Ma qual è stato il percorso del nuovo timoniere della Roma, che lo ha portato a essere un allenatore di livello mondiale?
Diamo un’occhiata all’incredibile carriera di una delle figure più carismatiche del mondo del calcio…
Il 26 gennaio 1963 nasce José Mario dos Santos Mourinho Felix, da Felix e Maria Mourinho, a Setubal, qualche chilometro a sud della capitale Lisbona.
All’epoca il Portogallo si trovava sotto il governo autoritario di Estado Novo e sarebbe rimasto invischiato nella guerra coloniale fino al rovesciamento del regime, avvenuto nel 1974.
Più avanti Mourinho avrebbe detto, a proposito della sua infanzia: “Avevo amici che provenivano da classi sociali agiate e altri che vivevano in situazioni di grande difficoltà”.
“Erano anni di grandi cambiamenti per il Portogallo e per me sono stati un’esperienza di vita positiva che mi ha preparato ad affrontare il futuro”.
Il padre Felix era un calciatore professionista, portiere del Vitoria Setubal e del Belenenses. Ha anche vestito la maglia della Nazionale in un’occasione, contro la Repubblica d’Irlanda nel 1972.
José segue le sue orme e gioca come centrocampista – principalmente nelle serie inferiori portoghesi – per il Rio Ave, il Belenenses, il Sesimbra e il Comercio e Industria.
Anche il padre è stato allenatore e si è rivelato una figura estremamente popolare ovunque sia andato, compresi Rio Ave e Belenenses dove un giovane José, allora conosciuto come “Ze”, acquisiva esperienza come calciatore.
Più tardi Felix avrebbe rivelato in un’intervista alla spagnola AS: “Se mio figlio fosse stato umile come lo sono stato io, il mondo del calcio se lo sarebbe già mangiato”.
Mourinho aveva già iniziato a lavorare come scout per il padre dopo che le sue ambizioni di diventare un calciatore professionista naufragano all’età di 22 anni. Un anno dopo, dopo aver frequentato in maniera infruttuosa per appena un giorno la facoltà di economia, Mourinho si iscrive all’Università Tecnica di Lisbona per studiare educazione fisica.
“Se la gente pensa che io sia frustrato perché non sono stato un calciatore di alto livello, si sbaglia” – avrebbe poi dichiarato a Esquire. “Non lo sono per nulla…”
“Sin dall’inizio, ho sempre pensato di essere più portato a fare l’allenatore che il calciatore, quindi una volta terminati gli studi accademici e i corsi da allenatore, iniziare a fare questo lavoro è stata una conseguenza naturale”.
Mourinho inizia una nuova vita come insegnante di educazione fisica freelance in una serie di scuole primarie nel 1987, un anno prima di recarsi a Largs, in Scozia, per iniziare la prima parte del corso per allenatori UEFA.
Qui studia assieme all’ex giocatore di Scozia e Manchester United Gordon Strachan ed è qui che si prepara a muovere i primi passi come allenatore.
Acquisito il primo patentino UEFA, Mourinho viene nominato allenatore nel settore giovanile del Vitoria Setubal e inizia a lavorare con i giovani giocatori del club portoghese.
Successivamente allena all’Estrela de Amadora e all’Ovarense prima di spiccare il grande salto.
“Quando l’ho incontrato era un semplice insegnante di educazione fisica”.
Sono le parole del grande e compianto Bobby Robson, a cui Mourinho fa da traduttore quando il primo diventa allenatore dello Sporting Lisbona nel 1992.
“Il presidente ha ingaggiato un giovane brillante chiamato José Mourinho e mi ha detto che sarebbe diventato il mio interprete” – ha dichiarato Robson.
“Un ragazzo di bell’aspetto; gli dicevo di non starmi vicino troppo spesso! Sapevo che era un ragazzo portato e che un giorno mi avrebbe lasciato”.
La coppia si separa solo nel 1997, dopo aver lavorato insieme allo Sporting, al Porto e al Barcellona.
Vincono due campionati portoghesi, una Coppa di Portogallo, le Supercoppe di Spagna e Portogallo, la Coppa del Re e la Coppa delle Coppe UEFA. Poi l’avventura di Robson al Camp Nou giunge alla conclusione.
A Barcellona, Mourinho ricopre un importante ruolo di raccordo tra lo staff tecnico e i giocatori e diventa amico di un certo Pep Guardiola, all’epoca un centrocampista fondamentale per i blaugrana.
Di Robson Mourinho ha detto: “Una delle cose più importanti che ho imparato da Bobby Robson è che quando vinci non devi pensare che sia solo merito tuo e quando perdi non devi pensare di non valere niente”.
Dopo aver trascorso altri tre anni positivi al Barcellona in qualità di assistente del successore di Robson sulla panchina blaugrana, Louis van Gaal, Mourinho passa al Benfica, dove lavora assieme a un altro allenatore leggendario, il tedesco Jupp Heynckes.
Tuttavia, il loro sodalizio non dura a lungo e Mourinho prende le redini della squadra dopo appena quattro partite e per la prima volta in carriera ricopre il ruolo di capo allenatore.
Nonostante un ruolino di marcia di cinque vittorie, tre pareggi e due sconfitte in 10 partite alla guida del Benfica, Mourinho rimane invischiato nelle questioni politiche relative al cambio di presidenza del club e saluta il Benfica con una netta vittoria per 3-0 sui rivali dello Sporting Lisbona, appena due mesi e mezzo dopo il conferimento dell’incarico.
Poco dopo Mourinho diventa l’allenatore dell’Uniao Leira e conduce la squadra al quarto posto provvisorio in campionato dopo 19 partite nella stagione 2001-02.
Il lavoro di Mourinho attira l’attenzione del Porto, che lo nomina presto allenatore della prima squadra. Inizia per Mourinho un periodo incredibilmente vincente alla guida dei Dragoni, con i quali conquista sei trofei in due anni e mezzo.
Tra questi sono da segnalare le due vittorie consecutive in campionato nelle stagioni 2002-03 e 03-04, così come la Coppa di Portogallo e la Coppa UEFA conquistate nella sua prima stagione completa alla guida del club.
La vittoria europea, sul Celtic Glasgow, mette il nome di Mourinho nei radar britannici, ma è l’indimenticabile corsa con scivolata lungo la linea laterale verso Costinha, dopo la vittoria contro il Manchester United a Old Trafford nella fase a eliminazione diretta della Champions League, che lo consacra agli occhi di Albione.
L’astro nascente degli allenatori europei è richiesto da molti club e a vincere la corsa è il nuovo Chelsea, che si assicura il portoghese per la stagione successiva.
Mourinho ci mette poco a lasciare il segno. Il suo esordio di fronte alle telecamere lo porta a pronunciare quelle parole che sarebbero poi diventate famose: “Non sono uno a caso, io sono lo special one”.
Nasce così il soprannome “Special one”.
Quando il Porto vince la Champions League al termine di quella stagione, con una schiacciante vittoria per 3-0 sul Monaco, Mourinho è ormai senza ombra di dubbio l’allenatore più entusiasmante del panorama calcistico mondiale.
L’impatto di Mourinho a Stamford Bridge non delude le aspettative del club. Al termine del suo primo anno alla guida dei Blues, il Chelsea conquista la Premier League per la prima volta nella sua storia.
Seguono presto Community Shield, Coppa di Lega e FA Cup e arriva anche il secondo trionfo consecutivo in campionato, nella stagione 2005-06, nel corso della quale Mourinho viene fatto entrare nello spogliatoio di Chelsea nascosto in una cesta per la biancheria per poter parlare alla squadra, nonostante la squalifica ricevuta.
Nel 2007 Mourinho e il Chelsea si separano per la prima volta. Nonostante i pochi anni trascorsi ai Blues, Mourinho diventa di diritto una leggenda del club.
Un anno dopo arriva la chiamata dall’Italia e Mourinho si siede sulla panchina dell’Inter, pronto a lasciare un’altra impronta indelebile in quel di San Siro.
È il 2010 e Mourinho ha già conquistato due campionati consecutivi con i nerazzurri e, soprattutto, ha aggiunto una seconda Champions League alla sua bacheca personale, sconfiggendo in finale il suo mentore Van Gaal. L’allenatore portoghese viene nominato dalla FIFA Allenatore dell’anno.
Zlatan Ibrahimovic ha affermato che l’allenatore portoghese lo ha fatto “sentire un leone” e Wesley Sneijder ha aggiunto: “Ero pronto a uccidere e a morire per lui”.
“Lavora due volte più duramente di tutti gli altri” – ha scritto Ibrahimovic nella sua autobiografia. “Vive e respira calcio 24 ore su 24, 7 giorni su 7”.
“Non ho mai trovato un allenatore che conoscesse così bene le squadre avversarie. Sapeva tutto, anche il numero di scarpe del terzo portiere”.
Mourinho lascia l’Inter per il Real Madrid al termine della stagione 2009-10, dopo aver conquistato il celebre triplete e dopo essersi consacrato come il miglior allenatore in circolazione. Le immagini di quel finale di stagione, come l’esultanza in campo al termine della semifinale vinta contro il Barcellona del suo vecchio amico e poi nemesi Guardiola e le sue lacrime mentre abbraccia Materazzi dopo la finale, già certo della sua partenza, aggiungono ulteriore epica al suo percorso.
Nei due anni al Bernabeu, Mourinho conquista il suo quarto campionato in un quarto paese diverso e mette in bacheca anche una Coppa del Re e una Supercoppa spagnola.
La stagione 2012-13, tuttavia, si rivela deludente. Mourinho la bolla come “la peggiore stagione della mia carriera”, dopo la vittoria del Barça nella Liga, l’eliminazione nelle semifinali di Champions League e la sconfitta in finale di Coppa del Re per mano dell’Atletico Madrid.
È la fine dell’avventura di Mourinho con le Merengues, ma il portoghese afferma di aver “realizzato il sogno” di vincere il campionato in Inghilterra, Italia e Spagna.
Presto torna a Londra e ritrova delle vecchie conoscenze in quel di Stamford Bridge.
Una di queste è Frank Lampard, che ha recentemente affermato, a proposito del suo vecchio allenatore: “È l’allenatore più leale e più premuroso con il quale abbia mail lavorato. Magari sono di parte, certo, perché adoro quell’uomo, ma è uno che ottiene subito i risultati. È uno che vince subito.”
Un anno più tardi Mourinho – che nel 2005 si reca in Israele per promuovere la pace con la Palestina organizzando una partita di calcio con giocatori di entrambi i paesi che giocano da compagni di squadra nelle due formazioni – diventa ambasciatore del Programma alimentare mondiale dell’ONU.
“Sostenere il lavoro del Programma alimentare mondiale nella lotta alla fame è una decisione personale per una causa a cui io e la mia famiglia teniamo molto” – ha dichiarato all’epoca Mourinho.
“Se riusciamo a concretizzare la volontà e il desiderio di affrontare i bisogni nutrizionali dei poveri, abbiamo la reale possibilità di eliminare la fame nell’arco delle nostre vite”.
La seconda avventura di Mourinho alla guida del Chelsea termina del 2015 con un altro numero alla Houdini offerto dal portoghese nel giorno della sua partenza.
Come riportato da Dominic Fifield di The Athletic: “Con un diversivo elaborato al fine di eludere la calca dei giornalisti fuori dal centro sportivo, Mourinho ha lasciato la struttura per l’ultima volta nascosto nel bagagliaio dell’auto di uno dei suoi assistenti”.
Dopo aver flirtato negli anni, ecco che Mourinho ha finalmente la possibilità di allenare il Manchester United. È il 2016 e José sostituisce sulla panchina dei Red Devils il suo vecchio mentore Louis Van Gaal.
“Diventare allenatore del Manchester United è un importante traguardo nel mondo del calcio” – ha dichiarato Mourinho. “È un club conosciuto e ammirato in tutto il mondo”.
Dopo 18 mesi, Mourinho ha arricchito il suo palmarès con un altro Community Shield, un’altra Coppa di Lega e un’Europa League, portando il suo bottino di trofei vinti da allenatore a quota 25.
Dopo aver lasciato lo United nel 2018, Mourinho firma a sorpresa con il Tottenham l’anno successivo. Quando il periodo sulla panchina degli Spurs viene dichiarato concluso, la Roma si muove rapidamente per assicurarsi le prestazioni di uno degli allenatori più vincenti nella storia del calcio.