“La mia condizione fisica attuale è ottima, nonostante questo piccolo fastidio al tendine”, ha dichiarato il centrocampista della Nazionale ai media. “Per me si tratta di una parte del copro molto delicata, ci ho sofferto parecchio in passato, era un anno che non sentivo niente grazie al lavoro fatto a Roma con Damiano Stefanini e con gli altri fisioterapisti. Il fastidio è uscito fuori soprattutto a causa dei campo un po’ duri quando ha fatto tanto caldo la scorsa settimana e si è infiammato. Ho letto tanta preoccupazione, ma in questi casi o ti fermi o ti giochi sopra. A livello atletico, però, mi sento bene come non mi sentivo da tempo”.
Daniele è in Nazionale in pianta stabile dal 2004 e si è laureato Campione del Mondo nel 2006, ma dall’alto di tre Mondiali e due Europei già disputati il numero 16 giallorosso ha confessato di aver avuto dei dubbi sulla sua presenza tra i 23 convocati.
“La differenza è che nelle altre occasioni mi sentivo sicuro fino all’ultimo giorno e che se anche avessi fallito un’amichevole sarei stato tra i 23 comunque. L’allenatore attuale punta molto sulla situazione atletica e per gli infortuni che ho avuto in questa stagione, la prima in cui ne ho avuti ripetuti, rischiavo di essere un punto di domanda per l’allenatore. Ho quindi dovuto fare un lavoro diverso per approcciarmi a questo tipo di allenamenti Stavolta sono partito sapendo che sarebbe stata decisiva anche la partitella del giovedì”.
Conte quanto sta puntando sulla motivazione del gruppo?
“Conte è uno che punta tanto sulle motivazioni del gruppo e riesce a toccare quelle corde e a motivare veramente un calciatore. Lo ha sempre fatto e credo che in questo momento così particolare chiunque pigerebbe su quel tasto. Evidentemente non siamo favoriti, però abbiamo l’orgoglio storico degli italiani, siamo una nuova squadra, molto organizzata. È giusto prendere la consapevolezza del fatto che non siamo i favoriti, ma è altrettanto giusto essere consapevoli che possiamo battere tutte le squadre con cui giochiamo. Ci sono stati anni in cui con la Roma ho vissuto la stessa sensazione: la squadra non creata per vincere, non era una schiacciasassi, ma tutti quelli che giocavano contro di noi sapevano che di poter perdere contro di noi, ma purtroppo anche le più deboli sapevano di poter vincere. Con l’Italia dobbiamo cercare cancellare la seconda parte della mia frase e far capire agli avversari che possono perdere contro di noi e soprattutto creare questa consapevolezza anche dentro di noi”.
Come hai vissuto la situazione di Totti?
“Certe tensioni si sono vissute molto grandi all’esterno ma non per noi che le vivevamo da dentro. A Roma però si crea la catastrofe, soprattutto quando si parla del giocatore più forte della storia della Roma e di uno degli allenatori più forti della storia della Roma. Parlarne non ne ha mai fatto bene e non vedo perché dovrei parlarne oggi”.
Hai già programmato una data di scadenza della tua avventura con la Nazionale?
“Non mi pongo problemi di scadenza. E la convocazione non era la mia preoccupazione principale, il mio obiettivo è fare un grande Europeo e vincerlo. La chiamata tra i 23 costituisce solo il primo passo. Per come la vivo la nazionale, non c’è una scadenza secondo me. So qual è il percorso di un calciatore, so che il calcio finisce, io mi sento bene, ma se sarò in Nazionale il prossimo anno lo deciderà il prossimo allenatore, se vedrà gente più forte di me o meno. Non mi vergognerei se non mi dovessero più convocare. È il normale svolgimento delle cose e sarò sempre a disposizione. Se dovessero esserci problemi fisici per poter proseguir la propria carriera nel Club è un altro conto, ma non ne ho ancora di questi problemi”.
Potete vincere l’Europeo?
“Si dice che “sono tutte finali” e così è. Poter vincere contro tutti secondo me è una qualità che già abbiamo, ora dobbiamo provare vincere sette volte su sette in tutti gli ostacoli che ci si presenteranno”.
Ad alcuni di voi manca il ritmo partita?
“Non lo sappiamo ancora, si vedrà quando giocheremo. Di sicuro il lavoro che facciamo qui è durissimo, sicuramente il più duro fatto con i vari allenatori che io abbia mai avuto. Visto che nella Juve di Conte la forza e la resistenza era un’arma in più, sono fiducioso che potrebbe essere anche l’arma in più per questo Europeo, potrebbe essere una qualità da sfruttare con le altre squadre”.
La propensione al lavoro tattico Conte potrebbe migliorare la tua posizione in campo?
“È un vantaggio assoluto per qualsiasi giocatore avere un allenatore che cura molto l’aspetto tattico, sapere dove si trova il tuo compagno anche senza guardarlo è una cosa importantissima. Poi ci sono quelli che giocano tutti d’istinto ma sono sempre pochi e se non sono accompagnati da una squadra organizzata non fanno nulla. Avere una percezione tattica con i compagni ti aiutata ad aiutare e a esser aiutato: per me è un vantaggio da sfruttare generalmente. Poi la posizione tattica può cambiare, c’è chi ti chiede di essere in po’’ più alto, chi ti chiede di schiacciarti di più sulla alinea difensiva, ma sono sfaccettature più o meno importanti. L’impostazione molto attenta alla tattica è una cosa che trovo sia qui, sia a Roma con Spalletti e a me fa star bene ma credo sia comunque un aiuto per tutti quanti”.
Questo problema al tendine ha condizionato anche il tuo lavoro alla Roma?
“Non ho avuto problemi al tendine in stagione, ma muscolari e al polpaccio e al flessore, oltre che alla caviglia. Non mi sono mai curato con l’idea di dover fare l’Europeo. Un paio di questi infortuni me li sono fatti proprio perché non ho pensato a fare l’Europeo ma per rientrare al più presto con la Roma. Contro il Real Madrid non era normale che io scendessi in campo, ma non rimpiango di averlo fatto perché è il mio modo di essere. Se avessi pensato all’Europeo me ne sarei stato al caldo del mio palchetto a vedere i miei compagni giocare. Ho sempre cercato di velocizzare il rientro, di forzarlo: mi piace aiutare i miei compagni, mi piace giocare a calcio, il mio allenatore me lo chiedeva e non pensavo di potermi fare male. L’ho fatto per la Roma perché l’obiettivo del secondo posto era molto reale. Poi, più mi avvicinavo a fine maggio, più capivo ovviamente che sarebbe arrivato anche l’obiettivo Europeo”.
C’è un forte gruppo Juventus in Nazionale, ti senti di consigliare al tuo Club di puntare di più sui giovani?
“La Juve ha sempre dato una grossa spinta alla Nazionale, c’è sempre stato un grande gruppo bianconero ed è normale che sia così perché è una squadra forte. Essere tre giallorossi, però, non è nemmeno tropo poco, siamo più del Milan, dell’Inter e del Napoli. È la dimostrazione è che i giocatori bravi i sono anche alla Roma. Non devo consigliare di investire sui giovani, lo abbiamo visto qualche giorno fa che la Primavera ha raggiunto la finale Scudetto: negli ultimi anni sono stati lì ad alto livello, anche con la categoria Giovanissimi e con gli Allievi: è solo un merito in più a Sabatini, a Ricky Massara, a Bruno Conti. Gente che ha vissuto il settore giovanile a 360 gradi e i risultati sono sotto gli occhi di tutti: se non arriva la Primavera, arrivano gli allievi o i Giovanissimi. La Primavera negli ultimi due anni è arrivata in semifinale e ai quarti di UEFA Yoth League, la Champions dei giovani e questo è un risultato anche a livello europeo, non solo italiano. Puntare sui giovani è giusto e credo che la Roma lo faccia più di chiunque altro. Non parlo poi dell’allenatore della Primavera (Alberto De Rossi, ndr): mi pare un po’ scontato farlo, non parliamo mai di noi a vicenda”.
Nel giorno del 70° anniversario della Repubblica quanto ti senti italiano?
“Se parliamo di calcio ho sempre dato grande rilevanza a questa maglia e sempre sentito forte al mia appartenenza. Mi sento sempre investito di una missione, anche se solo calcistica, da compiere. Essere italiani deve portarci a ritrovare questo orgoglio, che nel calcio è più facile mentre nella vita di tutti i giorni ci porta a essere arrabbiati tra noi. Bisognerebbe cercare di unirci a prescindere, non solo tramite il pallone”.
All’esterno i tifosi stanno contestando la scelta della maglia numero 10, data a Thiago Motta.
“I numeri di maglia sono importanti quando sei giovane, sono scaramanzie e cose frivole. Non la ritengo una cosa molto importante, non credo l’abbia scelta Thiago. Non era il sogno della sua vita ma l’ha accettata perché è un ragazzo eccezionale, non crea mai problemi, figurarsi per un numero. La gente che si diverte a parlare di Thiago Motta e che lo ha paragonato con altri 10 dovrebbe venire a fare due palleggi con lui e sciacquarsi la bocca: dal punto di vista tecnico forse è l’unico che lo merita il 10 qui: ha vinto tutto nel mondo e non è inferiore a nessuno”.
Quanto ti manca Pirlo?
“Manca tanto al calcio italiano. Lui poteva anche risolverti la partita in qualsiasi momento, ti dava una qualità di gioco superiore. Ha fatto una scelta di andare nel posto più bello che c’è per vivere e sono contento della scelta che ha fatto, ha ragionando anche pensando all’Europeo sapendo che avrebbe avuto meno spazio”.
Ti ci vedi in America in futuro?
“Non dobbiamo parlarne oggi, quello che ho detto è che mi piacerebbe trovare un’esperienza lì. Lontano da Roma mi vedo solo in un calcio molto più distaccato da Roma: non mi vedrei mai al Milan o all’Inter, non vorrei competere mai con la squadra del mio cuore. Il prossimo ano sicuramente giocherò con la Roma e quindi c’è tempo per pensarci. “
In quale modulo possiamo vedere il miglior De Rossi?
“Non lo so, in allenamento siamo tutti forti e in campo dobbiamo capire in che modo l’avversario riesce a metterti in difficoltà, sono cose che si vedranno, ma dall’alto dalla mia età questi moduli li ho fatti tutti ed è un piccolo vantaggio in più. A Roma ne abbiamo uno ancora diverso. La conoscenza di diversi sistemi di gioco costituisce un serbatoio importante anche per i cambiamenti che possono esserci a partita in corso”.