Non amava la luce dei riflettori. Preferiva restare nelle retrovie, mandando avanti altri protagonisti, senza farsi troppa pubblicità: “Sono un timido, parlo poco. Fare le interviste con un giornalista per un quotidiano su carta stampata mi mette ansia. Andare in tv, poi, non ne parliamo…”, ha spesso ripetuto nell’arco della sua carriera. Eppure, Walter Adrian Samuel, in campo si faceva sentire. Eccome.
È stato un difensore duro, ma leale, con una personalità impressionante. Campione d’Italia con la Roma nel campionato 2000-2001, resta tra i migliori interpreti del ruolo visti a Trigoria negliultimi venti anni. Era soprannominato “The wall” – classe 1978 – perché dalle sue parti non si passava. Lo sanno bene gli attaccanti avversari che già dai primi minuti di gioco cominciavano a sentire la pressione (e i tacchetti) dell’argentino. Come a dire: “Oggi non è aria se transiti da queste parti…”.
All’età di 38 anni, dopo varie esperienze in Italia e in Europa, ha annunciato di smettere con il calcio comunicandolo agli svizzeri del Basilea, la sua squadra negli ultimi due anni. Già, il calcio, uno sport che ama, per avergli dato benessere e notorietà, ma che ha sempre considerato prima di tutto una professione: “A casa non parlo mai di pallone con la famiglia – ha dichiarato in passato – non mi soffermo a vederlo nemmeno tanto in televisione. Questo mi aiuta a rendere al meglio in campo”.
Arrivato giovane nella capitale nell’estate del 2000, si è subito imposto come uno il leader indiscusso del reparto arretrato. Il tecnico Fabio Capello lo faceva giocare sempre, pure nelle amichevoli infrasettimanali. Diventò il perno centrale della retroguardia tricolore al fianco di mostri sacri come Aldair e Zago. “Il ministro della difesa”, titolarono una volta su una rivista monotematica. “È pronto a dar la vita pur di non subire gol”, cantò il rapper Brusco in un brano per celebrare lui e il titolo della Roma. L’uomo che più di altri lo volle in giallorosso fu Franco Baldini, allora dirigente di riferimento per il mercato. Il manager toscano convinse il presidente Franco Sensi a ingaggiare Samuel nella primavera del 1999 dal Boca Juniors, strappandolo alla concorrenza delle altre società europee a suon di miliardi (l’Euro non era ancora in vigore…), ma ad una condizione: quella di “parcheggiarlo” un altro anno in gialloblù per permettergli di disputare la Libertadores. E così fu. Conquistò la coppa più importante del Sudamerica e poi si trasferì a Roma l’estate successiva. Per vincere ancora, lo scudetto dopo diciotto anni e la Supercoppa Italiana. Con la Roma – in quattro stagioni – ha collezionato 173 presenze e 11 gol tra campionato e coppe.
Se ne andò al Real Madrid nel 2004 per venticinque milioni di euro. Ma anche in questo caso il suo addio non fu banale. Decise di lasciare dopo aver rinnovato il contratto con la società, permettendo così di monetizzare al massimo la sua cessione e di aiutare il club in un momento finanziario non ideale. Nel 2009 completa la bacheca personale con l’Inter: campionato, Champions League, Coppa Italia e mondiale per club. Un vincente con i fatti, non a parole.
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