Alzare una coppa, vincere. In questo caso, la Conference League. La prima messa in palio nella storia del calcio. Per la Roma, la prima competizione UEFA in bacheca. Per lui, significa aver centrato l’obiettivo al debutto sulla panchina della Capitale. In questo senso non è stato un unicum perché prima di lui c’erano riusciti anche William Garbutt con la Coppa Coni nel 1928, Luis Carniglia con la Coppa delle Fiere nel 1961. Poi, Juan Carlos Lorenzo nel 1964, Helenio Herrera nel 1969 e Ottavio Bianchi nel 1991: tutti e tre vincitori della Coppa Italia.
Chissà se meno di 10 mesi dopo dalla conferenza di presentazione, Mourinho oggi accetterebbe un paragone con Nils Liedholm e Fabio Capello. Già, perché al momento dell’insediamento ufficiale, il tecnico dichiarò questo: “In questo club se parli di Liedholm o Capello, non paragonarli con nessun altro. Mai”. Non solo, alla domanda come avrebbe immaginato l’ambiente dopo i tre anni della sua gestione, aveva risposto dicendo: “Festeggiando”. Nemmeno un anno dopo, tutti al Circo Massimo.
Mourinho, da parte sua, ha vinto la quinta finale su cinque e ha conquistato la terza coppa europea diversa dopo Champions League (2) ed Europa League (2).
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Un trionfo, quest'ultimo in Conference, arrivato in un contesto tutt'altro che facile e scontato, dopo 15 incontri, iniziando dal playoff di agosto con il Trabzonspor, per passare al girone con Bodo, CSKA Sofia e Zorya, gli ottavi col Vitesse, i quarti ancora contro il Bodo, la semifinale con il Leicester, fino ad arrivare alla finale del 25 maggio, Roma-Feyenoord 1-0.
Tutti match di andata e ritorno, ad eccezione dell’ultimo atto. Un impegno mentale e fisico non indifferente, che Mourinho ha sottolineato più volte nelle diverse dichiarazioni pubbliche: “Per giocare il giovedì in coppa e poi in campionato la domenica, abbiamo fatto diversi sacrifici. Perdendo punti importanti in Serie A”.
Ma il gioco è valso – eccome – la candela. Tutto questo comprovato anche dai numeri. In queste 55 partite, JM è anche tra i primi 5 di sempre ad aver raccolto più vittorie. 29 successi, stesso dato di Luciano Spalletti, ribattezzato “Spallettone” in diretta tv proprio dall’amico Mou. Anche il toscano arrivò a 55 gare della prima stagione nella Capitale: ne fece addirittura una in più, 56.
29 vittorie in 55 partite, si diceva. Dietro solo a Garcia (primo con 37), Burgess (32), Ranieri (31), Di Francesco (30). Tutti allenatori che per motivi diversi hanno lasciato tracce indimenticabili. Garcia per il record delle 10 vittorie consecutive e gli 85 punti finali, Burgess perché fu il tecnico della Roma di Campo Testaccio, Ranieri per lo scudetto sfiorato nel 2010, Di Francesco l’artefice dello storico 3-0 al Barcellona nei quarti di finale di Champions.
Ma nessuno – tra questi – era riuscito a fare quella cosa meravigliosa che si è vista intorno alle 23.20 del 25 maggio 2022. Far incidere il nome dell’AS Roma su una coppa europea. Vincere.
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