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Mourinho: "La squadra è unita e ha un grande spirito"


Dopo il pareggio con il Torino, mister Mourinho ha commentato così la prestazione della Roma

Cosa è successo al momento dell’espulsione?

“L’espulsione è giusta. Le mie parole meritavano il cartellino rosso. Ho parlato con lui dopo la partita e mi sono scusato. Però, della sua partita non voglio parlare. Credo di avere avuto l’umiltà per chiedere scusa per delle parole che, ripeto, meritavano l’espulsione. Però della sua performance, della sua ipotetica influenza nello sviluppo del match, al di là di qualche episodio importante, lascio a voi il giudizio”.

Cosa non le è piaciuto in particolare della direzione arbitrale?

“Ho detto che non voglio parlarne. Lo tengo per me stesso. La partita è terminata e io dico sempre che la gara che puoi vincere non è mai quella che finita, ma la prossima. Ho parlato con l’arbitro e, davvero, non voglio affrontare pubblicamente le questioni tecniche. Le mie parole meritavano il rosso e mi sono scusato”.

Parliamo allora di questa partita?

“Di quale partita?”.

Di questa.

“Ci sono state due partite, oggi”.

Cosa intende?

“Ci sono state due partite. Una fino al 70’ e una dopo il 70’. Fino al 70’, i tifosi della Roma vogliono andare a casa - qualcuno fischiava – e sono dispiaciuti: non giochiamo bene, non creiamo delle situazioni. E negli ultimi venti minuti abbiamo creato più di quanto abbiamo fatto nei primi 70, e direi anche più di quanto abbiamo fatto nelle ultime quattro, cinque partite. E perché? Facile. Siamo una squadra con un certo tipo di qualità, con un certo tipo di limiti, e quando un giocatore come Paulo non c’è, è molto diverso per noi.

Non voglio fare l’Harry Potter, ma quanti punti in più avremmo fatto con Paulo in campo nelle ultime sei partite? E due le abbiamo giocare senza di lui e senza Pellegrini insieme. La difficoltà che si vede nella costruzione del gioco deriva dal fatto che ci sono squadre che hanno venti calciatori meravigliosi, di qualità, creativi. Noi abbiamo quello che abbiamo. E la luce è lì. Abbiamo perso la luce e la qualità della squadra è diversa.

Ci sono dei giocatori che, in questo momento, sono a livello bassissimo e la squadra ha bisogno di tutti. Questo periodo è utile per riposare un po’, e poi per preparare un secondo ritiro, che faremo prima della ripresa del campionato. Ma a livello individuale, è utile anche per i giocatori: per fare un’autocritica. Esattamente come farò anche io.

Con tutti questi problemi, la squadra è unita, ha un grande spirito. Fare quello che abbiamo fatto oggi era veramente difficile. Prendi due pali e sbagli un rigore al 92’: la partita sarebbe potuta morire lì. E invece è andata avanti fino alla fine. Se ci fosse stato uno o due minuti in più, avremmo fatto anche di più.

Ho chiamato questi venti minuti i minuti della speranza. La speranza di avere Paulo, di avere Pellegrini, di avere tutti. E anche la speranza di avere un Tahirovic, che da settimane dicevo che era quasi pronto, che era sotto pressione e che so che non mi lascerà mai, né con la sua qualità, né con la sua personalità. Questo è anche il frutto del lavoro del Club. Non ci sono milioni e milioni da spendere, però siamo uniti, lavoriamo tutti assieme. E complimenti a Tahirovic: ha fatto davvero bene al debutto”.

Alla Roma manca la mentalità?

“La mentalità la fa la maggioranza dei giocatori. Si parla tanto di cultura del Club, cultura della tifoseria, cultura della città: secondo me, no. Secondo me, si costruisce tutto con la mentalità dei giocatori”.

Era Belotti il rigorista designato?

“No, non era lui. Non dico niente di più. È il tipo di situazione di cui parlavo dopo l’errore di Ibanez con la Lazio: Belotti può sbagliare. Il problema non è sbagliare, ma quando puoi dare di più di quello che dai, e per qualche motivo non la dai.

È questa fragilità mentale qualche volta intrinseca a te stesso, e qualche altra dipendente dal fatto che per te il calcio non è fondamentale per la tua vita, che io non ‘mangio’ o, se ‘ mangio’, poi mi fa sentire male, mi rende indigesto. Belotti ha avuto almeno il coraggio di tirare il rigore”.