L’atmosfera dello stadio bolognese era condizionata dalla tragedia accaduta il giorno prima. Il giovane Niccolò Galli – figlio del portiere Giovanni – muore in un incidente stradale. Ha 18 anni non ancora compiuti, essendo nato il 22 maggio 1983. La notizia sconvolge il mondo del calcio. Durante il minuto di silenzio Guidolin e il resto della squadra sono in lacrime.
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La commozione raggiunge pure Fabio Capello, che aveva conosciuto il giovane Niccolò personalmente: “Viveva a Legnano con la sua famiglia nel nostro residence”. Era un talento vero, Galli. Dopo un’esperienza nelle giovanili dell’Arsenal, si era guadagnato già il debutto in Serie A a 17 anni proprio in rossoblù. L’esordio avviene proprio contro la Roma, nel match di andata di quella stessa Serie A, alla prima giornata, il 1 ottobre 2000. Roma-Bologna 2-0, Galli subentra al posto di Max Tonetto nella ripresa. Resterà la sua unica presenza in gare ufficiali.
Tornando al campo, in seguito all’esaltante vittoria ottenuta sul campo del Parma con doppietta di Batistuta, che suggella il titolo di campione d’inverno per la squadra giallorossa, la Roma di Fabio Capello resta sulla via Emilia per confermare il cammino spedito verso il sogno tricolore.
Una prova del 9, per sovvertire quanto accadde nella stagione precedente, 1999-00. Pure in quella tornata si verificarono due trasferte consecutive tra Bologna e Parma, però senza raccogliere punti. Non stavolta, però. Tre punti al Tardini e tre a Bologna. Totti riconoscerà quello snodo “dell’Emilia fondamentale per il titolo”.
Sul terreno di gioco del Dall’Ara non ci sono sorprese, vince la Roma 2-1 seppur con qualche sofferenza. Emerson – al debutto da titolare – trova il primo gol della sua esperienza giallorossa. Batistuta mette il timbro sul risultato realizzando un rigore. Brioschi realizza la rete della bandiera. Come detto, è una giornata particolare. All’esterno dell’impianto si verificano alcuni disordini e un tifoso romanista, Alessandro Spoletini, finsce in coma per circostanze che saranno accertate tempo dopo
Francesco Antonioli: portiere. Non spettacolare negli interventi, però efficace e bravo nel posizionamento. Interprete del ruolo di rendimento. Non abbracciò mai interamente il favore di parte della piazza, ma è comunque un pezzo di storia della Roma. Resta lui il titolare dei pali nell’anno del terzo scudetto. E non solo. Parò un rigore decisivo in un derby del 2002, ad esempio. 145 presenze.
Alessandro Rinaldi: romano del Quadraro, romanista, ma non cresciuto nelle giovanili giallorosse. La Roma lo prese dal Bologna nell’estate del 1999 insieme a Francesco Antonioli e Amedeo Mangone. Due stagioni nella Capitale fino al 2001. Oggi ha cambiato vita, si occupa di alta orologeria. 44 gare, 1 gol.
Walter Adrian Samuel: disse di lui Mauricio Macrì, ex presidente del Boca Junior, poi diventato presidente dell’Argentina: “Quando vedo lui marcare un avversario, mi verso un bicchiere di acqua. E sto tranquillo”. Marcatore arcigno, asfissiante, difensore duro e leale. Mancino. 173 presenze, 11 reti.
Antonio Carlos Zago: arriva alla Roma nel mercato di gennaio del 1998. In pochi avrebbero scommesso di lui, considerato che aveva 28 anni, con esperienze alle spalle tra Europa e Giappone non esaltanti. Invece fu uno dei punti di forza della Roma dello scudetto. Centrale implacabile, di personalità, bravo a uscire palla al piede per impostare l’azione. 138 gare, 2 gol.
Marcos Cafu: uno dei terzini destri più forti di sempre, ha fatto la storia del calcio mondiale, non solo della Roma. In giallorosso uno scudetto, una Supercoppa Italiana e un posto nella Hall of Fame del club. Fu soprannominato “Pendolino”. Ah, si scrive senza accento sulla U. 218 presenze, 8 reti.
Emerson Ferreira da Rosa: regista di centrocampo fortissimo, tra gli interpreti del ruolo migliori mai passati dalle parti della Capitale. Potenza fisica, intelligenza tattica, capacità balistica. Aveva tutto. Un saggio delle sue capacità è il gol nel derby di Coppa Italia vinto nel 2003. Riceve palla, elude Liverani e scarica verso la porta di Marchegiani un destro terrificante. 145 gare, 21 gol.
Damiano Tommasi: veneto di Negrar, a pochi passi da Verona, romano e romanista d’adozione. 10 stagioni con la maglia giallorossa, uno scudetto vinto da protagonista assoluto. Nella stagione tricolore raggiunge l’apice della carriera fornendo alla squadra enorme quantità e altrettanta qualità. 351 gare, 21 reti.
Vincent Candela: una delle eredità migliori del tecnico argentino, Carlos Bianchi, che richiese espressamente il suo ingaggio nel mercato di gennaio del 1997. Preso da una piccola realtà come quella del Guingamp, in giallorosso si affermò come terzino sinistro di rara classe. Campione del mondo e d’Europa con la Francia, soprattutto campione d’Italia con la Roma. Non ha più lasciato la Capitale. 289 gare, 16 gol.
Hidetoshi Nakata: anche lui un prezioso tassello inserito in rosa in un mercato invernale (gennaio 2000). Il presidente Sensi spese tanto per portarlo via da Perugia (mettendo dentro pure Blasi e Alenitchev), ma l’investimento non si rivelò vano. Nella partita scudetto a Torino contro la Juventus segna il gol della riscossa e propizia quello che significa scudetto segnato da Montella. 40 gare, 6 gol.
Marco Delvecchio: raro sentir dire da un milanese “sono un romano nato a Milano”. Attaccante di fisico, ma anche mobile e bravo tatticamente. Capello lo utilizzò come “equilibratore” nell’anno dello scudetto. Si fece apprezzare perché segno tanti gol, ma soprattutto per averne fatti diversi alla Lazio nei derby. 300 presenze, 83 gol.
Gabriel Omar Batistuta: nel giorno della presentazione all’Olimpico, aperto gratuitamente ai tifosi solo per il settore Sud, si sentì questo motivo emergere dal settore: “Tutto il mondo sa che giallorossa ora è la sua maglia, quando segnerà sotto la curva ce fa la mitraglia, tutti sanno che si chiama Gabriel Omar Batistuta. E noi sappiamo che è un grande campione e lo chiamiamo il Re Leone”. Già quello fu un pezzo di scudetto, del 2001. 87 gare, 33 gol.
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