IT
  • EN
  • Home Notizie

    Mourinho: "Non sarà la mia Roma, sarà la Roma dei romanisti"


    José Mourinho è stato presentato in conferenza stampa. Diversi i temi trattati dal nuovo responsabile tecnico giallorosso nel suo primo incontro con i giornalisti.

    Ecco le sue parole.

    “Prima di tutto voglio e devo ringraziare i tifosi. La reazione dopo l’annuncio è stata veramente eccezionale. Ho avuto subito questa sensazione. Non ho fatto nulla per meritare questo. Mi sono sentito subito in debito. L’accoglienza è stata emozionante. La prima cosa che devo fare è ringraziare loro. Poi ringrazio la famiglia del club, della proprietà, della famiglia Friedkin, di Tiago, di tutti voi. Ma il modo dei tifosi è stato emozionante e mi ha colpito. Perché sono qui? Perché siamo vicino alla statua di Marco Aurelio. Nulla viene dal nulla, nulla ritorna dal nulla. Questo è un significato molto simile a quello che ho sentito io quando ho parlato con Dan e Ryan”.

    “Quello che vogliono per il club, un progetto molto chiaro, non dimenticare mai il passato, costruire un futuro, la parola tempo esiste. Quello che la proprietà vuole è non successo oggi e problemi domani. Ma creare un sistema sostenibile. Lasciare un’eredità per il futuro. Questa è la ragione per cui sono qui. Ora è arrivato il tempo di lavorare. Insieme ai miei, a chi è arrivato con me, ma i miei sono quelli che lavorano con noi. Tutti noi. Non siamo qui in vacanza, per fare turismo, siamo qui per lavorare. La Roma ha il nome, il simbolo e i colori di Roma, si confonde con la città nel mondo. Oggi c’è il primo allenamento alle 16”.

    Questa pressione, questo calderone bollente di questa città che effetto fa? La eccita stare in questa città dove si parla di calcio tutto il giorno?

    “Ho dovuto cambiare già telefono tre volte. Non so come lo avete trovato… Scherzi a parte, è fantastico, è incredibile. Quando lavori in Italia e poi sei lontano, ti manca una realtà in cui si parla sempre di calcio. C’è un lavoro da fare internamente, noi del club dobbiamo centrarci sul lavoro da fare, il nostro. Voi avete il vostro, noi abbiamo il nostro. Non sono una persona troppo simpatica quando lavoro. Io difendo il mio club, ciò che facciamo internamente se possibile deve restare internamente. Tutti noi dobbiamo pensare così. Rispettando però il vostro lavoro”.

    Come proverà a cambiare il dna del gruppo?

    “Dobbiamo conoscere il gruppo. È importante farlo. Ci sono dei principi fondamentali, ci sono dei principi non negoziabili. Oggi c’è il primo giorno di allenamento, voglio che i giocatori capiscano subito come lavorare. Il mio modo di lavorare è molto semplice, al 100%. E non solo i giocatori, tutti noi all’interno del club. Ho passato la quarantena nel centro di allenamento, ho visto una gioia terribile di lavorare insieme. E questa è una sensazione molto buona. Un buon feeling”.

    Nei giornali si legge che lei ha parlato con diversi giocatori in chiave mercato.

    “Non ho parlato con nessuno. Tu puoi pensare che sia vero o che non è vero, ma non ho parlato con nessuno. Parlo con Tiago, parlo con la proprietà, parlo con diverse persone del club, ma di giocatori non ho parlato con nessuno”.

    Lei arrivò in Italia la prima volta nel 2008, in un campionato molto competitivo. Oggi la Serie A ha perso un po’ di terreno. Questa può essere la sfida più importante della sua carriera?

    “La prossima sfida è sempre la più importante della mia carriera. E parlo di questa sfida, ovviamente importante. A proposito del calcio italiano, l’Italia è una squadra finalista all’Europeo, con tanti giocatori che giocano in Italia. Dunque, è un campionato importante. Noi che lavoriamo per questo campionato dobbiamo fare ancora di più per migliorare”.

    È andato via dall’Italia nel 2010. Gli italiani hanno continuato a parlare di lei. Lei oggi come è cambiato?

    “Sono un allenatore migliore. Tutte le persone dovrebbero sentirsi così. Se non miglioriamo, qualcosa non sta funzionando per il meglio. Sono più maturo, ma sono la stessa persona, nel bene o nel male”.

    Si parla del futuro di Dzeko. Come si pone rispetto a lui? E, in caso, il capitano tornerebbe lui?

    “Io ti voglio rispondere alla domanda, ma non parlo e non dico ciò che faccio all’interno. Sarò antipatico, ma per me è così. La questione del capitano la dovrà sapere prima la società che voi”.

    Si aspettava quest’accoglienza in questa città in cui vige la frase “Veni, vidi, vici”?

    “Si tratta di un contratto triennale, non possiamo sfuggire al fatto che qui non si vince da tanti anni. Dobbiamo capire perché la squadra è arrivata distante dallo scudetto e dal quarto posto. Dobbiamo conoscere le risposte. Vogliamo arrivare a dei titoli, seguendo una traiettoria normale”.

    Che ruolo avranno Spinazzola e Cristante nella sua Roma?

    “Siamo tutti noi felici che abbiamo questi giocatori in Nazionale, in una Nazionale che sta facendo molto bene e che ha il 50% di possibilità di tornare a casa da campioni d’Europa. È un orgoglio per i miei giocatori. Cristante dimostra che è una nazionale piena di giocatori di talento. Ne giocano 11, Mancini non può fare di più, ma ha molto rispetto di Cristante. Ogni volta durante le partite si gira verso la panchina e pensa a lui. È un calciatore straordinario in un gruppo. Lo aspetto a braccia aperte. Nel caso di Spinazzola è una sfortuna. Però è un ragazzo positivo. È una situazione dura per lui e per noi, non lo avremo per tanto tempo. Al suo posto? Abbiamo un ragazzo giovane come Riccardo Calafiori, c’è fiducia in lui, però abbiamo bisogno di un terzino sinistro”.

    Undici anni dopo ritorna con quali sentimenti nel calcio italiano?

    “Io sono l’allenatore della Roma, prima. Non voglio essere niente di più. Ho tanto da fare qui, che mi devo centrare tanto nel mio ruolo. Se come conseguenza del nostro lavoro nel club, noi possiamo dare qualcosa in più al calcio italiano è fantastico. Le situazioni critiche possono arrivare e non arrivare, io per difendere i miei farò di tutto. Se ci sarà bisogno di qualcosa di più, siamo qui. Per cercare io dei problemi ovviamente no. Mi voglio divertire e penso che ci possiamo divertire tutti”.

    Che obiettivi vi siete posti?

    “Io sono una vittima di quello che ho fatto. Una vittima di come la gente mi guarda. Nel Manchester United ho vinto tre titoli ed è stato un disastro. Nel Tottenham, dopo una situazione iniziale difficile, mi sono guadagnato una finale, senza possibilità di potermela giocare. Quello che per me è un disastro, per gli altri è una cosa fantastica. L’obiettivo? Parlando in modo molto pragmatico, vincere la prima partita ufficiale. Poi pensare alla prossima. C’è un lavoro da fare, questa squadra e questa società ogni giorno deve essere migliore. Partendo dalla struttura di Trigoria. L’obiettivo è questo, ogni giorno dobbiamo fare meglio ed essere migliorei”.

    Vuole rispondere qualcosa a chi la considera non più al top?

    “Ho già risposto prima: gli ultimi tre club con cui ho lavorato ho vinto un campionato con il Chelsea, tre coppe con il Manchester United, una finale non potuta giocare con il Tottenham. Quello che per me è un disastro, altri non lo hanno mai fatto nella vita. È colpa mia”.

    Come vede le avversarie del campionato?

    “Non voglio la Roma di Mourinho, voglio la Roma dei romanisti. Io sono uno in più, niente di più. Se tu vuoi parlare della Juventus di Allegri, del Napoli di Spalletti e della Lazio di Sarri puoi farlo, ma la Roma di Mourinho non mi piace”.

    Questa squadra è già abbastanza forte per vincere?

    “Non è un’ossessione per me parlare in questo modo. C’è una verità: abbiamo finito 29 punti lontani dal primo posto e 16 dal quarto posto. Primo dobbiamo capire perché. Fino ad arrivare a quello che vogliamo arrivare. Il tempo è stata una parola chiave la prima volta che ci siamo parlati con la proprietà. Ma se possiamo accelerare questo processo, meglio. Questa è la mia natura e mi auguro che tutti noi nel club possiamo avere questa mentalità”.

    Ritiene positiva una stagione senza titoli?

    “Voi parlate sempre di titoli, noi parliamo di progetto, di lavoro, di tempo. I titoli sono promesse troppo facili da fare. I titoli arriveranno. La proprietà non vuole un successo isolato. Vuole arrivare lì e rimanere lì. Una vittoria isolata è facile, restarci un po’ meno. Vogliamo essere sostenibili anche nella struttura del club. Non vincere e non poter pagare gli stipendi poi”.

    Come ha trovato Zaniolo? È pronto per essere protagonista nella squadra? E quale può essere il suo ruolo?

    “Dobbiamo capire prima. Zaniolo è un ragazzo con un talento fantastico, come tanti altri nella squadra. Sappiamo quello che è successo a livello di infortuni. Dobbiamo trovare l’habitat naturale, dove si può esprimere al massimo. Vogliamo un’idea di gioco condivisa dai giocatori, che i giocatori siano felici nel loro ruolo”.

    La serie tv sul Tottenham fa uscire il vero Mourinho? E la sua idea tattica per cominciare quale è?

    “Un’idea ce l’abbiamo, ma deve essere lavorata ogni giorno. Dobbiamo cercare di capire come far esprimere i giocatori al massimo, dove loro siano confortati. In questo momento nel calcio è più difficile definire un sistema di gioco, durante le partite devi essere pronto a cambiare. Vediamo piano piano. Non ho visto la serie sul Tottenham, però sì, noi eravamo naturali anche se sapevamo che le telecamere erano nascoste”.

    Le dispiace non incontrare Conte come avversario? E come sarà incontrare un altro portoghese, Ronaldo?

    “Ci sono degli allenatori nella storia dei club che non si possono paragonare. Nella Roma nessuno deve paragonare Fabio Capello o Nils Liedholm ad altri. Nell’Inter nessuno può paragonare me o Helenio Herrera ad altri. Ronaldo? È fortunato che non gioco più difensore centrale..”.

    Come vede la sua Roma tra tre anni?

    “Festeggiando. Cosa? Qualcosa”.

    Ultima domanda di Socios: se entro tre anni la Roma vincerà, il nome José sarà più diffuso in questa città.

    “Giuseppe”.