Lo aveva detto anche José Mourinho in conferenza stampa di presentazione della finale: “Se la Roma in passato ha perso qualche partita, non è certo per colpa dei tifosi davanti ai maxischermi”.
Lui, José da Setubal, è più forte delle nostre paure. Lui ci ha preso per mano e condotto fin qui, ad alzare il primo trofeo UEFA della nostra storia.
La Roma ha vinto la coppa con 50mila persone all’Olimpico, davanti agli schermi. Un colpo d’occhio incredibile, un’atmosfera magica. Come tante partite in questa stagione giocate allo stadio.
La carica dei presenti è arrivata fino in Albania per la storica vittoria della Conference League.
Curva Sud, Nord, Monte Mario, Tevere: è l’ennesimo sold out della stagione. Stavolta, l’ultimo. Perché da domani sarà tempo di festeggiare, fino all’inizio della prossima stagione. Perché c’è sempre un’altra stagione, e magari ci sarà un altro titolo vinto. A bando la scaramanzia.
Tutto pieno dentro l’impianto del Foro Italico. Solo che in questa occasione i calciatori in campo non ci sono. Sul terreno verde sono disposti sei schermi a proiettare le gesta dei giallorossi da Tirana. Uno schermo davanti la Sud, uno davanti la Nord, due davanti la Tevere e due di fronte la Monte Mario.
Tante bandiere giallorosse a sventolare. Il prepartita è la consueta passerella di romanismo con le quattro canzoni trasmesse dagli altoparlanti in ogni occasione romanista. “Forza Roma, forza lupi”, “Campo Testaccio”, “Mai sola mai” e “Roma Roma Roma”. Il momento del brano di Conidi è da brividi, con il cantante a bordo campo a intonare le sue note, con un mare di coinvolgimento sulle tribune. Sciarpe, bandiere, pure qualche lacrima ripresa sugli schermi. Ancor prima di iniziare la finale.
E quando in tv appaiono stemmi o tifosi del Feyenoord, non mancano i cori di disapprovazione. Edulcoriamo così il concetto.
Ma il coinvolgimento è totale. Anche durante la partita. A ogni azione, a ogni fallo, si esulta e si reclama come un matchday. E quando al minuto 32 Zaniolo porta in vantaggio la Roma, l’Olimpico si trasforma in una bolgia. L’esplosione è incredibile. Le bandiere sventolano, l’urlo del “gol” è fragoroso.
Il secondo tempo è una sofferenza incredibile, con i due pali olandesi, ma il soffio dei 50mila arriva fino all’Arena Kombetare. Si canta tutti: "Se i tuoi colori sventolo, i brividi mi vengono...". La squadra di Mourinho difende con tutta se stessa. E al quinto minuto di recupero, dopo il triplice fischio, è un tripudio difficilmente raccontabile.
L’invasione di campo è praticamente istantanea. Stavolta non c’è il rischio del 17 giugno 2001 perché i giocatori stanno da un’altra parte. Stavolta si può festeggiare, si può tornare a festeggiare un trofeo dopo 14 anni dalla Coppa Italia del 2008.
È tutto bellissimo. È tutto molto romanista. Altro che storie. Che coppa, che notte, che meraviglia. E quando è mezzanotte, la gente è ancora sul terreno verde dell’Olimpico a festeggiare. “A mezzanotte, usciamo a mezzanotte”. No, molto più tardi. Questa notte è ancora nostra. Come la coppa. La Conference League.
Nostra, solo nostra.
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