UEFA Europa League, Giovedi, 12 DIC, 18:45 CET
Stadio Olimpico
Roma
Braga
Roma
Braga
IT
Home Notizie

L’opinione: il significato della breve esperienza di Toni alla Roma

L’opinione: il significato della breve esperienza di Toni alla Roma

L'analisi del nostro collaboratore dall'estero Julian De Martinis sulla parentesi giallorossa di Toni, appena ritiratosi dal calcio giocato, nei suoi 6 mesi alla Roma nel 2009-10

Luca Toni ha appeso gli scarpini al chiodo. Nella sua carriera ha collezionato almeno tre presenze con la maglia di 16 squadre diverse – e in tre paesi diversi – nei 22 anni passati a giocare a calcio. L’esperienza, questo è certo, non gli manca.

In totale, la punta italiana ha collezionato 568 presenze nella sua carriera da professionista e ha esultato dopo un gol realizzato in 268 occasioni – spesso facendo girare la mano vicino all’orecchio, esultanza che è poi diventata il suo marchio di fabbrica.

Sembrava sempre gradire il rumore dei tifosi, che festeggiavano un giocatore sbocciato tardi che, oltre a essere diventato un grande realizzatore, ha sempre avuto anche un grande cuore. Nei cinque anni passati a indossare la maglia della nazionale, Toni ha messo a segno 16 reti in 47 presenze, conquistando il Mondiale nel 2006, che va ad aggiungersi alla Bundesliga e alla Coppa di Germania vinte con il Bayern Monaco, al campionato di Serie B vinto con il Palermo, ai due titoli di capocannoniere della Serie A e a quello di capocannoniere della Coppa UEFA.

Nonostante questi traguardi, con la maglia giallorossa Toni ha disputato solamente il 2,6% dei minuti totali passati sul terreno di gioco in carriera e realizzato l’1.9% dei suoi gol totali. Nella stagione 2009-10 – la seconda parte della quale trascorsa nella Capitale – la Roma è finita seconda, due punti dietro all’Inter del ‘triplete’. I giallorossi quell’anno uscirono di scena ai sedicesimi dell’Europa League e furono sconfitti nella finale di Coppa Italia dalla squadra di Mourinho.

L’opinione: il significato della breve esperienza di Toni alla Roma

Se paragonato a quanto raggiunto in carriera, il periodo trascorso da Toni in maglia giallorossa potrebbe sembrare poco significativo, dal momento che i successi sono arrivati con i colori di altre squadre, un semplice momento di passaggio in una carriera lunga e vincente.

Tuttavia, resta comunque un momento importante e degno di nota, indipendentemente dalla sua brevità. A cavallo tra il primo e il secondo decennio di questo secolo, la Roma era sempre a caccia di un centravanti puro e Toni è stato, all’epoca, la risposta a quel bisogno.

Diamo un’occhiata ai capocannonieri di quel periodo:

  • 2007-2008: Alessandro Del Piero, 21 gol
  • 2008-2009: Zlatan Ibrahimovic, 25 gol
  • 2009-2010: Antonio Di Natale, 29 gol
  • 2010-2011: Antonio Di Natale, 28 gol
  • 2011-2012: Ibrahimovic, 28 gol

Qui di seguito, invece, i migliori realizzatori della Roma in quelle stagioni e i rispettivi gol realizzati:

  • 2007-2008: Francesco Totti, 14 gol
  • 2008-2009: Francesco Totti, 13 gol
  • 2009-2010: Francesco Totti e Mirko Vucinic, 14 gol ciascuno
  • 2010-2011: Francesco Totti, 15 gol
  • 2011-2012: Pablo Osvaldo, 11 gol

Il problema era evidente: c’era troppa differenza tra il miglior realizzatore della Roma e il capocannoniere del campionato in quel periodo. La cosa più preoccupante, però, era il numero di giocatori (e delle rispettive squadre) che realizzavano più gol del miglior realizzatore giallorosso, anche dietro al capocannoniere. Per ciascuna di quelle stagioni, almeno cinque squadre disponevano di un giocatore più prolifico rispetto alla Roma, e almeno cinque giocatori realizzavano più reti del miglior cannoniere giallorosso.

Durante alcuni di quegli anni, la differenza era lampante; nel 2011-2012 ad esempio, due anni dopo la breve parentesi di Toni, 11 giocatori di 11 squadre diverse avevano realizzato più del giallorosso Osvaldo. In tutte quelle stagioni, le rivali dirette dei giallorossi hanno avuto un giocatore che realizzava più di 20 gol o che si avvicinava a quella cifra – la Juventus ne ha avuti due nella stagione 2008-09 (David Trezeguet e Alessandro Del Piero) sopra i 20 gol e nel 2010-11 anche Inter e Napoli hanno avuto giocatori che hanno oltrepassato la soglia delle 20 reti.

Questi numeri la dicono lunga sul perché la Roma abbia deciso di ingaggiare Luca Toni. Totti è un giocatore favoloso e Mirko Vucinic era spesso decisivo nelle partite più importanti, ma la squadra aveva disperatamente bisogno di un giocatore che potesse costantemente punire le squadre più piccole e andare a segno con continuità nell’arco di tutta la stagione.

L’opinione: il significato della breve esperienza di Toni alla Roma

Il duo della Roma era efficace ma non si trattava di veri arieti; questo attesta la grandezza di Totti, ma sottolineava anche le mancanze strutturali che la vena del capitano non poteva colmare distribuendo assist e al tempo stesso entrando nel computo dei marcatori, perché a quell’epoca Totti veniva utilizzato come l’unico punto di riferimento sia per creare che per concretizzare.

Per questo motivo fu ingaggiato Luca Toni, allora trentaduenne, per poter rispondere in maniera provvisoria a una serie di domande di lunga data: un vero numero 9 avrebbe aiutato la Roma a mettere finalmente le mani sullo Scudetto? La squadra avrebbe comunque funzionato con un predatore d’area e un uomo a sostegno a reggere l’intero reparto? Quale allenatore avrebbe potuto farla funzionare? Di quali abilità c’era bisogno? Chi e cosa sarebbe stato sacrificato?

Se si va a vedere i numeri di quei mesi, questi non sembrano esaltanti. Cinque gol in quindici presenze non erano certo un passo avanti rispetto a quanto fatto dai capocannonieri giallorossi Totti e Osvaldo prima e dopo di lui, ma il gol di mestiere realizzato da Toni contro l’Inter dimostrava cosa mancasse alla squadra e aiutò la Roma a sfiorare lo Scudetto.

Ed è per questo motivo che il periodo passato da Toni in maglia giallorossa è stato, seppur breve, un momento importante della sua carriera e della storia recente della Roma. In quel breve periodo, infatti, Toni ha agito da numero 9, gettando luce sul tipo di giocatore che era veramente, su come funzionasse all’epoca la Serie A e su come la Roma cercasse di assemblare la squadra giusta, pezzo dopo pezzo, per trasformare il “quasi” in qualcosa di definitivo.