Ecco le parole del tecnico giallorosso.
Settimana piena di lavoro, non capita tanto spesso. Che indicazioni hai tratto, che risposto hai avuto e come si stanno inserendo i due nuovi acquisti, Angelino e Baldanzi?
“Settimana piena è tanta roba per un allenatore, anche se poi siamo contenti di iniziare le coppe e vogliamo che durino il più a lungo possibile.
Abbiamo lavorato, sia sui nostri concetti, sia sulla tenuta fisica, il condizionamento fisico, la preparazione fisica che puoi fare durante la settimana. Ovviamente, non fai una vera e propria preparazione precampionato, però puoi dare degli stimoli diversi che vengono assimilati nel corso della settimana.
Se c’è una partita ogni tre giorni, ti alleni giocando e devi solo essere bravo ad allenare quelli che non giocano. Mentre qui abbiamo spinto forte, i ragazzi hanno risposto benissimo, sia di testa, sia di gambe.
Per quanto riguarda i nuovi, penso che una parola racchiuda nella migliore maniera quello che possono portare loro: qualità. Hanno qualità. Qualità nelle giocate, nel posizionamento senza palla, nei primi passi, nel calcio. Sono due giocatori di qualità e a me piace molto questo.
Poi, l’insediamento e l’inserimento, dopo tre giorni, è quello che è. Ma anche a livello di interazioni con gli altri compagni li vedo belli svegli, sono due ragazzi a posto e si sono integrati bene, per quello che può essere un’integrazione dopo pochi giorni”.
Faccio un passo indietro, alla scelta della lista UEFA. Che criteri ha utilizzato per stilarla?
“Io non ho fatto la lista UEFA, ho fatto tre cambi. Non ho potuto scegliere 25 giocatori, ho potuto fare solo tre cambi, perché era il massimo che ci era consentito.
Ho cercato di dare la precedenza alla formazione di una lista con una doppia chance in tutti i ruoli. Avevamo un terzino sinistro solo, e ho messo Angelino. Avevamo un esterno offensivo alto solo, dove gioca Paulo, e ho messo Baldanzi, avevamo un attaccante solo, perché è andato via Belotti e Tammy non sappiamo quando rientrerà, e ho messo Azmoun.
Sono rimasti fuori due giocatori, avevamo tre posti per cinque giocatori. Come difensori centrali siamo tanti, quindi ha pagato, diciamo così, Dean (Huijsen, ndr) e come terzini destri avevamo Celik e Karsdorp e ha pagato Rasmus (Kristensen, ndr). Ma sono due calciatori che considero importantissimi, hanno giocato in queste partite, giocheranno in futuro.
Purtroppo, è una scelta che mi sono trovato a dover fare: due dovevano restare fuori per forza, di questi cinque”.
Dopo il mercato, la Roma sembra omogenea con due giocatori per ruolo. Mancano all’appello due calciatori che non sono arrivati a gennaio ma che la Roma, praticamente, non hai mai avuto: volevo capire le condizioni di Renato Sanches, che sembra un po’ più avanti, e di Smalling.
“Come dici tu. Renato Sanches è un pochino più avanti di Smalling. Si sono allenati entrambi con la squadra, ma per Chris abbiamo modulato i carichi: faceva un’esercitazione, poi quella dopo si riposava, faceva un’esercitazione magari non troppo pesante e quella dopo non la faceva.
Invece, Renato ha fatto tutti gli allenamenti con noi. Solo il primo giorno abbiamo usato la stessa premura, ma poi ha completato il recupero. Sta con noi. Dobbiamo stare sempre attenti, dato che è stato fermo qualche settimana. Però, Renato è più avanti e verrà convocato, mentre Chris probabilmente lo vedremo tra i convocati per l’Inter o il Feyenoord. Insomma, dalle prossime partite”.
Ecco, per integrare: è stato fatto anche un lavoro psicologico su Renato Sanches. In passato, si era detto che il suo problema non fosse solo di fibre muscolari.
“Non lo so in passato. Quando vai dal dottore, ti chiede come stai. Non come stavi. Io quello che vedo mi dice che è un ragazzo a posto psicologicamente. In passato non lo so. Sinceramente, non è un ragazzo felice per quello che è stato il suo trascorso con gli infortuni e la sua condizione fisica nell’ultimo annetto.
Ha mostrato subito disponibilità, lo staff lo aveva iniziato a curare già prima che arrivassi, appena è stato pronto si è messo subito a disposizione. Lo vedo tranquillo. Poi, per il resto sono cose che non so: non so del passato.
La gestione psicologica la faccio con tutti, tutti i giocatori hanno bisogno di qualcosa. Quello che gioca titolare tutte le partite e quello che non gioca mai hanno bisogno di cose diverse e penso che l’allenatore bravo debba saper toccare i tasti giusti, nei momenti giusti”.
Lunedì ritrovi Claudio Ranieri, con il quale hai condiviso tanti momenti: la cavalcata nel 2009-10, l’esclusione del Derby, fino alla partita del tuo addio nel 2019. Che tipo di ricordi, di sensazioni e di legame vi unisce?
“Mi unisce un bel legame. Con lui ho passato forse i due momenti più emozionanti della mia storia qui a Roma da calciatore. L’anno in cui abbiamo sfiorato lo scudetto e non l’abbiamo vinto per poco. E gli ultimi mesi in cui subentrò a Difra (Di Francesco, ndr). E mi ha accompagnato, ci siamo accompagnati a vicenda alla porta, dovendo salutare la nostra squadra del cuore.
E quando questi momenti emozionanti li passi accanto a un uomo come lui, è sempre un bel guadagno. Con il suo fare elegante, ma anche romanesco, con la sua intelligenza acuta, ti dà sempre una sfumatura che magari non avevi colto ed esci sempre arricchito da una chiacchierata con lui. Mi farà piacere, provo un affetto sincero per lui, mi farà piacere rivederlo, l’ho rivisto lo scorso anno a Cagliari con la Spal. Mi farà più piacere rivederlo e batterlo questa volta.
Ma, al di là del rispetto che ho per lui come allenatore, ho un affetto vero per l’uomo”.
A centrocampo, per questa gara, ti ritroverai a fare delle scelte: Paredes regista, Cristante giocatore imprescindibile, Pellegrini è il tuo capitano, Bove è l’unico ad avere questo passo e un’aggressività diverse dagli altri. Come ti sei orientato in questo senso e che valutazioni hai fatto?
“Ci sono anche Renato Sanches, che ovviamente non partirà titolare venendo da un periodo di inattività, e Aouar, che per me può giocare sia sotto punta, sia che nella linea dei centrocampisti.
È un vantaggio avere giocatori bravi. L’Inter, ad esempio, tra le squadre più forti tiene fuori Frattesi e Asslani, che sarebbero titolari forse in qualsiasi altra squadra di Serie A.
È un vantaggio, e poterli alternare, poterli giostrare, gestire, ruotare è un vantaggio per me. Dobbiamo capire in base all’avversario, ma anche a quante partite abbiamo, cercando di fare la formazione anche per le gare successive. A volte le caratteristiche che vai a vedere sono quelle di questa partita o magari di quella dopo. È un gioco divertente. Non è invece un divertente lasciar fuori i giocatori. Vale anche per calciatori come Zalewski, che ha sempre giocato e che nelle prime partite sta giocando meno con me.
Non è piacevole. Ma sai sempre che puoi contare su alternative importanti. Le squadre forti hanno tanti giocatori forti: con undici giocatori forti vinci una partita, con una rosa completa ottieni i posizionamenti che vuoi ottenere, ma non puoi farne giocare più di undici. Quindi, devi ruotarli.
È un bene anche che abbiano caratteristiche diverse tra di loro. Sono tutti irrinunciabili, ma visto che a qualcuno ogni volta dobbiamo rinunciare, speriamo di scegliere bene la caratteristica alla quale possiamo rinunciare”.
Le volevo chiedere della posizione di Dybala in campo. Anche a Salerno, nel primo tempo saliva a prendersi la palla a metà campo, che è una sua caratteristica. E in occasione del secondo gol, vedendolo più avanti, abbiamo capito quanto è importante a livello di qualità. Questa tendenza che ha di abbassarsi molto la state cercando di superare in qualche modo, anche con l’aiuto della squadra, per essere più incisivo negli ultimi 20 metri o è una sua caratteristica inevitabile?
“Ci sono dei giocatori che hanno un talento e una lettura della giocata, della situazione calcistica, di quello che sta succedendo in quel momento, tale che un pochino di libertà in più gliela devi dare. Se a Dybala impedisci sempre di abbassarsi, gli dici non ti abbassarsi mai, ti privi magari di una volta che Dybala si abbassa, e ti sembra che non dovrebbe abbassarsi, e da lì esce fuori la giocata decisiva per un compagno che sta più avanti.
L’importante è, se lui si abbassa, qualcuno va a occupare la sua posizione. L’occupazione degli spazi in campo è tanto importante per me. Chi occupa uno spazio, chi occupa una funzione determinata in quel momento, lo è meno.
È ovvio che l’obiettivo nostro è occupare bene lo spazio, uscire dalla prima pressione e arrivare a giocare a ridosso dell’area di rigore dove lui dopo si ritroverà nella posizione in cui si è trovato nel secondo gol di Salerno. E lì poi dopo lui – sebbene noi qualche indicazione gliela diamo sempre – di base fa quello che gli pare. Perché è giusto così, alcuni giocatori – la maggior parte dei giocatori negli ultimi 16-20 metri – devono avere due, tre appigli, ma poi dopo la soluzione la trovano loro.
E gli altri giocatori devono essere a disposizione e devono sapere di sfruttare delle caratteristiche che non sono messe a tavolino, non sono insegnate dall’allenatore.
Giocando venti anni con Totti, nessuno gli diceva dove doveva andare e quello che doveva fare negli ultimi venti metri. Sapevamo solo che dovevamo abbassare la testa e andare davanti alla porta, perché ci arrivava la palla da spingere dentro. E se riconosci che quel tipo di talento ce l’ha un giocatore in squadra, e quel giocatore è Paulo, noi dobbiamo sfruttarlo”.