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La prima intervista di Mkhitaryan in giallorosso


Le parole del nuovo calciatore giallorosso, arrivato in prestito dall'Arsenal

Benvenuto a Roma, Henrikh. Cosa significa per te arrivare alla Roma?

"Per me significa molto. È una nuova opportunità, l’inizio di un nuovo capitolo della mia carriera. Farlo in questo club è fantastico. So cosa rappresenti questo club e sono certo che questa squadra può raggiungere grandi traguardi”.

Cosa hai pensato quando hai saputo che la Roma era interessata a te?

“All’inizio erano solo voci ma poi la trattativa ha iniziato a concretizzarsi. Quando ho saputo di questa possibilità, ci ho pensato e poi ho preso la decisione di venire alla Roma”.

Hai già potuto vedere un po’ la città e il centro sportivo. Quali sono le tue prime impressioni sul Club?

“Ancora non ho visto la città, ma so che è una città straordinaria. Conosco un po’ la storia italiana. Il centro sportivo è fantastico, le strutture sono pensate per allenarsi duramente per poi dare il massimo in partita”.

Nella tua carriera hai giocato nel tuo paese, poi in Ucraina, in Germania, in Inghilterra e ora giocherai in Italia. In che modo queste esperienze in diversi paesi ti hanno aiutato come giocatore?

“Non sarà semplice all’inizio arrivare in un paese nuovo, con una cultura diversa. È una città nuova, una squadra nuova, una nuova filosofia di gioco, nuovi compagni, un nuovo allenatore: farò del mio meglio per adattarmi velocemente e aiutare la squadra a raggiungere gli obiettivi prefissati. Sarà bello poter vivere l’esperienza del calcio italiano”.

Non sei un centravanti ma hai sempre segnato molti gol in tutte le squadre in cui hai giocato.

“Cerco sempre di farlo. Segnare mi fa sentire bene, penso faccia piacere a tutti segnare un gol. Ma non semplicemente segnare, anche aiutare la squadra a farlo, magari fornendo un assist. La cosa più importante è vincere la partita. È più importante vincere la partita e non segnare che segnare e non vincere la partita. Ma farò del mio meglio per segnare e al tempo stesso aiutare la squadra a vincere”.

Era la mia prossima domanda. Nella tua carriera hai 107 tra gol e assist messi insieme. Aiutare a fare gol ti piace tanto quanto segnare?

“Certamente. Si sente spesso dire che un assist valga di più di un gol, perché rappresenta più della metà del lavoro. Se c’è la possibilità di dare la tua palla al tuo compagno per farlo segnare, è meglio farlo, piuttosto che essere egoista e cercare di fare tutto da solo”.

Nella tua carriera hai avuto molti allenatori, tra cui alcuni dei migliori al mondo.

“È vero, ho imparato molto da ogni allenatore che ho avuto e posso dire che sono stati tutti diversi. È stata una bella esperienza lavorare con tutti loro, ora sono impaziente di iniziare a lavorare con Fonseca. So come gioca, lo so perché guardavo giocare la mia ex squadra, lo Shakhtar Donetsk, quando lui era l’allenatore. Mi piaceva molto il loro modo di giocare, spero che possa trasmettere le sue idee anche qui a Roma”.

È qualcosa che ha influito sulla trattativa? Conoscere l’allenatore, avere visto come giocava allo Shakhtar…è stato uno dei fattori?

“Certamente. Tutti i giocatori vogliono giocare un calcio offensivo, bello da vedere. Cercheremo di giocare anche noi un calcio offensivo per fare felici i tifosi”.

C’è qualcuno degli allenatori che hai avuto in carriera il cui stile di gioco si avvicina a quello di Fonseca?

“Ancora non gli ho parlato e non conosco la sua filosofia di gioco. Potrò rispondere a questa domanda forse alla fine della stagione, quando avrò lavorato con lui per un po’ di tempo. Penso comunque che abbia delle idee valide, che sia intelligente. È per questo motivo che è qui. Le mie aspettative sono alte, penso che possa giovare molto al club”.

Sei il terzo giocatore armeno per presenze in nazionale, probabilmente il più importante. Quanto sei orgoglioso di questo fatto?

“A essere sincero non guardo troppo al numero di presenze, a quanto gioco, a quello che ho fatto. La cosa più importante è quale può essere il tuo contributo alla tua nazionale. Cerco di fare del mio meglio, in gran parte delle partite ho giocato fuori ruolo, ma gioco sempre con piacere, sono sempre fiero di indossare la maglia del mio paese”.

Per gli italiani risulta difficile pronunciare il tuo nome. Potresti dirlo tu, così lo diranno in maniera corretta in futuro?

“Tutti tutti mi chiamano “Miki”, mi chiamano così dappertutto, rende le cose più facili, potranno chiamarmi semplicemente “Miki”.

Perfetto. Hai giocato in molti paesi europei, ma è interessante il fatto che tu abbia deciso di sposarti in Italia. Come mai?

“Stavamo vagliando diversi luoghi in cui sposarci. Alla fine abbiamo deciso di sposarci in una delle città più romantiche del mondo. C’è una chiesa armena nell’isola di San Lazzaro, a Venezia. Abbiamo deciso quindi di fare in modo che la cerimonia avvenisse lì e di sposarci a Venezia”.

A molta gente è piaciuto moltissimo il fatto che tu abbia chiamato Al Bano a cantare per te, al tuo matrimonio.

“È stato un regalo di mio suocero. È stata una sorpresa, non sapevamo neanche che ci sarebbe stato. Tutti sono stati contenti, è stato bello che ci sia stato anche lui”.

Ultima domanda. C’è un messaggio particolare che vuoi mandare ai tifosi?

“Non ho ancora conosciuto i miei compagni, ma sono sicuro che sono molto ambiziosi e sono certo che daranno il massimo. Però non possiamo dare il massimo senza i nostri tifosi. Quindi restiamo uniti per fare qualcosa di importante quest’anno”.