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100 anni fa nasceva Antonio Fusco

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Un secolo fa nasceva un predestinato del calcio giallorosso

Il Club ricorda Antonio Fusco, storico calciatore giallorosso, a 100 anni dalla sua nascita.

Nato a Roma il 6 gennaio 1916, Antonio Fusco è stato un predestinato. Cresce nell’Ostiense, che il 7 agosto 1931 lo mette in lista di trasferimento e Il 20 dicembre dello stesso anno, passato in giallorosso, debutta nel campionato ragazzi, neanche a dirlo con una vittoria colta alla Madonna del Riposo contro la Fortitudo.

Due anni più tardi, nel dicembre del 1933 è a un passo dal debutto in prima squadra.

Dugoni ha una gamba gonfia ed anche Callegari è fuori causa. Il 14 dicembre Il Littoriale annuncia che per la trasferta di Padova il giovane Fusco è in lizza per una maglia.

E qui la stella del predestinato torna a brillare. Per la prima volta dall’inizio della stagione, quel giorno, il tecnico romanista Barbesino apre gli allenamenti al pubblico.

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Fusco è un testaccino purosangue, abita a via Ginori, a trenta metri dal campo, e così alla sgambata d’allenamento si precipita mezzo rione. L’indomani Il Littoriale scrive: “C’era gente e molta che seguiva il gioco dei giovanissimi Celestini e Fusco. Volete sapere chi veramente s’è rivelato giocatore calmo? Fusco”.

Il 17 dicembre Padova è sommersa dalla neve e Antonio non può debuttare ... le stelle hanno deciso che dovrà farlo a Testaccio, davanti al pubblico amico. Intanto alcuni infortunati hanno recuperato, ma nell’ultimo allenamento, il ragazzo, il solo assieme a Guaita, si dimostra “superiore nettamente a compagni e avversari”. Arriva così il debutto: Roma – Alessandria 5-1, è il 24 dicembre 1933. Pier Luigi Tagiuri scrive che la matricola “sembrava un veterano, si è disimpegnato bene”. Sta per nascere la leggenda del Fusco “impunito”, uno che come Attilio Ferraris IV era “nato imparato” e che rimarrà nella Roma fino al 1940 per poi rientrare nel Club nel primo dopoguerra, disputando in tutto 136 gare con la maglia giallorossa ed entrando per sempre nel cuore dei tifosi.

Alla fine della carriera agonistica ha ricoperto ancora incarichi nell’organigramma sociale orbitandovi fino al 1950.

Scanzonato, forte, irriverente e guascone, era un galantuomo in campo e fuori. La Roma non potrà mai dimenticarlo.