Per Wojciech Szczesny uno dei segreti del successo di Spalletti con la Roma è il suo essere perfezionista.
Il portiere polacco ha sottolineato che il fatto che il mister giallorosso pretenda molto dai suoi giocatori sia una delle chiavi della rinascita della Roma in campionato.
“Spalletti è uno che non accetta errori, sotto tutti gli aspetti, anche nei comportamenti: vuole la perfezione”. ha detto Szczesny ai microfoni di Roma Radio. “È questo aspetto che rende speciale il mister e che ha cambiato la nostra tendenza in campionato permettendoci di vincere tante partite”.
A proposito, qualche partita fa Spalletti urlava contro di te chiedendo se avevi bisogno occhiali…
“Sì, eravamo a Empoli, all'inizio volevamo giocare con il palleggio, poi è entrato Dzeko e il mister mi ha esortato a lanciare per lui. In uno dei lanci ho sbagliato la misura di un paio di metri, lui dall'altra parte del campo si è fatto sentire, urlando "Dzeko, Dzeko". A fine partita avevo paura a rientrare nello spogliatoio. È un episodio divertente ma che è al tempo stesso significativo perché Spalletti come detto è uno che vuole sempre il massimo da tutti noi, in tutte le situazioni. Ripeto, questo è quello che ci ha aiutato a fare così bene in questo periodo e vincere tante gare: anche quella con l'Inter avremmo dovuto farla nostra. Ora, però, credetemi: sentirà l'intervista e se ho detto qualcosa di sbagliato mi ammazzerà...(ride, ndr)”.
Domenica c'è il derby: si sente che è una partita diversa?
“Certo. È sempre un derby, si sente che è una partita speciale. Contro una buona squadra. Noi ci arriviamo nelle migliori condizioni possibili, con il morale alto e in testa solo la vittoria. Sappiamo che per i tifosi vale molto più dei tre punti in palio, ma se vogliamo davvero farli felici dobbiamo pensare che sono solo tre punti e che dobbiamo portarli a casa”.
Qui a Roma ti sei inserito molto bene nel gruppo: davvero ti piacerebbe restare?
“Il calcio è la prima cosa nella mia vita. Se le cose vanno bene nel calcio, anche la vita va bene. Qui a Roma sento la fiducia di tutti. Del mister, dei compagni, dell'ambiente. In queste condizioni le cose non possono che andare bene”.
Al momento sei qui in prestito dall’Arsenal: il club londinese e la Roma sono due squadre e due società simili?
“Sì, sono simili perché entrambe hanno giocatori fenomenali. E’ poi difficile comparare i campionati, quello inglese è più fisico, quello italiano è più tattico. Entrambe hanno fatto una buona stagione. Spero che il prossimo anno entrambe possano vincere i rispettivi campionati”.
Tempo fa hai detto, scherzando con lui, che secondo te Rudiger è il migliore difensore degli ultimi 50 anni. Confermi?
“L'ho detto tre mesi fa e le sue prestazioni mi stanno dando ragione”.
Hai scelto da subito di giocare in porta?
“No. Nessuno da piccolo vuole fare il portiere. Ho iniziato a 7 anni e volevo essere un attaccante. Ma basta guardarmi da lontano per capire che non posso fare l'attaccante. Un giorno il mio allenatore dell'epoca mi ha chiesto se volevo provare in porta. Peraltro avevo mio padre come modello da seguire. Ho provato e ha funzionato”.
Confermi che i portieri sono tutti un po' matti?
“Penso che siamo matti perché giochiamo in porta e che giochiamo in porta perché siamo matti. La teoria funziona in entrambe le direzioni. Tempo fa un mio compagno di nazionale diceva che se uno vuole essere colpito cento volte dalla palla e fare un lavoro noioso non può che essere matto…”.
Chi sono i più matti in squadra?
“Dico Radja primo e poi... Nainggolan. Il podio è tutto suo. Anche io me la gioco ma sono di gran lunga inferiore. In confronto a lui io sono calmo, tranquillo, uno che non sorride mai…”.
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