Ecco il racconto della trepidante attesa della squadra e della città nei giorni che precedettero la sfida Scudetto col Parma del 17 giugno 2001, fino alla partita che ci consegnò il terzo titolo nazionale del nostro corso.
La storia inizia alle 17:00 del 10 giugno 2001. L’arbitro Treossi, al San Paolo di Napoli, decreta la fine di Napoli-Roma, trentatreesima giornata del campionato di Serie A. Il risultato è 2-2 (Amoruso, Batistuta, Totti, Pecchia), i giallorossi restano primi in classifica, ma la Juventus è lì dietro a incalzare e un altro passo falso nella sfida seguente con il Parma potrebbe costare lo Scudetto.
Lo sanno bene i calciatori capitolini, innervositi da un esito di gara inaspettato dopo essere stati in vantaggio fino a dieci minuti dalla fine. Lo sanno bene Capello e Montella, che discutono a bordocampo a telecamere accese. Lo sanno bene i romanisti, propensi per indole a guardare più il bicchiere mezzo vuoto che mezzo pieno conoscendo i corsi e ricorsi storici del passato.
“È un’altra Roma-Lecce”, esclama un signore di mezza età a piazza San Giovanni, dove parte della tifoseria si è ritrovata davanti ai maxischermi. L’altra parte dei tifosi, invece, va direttamente nel capoluogo campano per seguire da vicino la squadra. Fuori e dentro lo stadio succede l’inverosimile a livello di ordine pubblico. Scene di guerriglia in alcune parti della città partenopea fanno il giro dei tg nazionali. C’è il sole, ma non è una giornata serena. Le condizioni non sono ideali per avvicinarsi alla sfida tricolore della settimana successiva, contro i gialloblù di Ulivieri.
Ma non c’è tempo per piangersi addosso, bisogna prendere tre punti e cucirsi lo scudetto sul petto. “Questi sono gli incontri in cui dobbiamo dare il sangue. In Brasile facciamo così”, dice Emerson per caricare l’ambiente. Capello cerca di smorzare la questione Montella: “Con il Parma farò le mie scelte e non mi farò condizionare dalle questioni personali”, assicura il tecnico di Pieris, alludendo all’impiego del centravanti napoletano insieme a Totti e Batistuta.
Nelle emittenti radiofoniche romane parte subito il tam tam per riempire lo stadio e di farlo in una certa maniera. “Cercate di venire con due bandiere a testa così da dare un impatto visivo e di calore senza precedenti”. L’altra richiesta che parte via etere è quella di presentarsi con una maglia della Roma. E chi non disponesse di una divisa ufficiale, può ricorrere a una semplice t-sthirt rossa per “creare un effetto monocolore che incuta timore agli avversari. Tipo il muro orange degli olandesi”.
C’è pure chi è rimasto scottato dalla trasferta napoletana e decide di dare la sua versione dei fatti trovando la sponda dei conduttori in FM. Si parla di tutto e il contrario di tutto. La tensione è alle stelle. Il Parma, dal canto suo, fa capire di non voler venire in gita a Roma. Almeyda dichiara: “Faremo la nostra parte, noi vogliamo vincere anche se non abbiamo obiettivi da perseguire”. Il Parma, infatti, è già qualificato ai preliminari di Champions League accedendo dal quarto posto.
I biglietti vanno esauriti, la società decide di mettere in vendita anche il distinto dedicato agli ospiti, visto che dall’Emilia partiranno in pochi e quei pochi potranno essere collocati in Monte Mario.
La mattina del 17 giugno ci si presenta all’Olimpico prestissimo. Alle 9, alle 10, qualcuno addirittura giura: “Io sto qui dalle sette di stamattina”. L’atmosfera sugli spalti è incandescente, i posti a sedere esauriti, un uomo in Distinti Nord si porta appresso un bambino di un mese sotto a un sole africano. Quel neonato viene fotografato e il giorno dopo la sua immagine è in prima pagina su “Il Corriere dello Sport” del 18 giugno. Il giornale che racconta della Roma campione d’Italia 2000-01. Per la terza volta nella sua storia. Oggi, quel neonato, ha 23 anni.
Sul campo non c'è storia, lo si capisce dai primi minuti di gioco. La Roma ha diverse occasioni per portarsi in vantaggio, ma non le sfrutta subito. Il momento giusto arriva al 19' con Totti su assist di Candela: il destro del capitano è preciso e imprendibile per Buffon. L'urlo dell'Olimpico è fragoroso. Uno dei boati più forti nella storia giallorossa. L'esultanza del 10 finirà sulle prime pagine dei quotidiani il giorno dopo.
⚽️ Totti ⚽️ Montella ⚽️ Batistuta
— AS Roma (@OfficialASRoma) June 17, 2024
17 giugno 2001: campioni d’Italia! 🇮🇹#ASRoma pic.twitter.com/ogZ4uZa5Ga
Passano pochi minuti, altri 20, per il raddoppio romanista. Cavalcata tracimante di Batistuta verso la porta del Parma, il 18 tira di destro, Buffon respinge, arriva sulla ribattuta Montella a ribadire in rete. 2-0 Roma, la festa sta per iniziare. Ma non prima del 3-0 del Re Leone, con una botta delle sue nel secondo tempo. 3-0. Poi la partita, i tabellini, diranno 3-1 con il gol della bandiera di Di Vaio (che aveva segnato pure all'andata), ma allo stadio non se ne accorge quasi nessuno. Roma 3, Parma 1. Siamo campioni d'Italia. La storia siamo noi.
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