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    Da Ghiggia a Pedro: 67 anni di Roma con Fabrizio Grassetti


    È un'emozione che si rinnova a ogni debutto: "La avverto a ogni esordio giallorosso in casa. Domenica sera, contro la Juventus, sarà forte come quella provata 67 anni fa".

    Cosa ricorda della sua prima volta all'Olimpico?

    "Era l'ultima giornata del campionato 1952-53. Avevo 9 anni. Quella partita vide il ritorno di Amos Cardarelli, che avrebbe dovuto partecipare all'Olimpiade di Helsinki. Amos, a cui i romanisti erano particolarmente affezionati, si ammalò però di pleurite e rimase a lungo lontano dai campi di calcio. L'attenzione di tutti fu quindi rivolta alla sua ripresa agonistica. L'incontro non fu bellissimo, si giocò su un terreno reso pesante dalla pioggia. Ma la prova di Cardarelli fu gagliarda".

    Tra i Roma-Juventus del passato, ce n'è uno che annovera tra gli indimenticabili?

    "Ne potrei citare tanti. Me ne viene in mente uno del 1960-61, vinto 2-1 con i gol di Manfredini e Lojacono. Francisco si era lussato un braccio per un brutto intervento da dietro di Boniperti, ma continuò a giocare con una fasciatura - come Beckenbauer in Italia-Germania 4-3 ai Mondiali del '70 - e nella ripresa scagliò un tiro incredibile che si infilò sotto alla traversa. Fu una sfida epica. Un altro Roma-Juventus bellissimo fu quello in cui ci imponemmo per 1-0 grazie a un'autorete allo scadere del difensore Bercellino (4 dicembre 1966, ndr). Per un tifoso, vincere così è meraviglioso".

    Con il passare degli anni, è scemata l'emozione per l'esordio della Roma all'Olimpico?

    "Sembrerà incredibile, ma è rimasta la stessa. È sempre una sensazione forte. Sono pagine di un libro che non puoi saltare".

    E quindi lei non ne ha mai saltata una?

    "Mi rendo che può essere antipatico dirlo, ma sì: non me ne sono perso nemmeno una. Ho avuto il privilegio di seguire allo stadio tutte le prime partite casalinghe della Roma. Dopo quella gara con la Spal, dalla stagione successiva mi sono sempre abbonato".

    Si ricorda dunque quale fu la sua prima volta all'Olimpico in occasione dell'opening day del campionato?

    "Certo, fu la prima gara dopo quel Roma-Spal: con il Genoa, il 13 settembre 1953. C'era grande attesa per l'esordio di Ghiggia. Alcide era stato già presentato in amichevole con il Charlton. Contro i rossoblù vincemmo 4-0. Immaginatevi la gioia: per la goleada alla prima giornata e per aver potuto vedere dal vivo un campione del mondo" .

    Quanto sarà strano un Roma-Juventus senza il sostegno dei tifosi, senza la voce e l'amore della Curva Sud?

    "Sarà tristissimo. Sarà una mancata festa. Si avvertirà un senso di vuoto. Questo virus, questo male che dobbiamo debellare, sta incidendo su tutte le sfere della società civile. Domenica mancheranno i colori e i suoni dei romanisti".

    Cosa pensa del lavoro fatto dalla Società a Roma durante l'emergenza Coronavirus, a sostegno delle frange più deboli della popolazione?

    "Ogni volta che venivo a conoscenza di un'attività compiuta dalla Roma, mi sentivo orgoglioso di essere romanista. Penso ai pacchi dono distribuiti dalle apette giallorosse alle persone meno fortunate, penso alle iniziative organizzate per far sentire la Società vicina ai romanisti nonostante fossimo distanti. Penso al lavoro fatto in quelle settimane da Roma Cares. E ricordo con piacere anche la beneficenza compiuta dai tifosi individualmente, e dai Roma club. Bisogna essere fieri di quanto è stato fatto durante la crisi sanitaria, dalla Società in primis".

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    Quanto è stato difficile non poter tifare la Roma dagli spalti, nella seconda parte di campionato?

    "È stato terribile. È stata una sofferenza. Ho avvertito tanto la mancanza dell'Olimpico. In questo periodo, per essere vicini ai nostri Roma club, ci siamo organizzati per poter vedere le partite tutti assieme. Naturalmente, rispettando tutte le misure di sicurezza".

    Tra coloro che hanno seguito la Roma sugli spalti ci sono stati Dan e Ryan Friedkin. Cosa pensa della loro prima intervista e, in assoluto, di questi primi loro giorni al comando del Club?

    "Vedere queste due figure al Bentegodi così vicine alla squadra, che osservavano le misure di distanziamento sociale nonostante fossero padre e figlio, è stato un segnale molto, molto positivo. Hanno seguito la Roma in trasferta, contro un avversario non certo di richiamo. Mi è piaciuto parecchio questo approccio. E anche il loro silenzio di questi giorni è una prova di serietà. Quando torneranno a parlare, sono sicuro che non saranno vuote affermazioni: lo faranno per illustrare dei fatti concreti".

    Che impressioni le ha trasmesso la prima stagione di Paulo Fonseca e cosa si aspetta dalla seconda?

    "Dico sempre che il tifoso deve fare il tifoso, non l'allenatore o il commercialista. Non è corretto esternare pubblicamente un giudizio tecnico. Sulla persona Fonseca posso dire che si è sempre presentato bene: ha i modi giusti, è una bella figura. Per quanto riguarda le attese, aspettiamo che termini il calciomercato. Comunque, ogni volta che riparte una stagione sogniamo sempre di vincere tutto. Noi romanisti siamo degli eterni Peter Pan".