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    De Rossi: “La squadra è serena, ha lavorato forte, c’è voglia di rivalsa”


    Daniele De Rossi ha risposto alle domande dei giornalisti in conferenza stampa, alla vigilia del Derby.

    Queste sono state le sue parole.  


    Come si stanno approcciando i giocatori? E quanto cambia questa partita da allenatore?

    “Cambia, onestamente cambia. Con gli anni, ero diventato abbastanza brava a gestirla. E mi rendo conto che, al di là del ruolo, credo che sia proprio un vantaggio dell’età, perché anche oggi mi sento abbastanza tranquillo, nonostante sia ovviamente emozionato per affrontare una sfida così bella.

    I ragazzi la stanno approcciando bene, sono sereni, lavorano forte. Cerchiamo di dare equilibrio, insomma, di caricarla al modo giusto, ma di non andare troppo oltre per non disperdere energie troppo presto, e soprattutto per non arrivare in campo troppo carichi”.

    C’è un Derby in positivo e uno negativo che ti sono rimasti dentro da calciatore?

    “Ce ne sono tanti. Tanti episodi. Ci sono state tante notti fantastiche e tante altre meno belle. Soprattutto se giochi 20 anni in un posto, non puoi pretendere che siano solo ricordi positivi.

    Visto che oggi è il primo, tendo a ripensare al primo che ho giocato, quello in cui sono subentrato e Mancini ha fatto il gol di tacco. Veramente, a fine partita pensavo di essere l’uomo più felice del mondo. È stata veramente un’emozione bella. Ero un ragazzo giovane, avevo 20 anni se non sbaglio, ma sono cose che non dimentichi.

    In mezzo, c’è stato talmente tanto che tirare fuori solo un episodio sarebbe riduttivo. Ho giocato davvero tanti Derby. Ricordo con piacere il fatto che nei primi anni lo soffrivo. Era forse l’unica partita in cui entravo in campo un po’ teso. Poi, con gli anni ho iniziato a giocarli: bene o male, ma ho iniziato a giocarli. Mentre i primi tre, quattro Derby non li ho giocati veramente”.

    Conoscere il Derby rende più facile o più difficile prepararlo? E questa partita si prepara più sulla testa o più sulle gambe?

    “No, devi preparare tutto. Devi preparare una partita normale, sapendo che non ha conseguenze normali o che si porta lo stesso stress di un Roma-Sassuolo. C’è qualcosa di diverso.

    Specialmente per noi, in questo periodo c’è un passato non positivo nei Derby. Stavo leggendo qualche numero che, onestamente, da tifoso non ricordavo, come gli zero gol negli ultimi tre, quattro Derby.

    Quindi, anche nei ragazzi che li hanno vissuti in campo c’è una voglia di rivalsa. Dobbiamo alimentarla, ma non andare troppo oltre perché dopo c’è da preparare una partita di calcio contro una squadra forte, perché la Lazio è una squadra forte e quindi dobbiamo rimanere lucidi, per poter essere una squadra di calcio anche noi”.

    Il suo attacco ha sempre prodotto moltissimo in questo percorso che sta facendo, ma in queste ultime partite ha segnato solo un gol: è una casualità o dipende dall’assenza di Dybala? E come stanno i suoi attaccanti?

    “Nelle ultime tre partite abbiamo fatto due gol. E tre partite fa, abbiamo fatto due gol a Firenze”.

    No, ci metto anche Brighton. Tre partite complessive.

    “Ah, ok. Penso che anche con il Lecce, una delle gare peggiori che abbiamo fatto, abbiamo creato tre, quattro occasioni da gol – un paio clamorose e un paio che sarebbero potute andare meglio – e non abbiamo trasformato in occasioni da gol quattro, cinque situazioni al limite dell’area. Poi, ovviamente anche il Lecce ha creato…

    Penso che possa succedere in una partita. Con il Sassuolo idem: in una partita che non è stata la migliore avremmo potuto fare tanti gol. Penso che non ci siano problemi da parte dei nostri attaccanti. Stanno tutti bene, a parte Azmoun. Sono quindi molto fiducioso.

    In tutte le partite non si fa gol con gli attaccanti o con un reparto: si fa gol da squadra. Ed è quello che ci ha aiutato ogni volta che abbiamo fatto delle belle gare, delle belle vittorie: abbiamo attaccato veramente in undici e continueremo a fare così.

    Abraham? Vedremo in allenamento, vedremo quali sono le direttive dei professori che lo hanno seguito fin qui, per capire se ha bisogno di altri giorni di allenamento con la squadra o se ce lo lasciano convocare. Per quello che vediamo noi, è a posto, fa tutto quello che fanno gli altri giocatori. Però, per infortuni così lunghi ci sono delle scadenze, e a volte vanno rispettate al giorno, mentre altre si possono accorciare un pochino, ma solo perché lo vedi meglio. Comunque, oggi capiremo”.

    Lei dice sempre che Proprietà, CEO e Presidente sono molto vicini: si sono fatti sentire in questa pausa per le nazionali per parlare del futuro oppure no?

    “Si sono fatti sentire, abbiamo parlato molto spesso del futuro della Roma, del futuro a breve termine, del nostro futuro in questo campionato. Ho capito il senso della tua domanda…

    La pausa per le nazionali ci è servita per far quadrare i conti per il futuro più importante per noi, che è quello che accade da qui a due mesi”.

    Che Lazio si aspetta? L’assenza di Zaccagni e la posizione di Anderson può influire sulle sue scelte?

    “È sicuro che non giochi Zaccagni? Io non lo so”.

    Sì, è sicuro.

    “Ok. Anche su quello non riusciamo a fare delle ipotesi, perché non sappiamo chi stia effettivamente male, ma per partite come queste stringi i denti e magari ce lo troveremo in campo comunque.

    Abbiamo veramente poco per fare delle ipotesi sulla Lazio. Ci stiamo concentrando tantissimo su noi stessi, sapendo che però incontreremo un tecnico che non ha iniziato ad allenare due partite fa: ha una sua filosofia, penso che la stia cercando di trasmettere ai suoi giocatori.

    Non troveremo una squadra che giocherà per 90 minuti come giocava il suo Verona, perché magari ci vuole tempo per arrivarci, però i giocatori che ha messo in campo nelle prime partite sono di tutto rispetto. Potrebbe fare un mix di queste due gare.

    Noi stiamo preparando tatticamente quello che abbiamo visto e quella che penso che sarà la strada che prenderà. Ma delle ipotesi vere e proprie sulla formazione non le sappiamo fare, perché abbiamo visto veramente poco finora.

    Ci sono tante cose che prepari. A volte, in base alla formazione dell’avversario cambi un giocatore: per esempio, loro hanno un calciatore velocissimo e tu metti il più veloce che hai; hanno un calciatore altissimo e tu metti il difensore più alto che hai. O, semplicemente, a volte hanno uno che difende meno e tu prepari la partita cercando di attaccare proprio lì, o viceversa.

    Ma non cambieremo, non ci stravolgeremo: non l’abbiamo mai fatto finora. Potrebbe succedere quando affronteremo calciatori particolarmente unici, per i quali avremo un occhio di riguardo. Affronteremo la partita in maniera simile alle ultime”.

    Che allenatore è Tudor, secondo lei?

    “Entrambi siamo subentrati e non abbiamo avuto tantissimo tempo per lavorare. Soprattutto con le coppe di mezzo, di allenamenti veri e propri ne abbiamo fatti pochi. Lui ovviamente meno di me, perché è arrivato dopo.

    Ho grande stima nei confronti di Igor, penso che sia un allenatore importante, con la sua idea ben precisa. Viene da una figliata di allenatori che vede forse in Gasperini il capostipite. Quella corrente lì. Credo che sia un allenatore intelligente, perché sa che non con tutti i giocatori, non con tutte le squadre, tu puoi programmare un tipo di calcio come quello fatto a Verona. Magari, si adatterà alla squadra che ha trovato, almeno nel breve raggio d’azione, in futuro non lo so. Sicuramente, è un allenatore che stimo ed è una persona con la quale ho un buon rapporto”.

    L’approccio alla gara potrebbe essere un aspetto fondamentale. A Firenze, con il Sassuolo ma anche a Lecce abbiamo assistito a tre primi tempi non entusiasmanti per sua stessa ammissione. La preoccupa questo aspetto, ci ha lavorato? 

    “Ne abbiamo parlato di queste cose, ma credo che ci siano discorsi tattici da affrontare per queste partite che hai citato. All'inizio, quando sono arrivato, mi dicevate che nel secondo tempo calavamo. Forse, abbiamo puntato troppo sul secondo tempo e ci siamo indeboliti sul primo (il mister sorride, ndr).

    A parte gli scherzi, vanno affrontate determinate cose. Penso che anche la mia analisi post Fiorentina lasci il tempo che trova, quando ho detto che ‘sì, abbiamo sbagliato, ci siamo messi a tre’, e poi abbiamo visto che a Lecce abbiamo sofferto giocando a quattro. Penso che sia un discorso che vada fatto di partita in partita.

    So quali sono i problemi che abbiamo incontrato in determinate partite, ma penso anche che stiamo parlando della Serie A, e in Serie A - sapendo da dove eravamo partiti, conoscendo la situazione in cui ci trovavamo due mesi fa, situazione di difficoltà oggettiva - andare a passeggiare a Lecce, a Firenze, a Torino non è facile.

    Forse ci riesce l’Inter, o forse no. Ci sono anche gli avversari. A volte, hanno la meglio per 45 minuti, altre spendono tutto nei primi 45 minuti e poi calano nel secondo tempo e ti lasciano di più il pallino.

    Penso che sia abbastanza normale soffrire un tempo a Firenze: abbiamo visto che fatica ha fatto l’Atalanta in Coppa Italia l’altra sera, che è una squadra incredibile.

    È giusto che pensiamo a quello che sbagliamo noi, a quello in cui possiamo migliorare, però per avere un quadro più completo dovremmo analizzare anche quelli che sono i nostri avversari: a voi il Lecce sembra una squadra piccola, ma è difficile andarci a giocare, per le caratteristiche dei suoi giocatori, per la preparazione alla gara che hanno fatto, per l’importanza che avevano quei punti in casa loro, e anche per la oggettiva difficoltà ambientale: c’era tanto vento, il campo era molto duro. Sono tutti piccoli fattori che, messi insieme, ti possono portare a soffrire. Poi, secondo me, a parte qualche contropiede regalato da noi, nel primo tempo abbiamo sofferto ma nel secondo già eravamo tornati a essere un'altra squadra”.

    Volevo sapere quale tipo di approccio hai con gli arbitri e se ne hai parlato con la Società. Avete una strategia con il Club?

    “Non ho una strategia, ho una gestione degli arbitri e gli do il tempo che merita, perché io gli arbitri non li posso migliorare, non li posso allenare gli arbitri, non posso far sì che poi la volta dopo prendano la decisione giusta. Che poi non è quello che vogliono gli allenatori, che vogliono una decisione a favore (il mister sorride, ndr).

    E quando poi capita quello che è successo a Lecce, che per me è chiaramente un danno, a volte si può analizzare e a volte meno. Ci sono momenti nei quali vanno analizzate e vanno dette in sala stampa e altri nei quali non vuoi parlare dell’arbitro perché vuoi focalizzarti su altre cose. Non vuoi che i giocatori pensino che sia colpa dell’arbitro, perché ci sono tante altre cose da migliorare prima dell’arbitro.

    Penso di essere, da giocatore prima e da allenatore adesso, una persona che sa fare un discorso sano, e non uno che si fa annebbiare dal risultato negativo o positivo, o dal vantaggio o dallo svantaggio che trai da una decisione arbitrale.

    Penso di poter parlare con loro in campo. Non protesto come fanno gli altri: quando un mio giocatore butta fuori la palla, non alzo la mano e dico che la rimessa è nostra. Cerco di protestare solo davanti all'evidenza. A volte, l'evidenza non è reale.

    Ma in questo caso (l’episodio del rigore non concesso a Lecce su Zalewski, ndr) avevamo ragione. Abbiamo i tablet e tu vedi subito tutto. Quindi, ti senti un po’ libero di protestare un po’ di più. Ma lì mi fermo.

    La Società parla con me anche di questo, affrontiamo questi discorsi quotidianamente. Lo abbiamo fatto con Lina (la CEO Soulouku, ndr) e Maurizio (Lombardo, il Chief Football Operating Officer, ndr) due giorni fa. Uno prende decisione, assume una posizione, si mette di traverso se un episodio come quello di Lecce si ripete ogni settimana.

    Penso che sia stato il secondo episodio in Italia che avrebbe potuto essere deciso diversamente, dopo quello di Firenze (il rigore assegnato alla Fiorentina per il contatto con Belotti, ndr). Non c’è niente di clamoroso per ora, non sono preoccupato dalle decisioni arbitrali.

    Sono più preoccupato, come ho detto nel post Lecce, della direzione, della gestione del regolamento. A noi calciatori, a parte allenarci, dovrebbero usarci come cavie per far sì che il calcio sia uno sport migliore, più giocabile. Non c’è nessuno al mondo che sa riconoscere l’entità di un contatto, l’importanza di un fallo, la sua tatticità, più di un giocatore. Calciatori, e soprattutto ex calciatori, dovrebbero unirsi agli arbitri che hanno grande esperienza per poter stilare un regolamento più riconoscibile, perché la zona d’ombra, quella di grigio, è quella che ci dà più fastidio, che crea più polemiche.

    La frase che sento dire tante volte è: se fischiava il rigore, era rigore, ma non avendolo fischiato, vuol dire che non lo era. E questo è un controsenso molto comodo, ma molto pericoloso”.

    C’è il derby, ma c’è anche Milan-Roma: certi giocatori si gestiscono o si chiede loro di stringere i denti?

    “Nei primi due mesi che ho fatto, importanti come i prossimi, non ho gestito particolarmente, a parte quelli che tornavano dagli infortuni. In questa prima fase, quindi la gestione può consistere in un occhio di riguardo verso chi è reduce da un infortunio recente, più o meno lungo.

    Lo stesso Dybala l’ho spremuto abbastanza, ha giocato 90 e 110 minuti in pochi giorni. Ovviamente, la nostra gestione avviene prima della partita: dobbiamo allenarlo affinché lui in partita possa spingere senza avvertire dolore. Spinazzola uguale.

    Nella prima fase di queste riatletizzazioni, di questo rientro in campo, cercheremo di evitare fare dei minutaggi tipo 90, 90, 90, perché potrebbe essere un problema. Ma lo valuteremo di volta in volta con loro. Sono ragazzi grandi, sanno parlare e riconoscere il loro corpo, quindi penso che sia un vantaggio anche per loro il fatto di trovare uno staff aperto alla discussione.

    Non dobbiamo andare a incappare in altri infortuni. Ma abbiamo una rosa ampia e abbiamo fiducia anche nei calciatori che potrebbe giocare al posto loro”.