un brutto segnale. A parte la Conference della Roma. Dal 2010 in Italia non riusciamo a vincere una Champions. Forse ci dobbiamo togliere un po’ di luoghi comuni, iniziare a vedere le cose anche in un’altra ottica. Quello che funziona è altro. E quindi dobbiamo andare su quella strada lì, secondo me”.

Quanto c’era di vero nell’inserimento della Juventus prima di firmare per la Roma?

“Sì, però ho avuto la sensazione che questa fosse la strada giusta, al di là di tutti i rischi che continuamente mi vengono elencati. Ho pensato che per la mia carriera, per il modo di esprimermi di fare calcio, di incidere, doveva essere e poteva essere la situazione giusta, fantastica, da poter percorrere. Ho messo davanti questa situazione, era quello che cercavo, di cui avevo bisogno e ho la convinzione di aver fatto la scelta giusta”.

Ha capito che tipo di problema può aver avuto qui Juric, che poi ha preso il suo posto all’Atalanta?

“La mia esperienza è diversa, anche se con Juric abbiamo condiviso tanti anni da giocatore lui e da allenatore io. Poi c’è stato anche un momento in cui lui mi ha fatto da vice. Però sono anche passati tanti anni, nel frattempo le esperienze sono state diverse. È vero, il mio modo di vedere calcio è quello, ma negli anni si è evoluto di molto. Ci sono due aspetti. Se vuoi aspettare la squadra che perda palla o se vuoi andarla a conquistare. E su questo si gioca. Ma sono validi tutti quanti, ho visto squadre vincere o perdere giocando sistemi diversi. Quella che è la mia caratteristica è stare senza palla ci sto un po’ male, ma non sempre è possibile, quindi devi saper fare un po’ di tutto. Se mi chiede qual è la cosa ideale è aver la palla noi e andarla a prendere alta, però nel calcio devi saper fare un po’ di tutto. Per me è stato un motivo vincente. Ma adesso lo fanno in tanti, ci sono dei grandi cambiamenti nel calcio e devi avere una grande duttilità. Il calcio si evolve sempre. Cosa non ha funzionato con Juric? Questo non posso saperlo, lo saprà meglio lui”.

Quale il suo pregio e quale difetto vorrebbe eliminare? E cosa proverà ad affrontare l’Atalanta da avversario?

“Mah, fortunatamente la incontreremo a gennaio, quindi c’è un po’ di tempo. Il pregio che mi sento di attribuirmi è che lavoro, che mi piace lavorare, mi piace lavorare in campo, quando magari fai qualcosa e te lo vedi in campo o nel giocatore, mi piace convincere i giocatori, non ho mai imposto nulla a loro, ho sempre cercato di convincerli. Molti risultati che ho ottenuto è che loro abbiano tratto giovamento da questo. Il merito è stato sicuramente loro con prestazioni e risultati. Sui difetti… faccio fatica (ride, ndr). A volte me la prendo troppo, ma non sempre è un difetto questo”.

Come pensa di organizzare la preparazione atletica? Con gradoni tipo Zeman?

“Ma io non ho mai fatto fare un gradone in vita mia (ride, ndr). Quando giocavo nel Palermo, mentre noi facevamo il torello in mezzo al campo, vedevamo i ragazzi della primavera che facevano i gradoni, ma non li ho mai fatti. Anche su questo. Intanto, non è mai morto nessuno (ride, ndr). Come ho detto prima, per me è importante che i giocatori si divertano, che abbiano la gioia di fare il mestiere che più ci piace, in più lo fai con la Roma, quindi ti devi sentire molto fortunato. L’allenamento è fondamentale, è importante. Come in tutte le professioni, per migliorarsi. È fatto in funzionare di stare bene, poi per cercare di migliorare la prestazione, non può essere un problema allenarsi. Deve essere anche un divertimento perché il gioco del calcio deve essere divertente. Forse l’esempio di Pellegrini, se non sorridi non puoi giocare a calcio. Come i brasiliani che ridono sempre: se un brasiliano è triste, non può giocare a calcio. E quindi anche un giocatore di calcio deve avere sempre un bello spirito come in tutto lo sport. Bisogna creare quel clima di lavoro, di crescita l’uno con l’altro, di trasmettersi uno con l’altro le migliori situazioni per poter migliorarsi. È finalizzato a questo, non deve essere altro, anche un bel clima. Non deve essere mai un clima teso. Ci sono gli avversari da superare. Gli avversari sono fuori, non sono quelli dentro, bisogna arrivare sempre con un bello spirito perché i risultati da ottenere sono difficili e sono tutti belli armati”.