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    30 anni fa l'addio a Rascel, padre del "la Roma non si discute, si ama"


    A 30 anni dalla morte, il ricordo di Renato Rascel, strepitoso artista e magnifico interprete del romanismo

    Trent'anni esatti. Il 2 gennaio 1991 ci lasciava Renato Rascel. Attore, cantautore, intrattenitore. Rascel è stato un artista a tutto tondo. Ma soprattutto, è stato un portavoce della romanità e un profeta del romanismo.

    Nato incidentalmente a Torino il 28 aprile 1912 - i genitori erano in tournée: padre cantante, madre ballerina classica - Renato Ranucci cresce nel rione di Borgo. A due passi da San Pietro.

    Già da piccolo, Renato si divide tra ballo, canto e recitazione. Ispirandosi a una marca di cipria francese, adotta il nome d'arte "Rachel", modificandolo qualche tempo dopo in "Rascel". Negli anni 40, le sue canzoni molto leggere e le sue filastrocche fanno il giro d'Italia. Rascel è divenuto ormai un personaggio pubblico.

    Nel 1954, assieme ai commediografi Pietro Garinei e Sandro Giovannini incide "Arrivederci Roma". Le sue note, conosciute in tutto il mondo, rappresentano una fantastica cartolina dalla Capitale. Sono espressione dell'amore profondo che Renato Rascel prova per la sua Roma. La città. Ma anche la squadra della città.

    L'infanzia a Borgo lo porta a seguire la Fortitudo, la squadra del proprio rione. Gioca persino nelle giovanili rossoblù. E quando poi il 7 giugno 1927 dalla fusione di Alba-Audace, Fortitudo-Pro Roma e Roman nasce la Roma, il giovane Rascel non ha dubbi. E tifa per la Roma. La tifa in maniera profonda. Viscerale. La tifa sempre e comunque.

    Il 17 giugno 1951, dal palco del Teatro Sistina annuncia la retrocessione, l'unica della nostra Storia: "Signori, da questo momento la Roma è in Serie B". E immediatamente dopo aggiunge: "Ma la Roma non si discute, si ama".

    Rascel l'ha amata in ogni sua fase. Dalla più drammatica alla più felice. Una volta svelò quale fosse stato il ricordo più commovente che lo legava alla Roma: "Eravamo all’ultima giornata del campionato di Serie B e la squadra giocava a Verona. Bastava un pareggio per avere la promozione assicurata in Serie A. Andai, come fecero migliaia di tifosi, a piazzale Clodio, ove erano stati installati degli altoparlanti collegati a un telefono in comunicazione diretta con Verona".

    "Seguimmo con il cuore in gola le fasi della partita. La folla era muta negli ultimi minuti quando il Verona, incitato da un pubblico esasperato, attaccava. Anch’io non ne potevo più, anch’io avevo lo sguardo costantemente sull’orologio a contare i minuti e i secondi che ci dividevano dalla fine di quel calvario. Il fischio di chiusura volle dire la fine di tante ansie, la fine della Serie B e il ritorno in Serie A".

    "Ricordo l’esplosione di giubilo che invase la folla, come se fosse stato mio merito. Fui preso da centinaia di tifosi, sollevato in aria, portato in trionfo. Tutti inneggiavano alla nostra grande Roma, e ricordo perfettamente che versai tantissime lacrime di gioia, mentre i tifosi mi abbracciavano, mi stringevano, mi portavano sulle loro spalle. Magnifico".

    Il 15 maggio 1983, dopo Roma-Torino, Rascel fu visto abbracciare Paulo Roberto Falcao. Sette giorni prima, a Marassi, la Roma si era cucita sul petto lo Scudetto. I tempi del Sistina erano la preistoria, ma Rascel non li aveva dimenticati. Lui che la Roma l'aveva vista nascere. Lui che la Roma l'aveva amata anche nell'ora più tragica.

    Lui che ci ha lasciato in eredità quello che non è un semplice slogan, ma una lezione: "La Roma non si discute, si ama".

    Signori, da questo momento la Roma è in Serie B. Ma la Roma non si discute, si ama

    - Renato Rascel