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    De Rossi: “Non siamo qui per fare le comparse, dobbiamo giocarci una semifinale”


    Giovedì alle 21 la Roma scenderà in campo contro il Milan per l’andata dei quarti di Europa League.

    Queste sono state le parole di mister De Rossi alla vigilia del match.


    Qui, lei ha giocato tante volte. Venendo in questa nuova veste a San Siro, quali erano i pensieri?

    “Era lo stadio che volevo rivisitare. Anche in una delle mie prime interviste avevo detto che mi era dispiaciuto che avessimo già giocato con l’Inter e con il Milan. Poi, il fato e il nostro percorso in Europa ci hanno permesso di tornare in questo stadio che forse mi trasmette mi trasmette qualcosa di diverso rispetto a tutti gli altri, a parte quelli che ho sentito miei nella mia carriera, uno qui in Italia e l’altro in Argentina.

    È un posto magnifico per fare calcio, trasuda gloria, sia che ci giochi l’Inter sia che ci giochi il Milan: hai la sensazione che chi è venuto qui ha visto grandi calciatori, ha visto grandi notti di calcio. Siamo contenti di stare qua”.

    È un vantaggio o uno svantaggio giocare la prima fuori casa?

    “Si è sempre detto quanto fosse meglio giocare la seconda in casa. Credo che, con il fatto che non esistano più i gol che valgono doppio in trasferta, questa differenza si sia molto assottigliata. 

    Ma è come la storia del calendario: prima o poi devi giocare con tutti. E così qui: una volta devi giocare in casa e l’altra fuori casa, e devi essere pronto, al di là del fattore esterno, del calore, a preparare la partita sapendo che ce ne sono due”.

    A che punto è Smalling?

    “Sta bene, si allena con noi. L’ho fatto entrare al Derby non per centellinare i minuti, ma perché pensavo che avessimo bisogno dei suoi centimetri, della sua qualità difensiva. Sta bene, è un giocatore come gli altri.

    Il discorso di gestirlo era più legato al fatto che domani saremo senza Evan, squalificato e Dean, che non è in lista. Eravamo quindi con pochi centrali. E schierandolo dall’inizio, hai sempre il dubbio che poi ti ritrovi a giocare questa partita con due soli centrali: Mancio e Diego.

    Il pensiero è stato quello. Le altre decisioni le prenderemo in funzione della partita. Ma lui sta bene, può giocare come tutti gli altri, si allena forte, e ultimamente molto forte. Siamo soddisfatti del suo recupero e di come si è allenato tra il rientro del secondo infortunio che ha avuto e la riatletizzazione. Ha spinto molto per tornare nel gruppo. Sono veramente contento di lui”.

    C’è molta curiosità di vedere le sue scelte sulla fascia sinistra, dove il Milan è particolarmente temibile, dove la Roma potrebbe attaccare e dove c’è da capire, in virtù anche del fatto che Paulo spesso rimane sul centrale in pressione, come andarli a prendere. Quante ore di sonno le ha tolto e sta pensando a qualcosa di particolare?

    “Siamo consapevoli della forza di un po’ tutti i giocatori del Milan e che lì a sinistra, quando hanno la palla, possono fare male a chiunque. Il discorso non è legato a Paulo ma al sapersi muovere, al sapere arrivare con i tempi giusti dove questi calciatori preferiscono giocare. 

    Penso anche che, se uno ha la fortuna di allenare un giocatore così (Dybala, ndr), deve chiedergli sacrificio, corsa, impegno, duelli vinti, ma non deve neanche snaturarlo troppo, rovinandogli la condizione atletica e mentale per farlo correre dietro agli altri, perché penso che anche loro avranno tanta paura di lui.

    Ho una foto sul mio telefonino, è uno screenshot di Instagram: Paulo ha affrontato 9 duelli nel Derby, ha lottato come fanno i leader veri. Questo per me significa tantissimo. Non è mai abbastanza, è il dovere loro, ma quando vedi questi giocatori di qualità diversa dagli altri buttarsi con il sedere per terra, fare delle scivolate, rincorrere tutti, avere quel tipo di trasporto sia nei 70, 75 minuti in campo, sia in quelli che ha vissuto in panchina, e anche dopo il fischio finale, ci fa sentire tranquilli.

    Poi sta a me dirgli quando, dove e come fare la guerra, e magari non metterlo a fare tutta la fascia con Theo Hernandez”.

    Cosa teme tatticamente del Milan? E in cosa sente di essere umanamente cambiato, in questi tre mesi da allenatore della Roma?

    “Del Milan temo la grandissima qualità dei loro calciatori, e anche del loro gioco. Conosco il loro tecnico da tanti anni, e quello che mi sorprende, che me lo fa ammirare così tanto, è che l’ho conosciuto quando allenava una squadra piccola e portava punti in una certa maniera. Poi l’ho rivisto in una squadra un po’ più grande - il Bologna, non sbaglio – ed era già evoluto in base alle qualità dei suoi giocatori.

    Poi, l’ho rivisto alla Lazio, all’Inter, e alla vittoria dello Scudetto, con una qualità incredibile. Secondo me, si è sempre evoluto, si è sempre migliorato, è sempre stato al passo con la squadra che aveva. E così è tutt’oggi. Il Milan è una squadra armonica, che gioca. Al di là dei momenti di difficoltà che hanno passato qualche mese fa, è una squadra che ha ritrovato condizione e che, quando vince, gioca bene. Dovremo quindi fare una grande partita dal punto di vista del gioco, del carattere, della personalità, ma cercando anche di portarli a giocare dove non gli piace.

    Quanto alla domanda su di me, questi tre mesi non mi hanno cambiato ma mi rendono ogni giorno felicissimo. Non mi cambia la maniera di affrontare la vita. Una volta ho parlato del fatalismo romano – ‘ va sempre male’, ‘tanto perdiamo’, ‘abbiamo vinto oggi ma perderemo la prossima’ - e mi sono reso che anche io facevo questo esercizio ‘deviato’ con me stesso, quando mi dicevo: tanto questa squadra non ti prende, non ti vuole, è sfortuna; questa altra squadra non ti prende perché sei troppo giovane. Tutte le porte in faccia prese in questi sette mesi mi hanno portato qui.

    Ogni tanto bisogna anche rendersi conto di quanto si è fortunati, perché la fortuna è una parte importante della nostra vita, e quando questa arriva c’è da mostrare il proprio valore. Ma, ogni tanto, ci piangiamo addosso. E invece, se guardo alla mia vita, sia personale sia professionale, è andato sempre quasi tutto bene”.

    Hai fatto gli stessi punti di Pioli, da quando siedi sulla panchina della Roma. Questo ti fa pensare di poterla giocare alla pari o incide la differenza in classifica?

    “Intanto, grazie a Dio, domani non c’è il peso della classifica, e di un divario da recuperare, perché sono due competizioni diverse. È ovvio che, se loro negli ultimi anni hanno fatto più punti di noi, gli va riconosciuto come un loro valore universale. 

    Ma noi siamo qui e dobbiamo giocarci il passaggio a una semifinale. Ho letto da qualche parte che noi non abbiamo nulla da perdere: noi abbiamo tutto da perdere. La Roma ha da perdere una semifinale. Non siamo qui per fare le comparse.

    In campionato, dici che vai a San Siro e che il pareggio può essere un buon risultato. Ma qui non esiste il pareggio. Dovremmo essere un po’ machiavellici per pensare di fare due pareggi, arrivare ai rigori e qualificarci. Quindi, in una maniera o nell’altra, e quando parlo di una maniera o nell’altra dico analizzando tutto quello che è il nostro potenziale e tutto quello che è il loro, dobbiamo provare a vincere domani. O se non sarà possibile domani, dovremo provare a portarci al prossimo turno tra sette giorni a Roma”.

    Ha dovuto placare la sbornia da Derby? E come sta Mancini, sia fisicamente sia per le polemiche eccessive di questi giorni?

    “Sono partito subito un po’ aggressivo con loro sul fatto di rimanere con i piedi per terra, perché la vittoria al Derby ogni tanto a Roma ci ubriaca un po’ e ci fa pensare di essere troppo bravi, perché la gente la festeggia come se avessimo vinto 10 partite, perché per loro vale 10.

    Ma non c’è stato bisogno, perché erano tutti molto allegri, che è quello che chiedo io: grande entusiasmo, sorrisi. Ma poi sul campo sono andati forte. 

    A me basta che vadano forte in campo, che prestino attenzione quando spiego la strategia di gara, o la formazione, parlo di qualche contromossa: erano attenti.

    In campo sono andati forte, si sono messi a disposizione, hanno fatto recupero. Ho grandissima fiducia in loro. Vederli sorridere un po’ di più non mi fa vedere i fantasmi o pensare che possano essere leggeri, molli domani. E ci aiuta il fatto che giochiamo una partita altrettanto importante.

    Magari, avremmo dovuto fare questo lavoro qui (psicologico, ndr) se avessimo giocato con l’ultima in classifica: qualche paura l’avrei avuta. Ma se non trovi stimoli per un quarto di finale a San Siro, è grave. 

    Il Mancio sta bene, non ha avuto contraccolpi, è felicissimo. Ha accettato, come tutti noi, la decisione del giudice sportivo. Ho visto che è stata raccolta una somma per aiutare quei ragazzi che sono venuti a trovarci a Trigoria (la Locanda dei Girasoli, ndr) e sono felice. Faccenda chiusa, è roba di Derby, è andata bene così. 

    Lui sta bene fisicamente e mentalmente, e non potrebbe essere diversamente, quando si decide un Derby in quella maniera e si diventa paladini di una città come Roma”.